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Voto in Kosovo, mafiosi e nazionalisti sotto la protezione Ue

(11 Dicembre 2010)

Albin-Kurti

Albin-Kurti

Il Kosovo, lo Stato autoproclamato circa tre anni or sono e sostenuto dall’Unione Europea, va domani alle urne con undici mesi di anticipo. Si tratta di una mossa a sorpresa attuata dal chiacchieratissimo premier Thaci che col suo Partito democratico (Pdk) punta a trarre vantaggio dalla consultazione politica per ricevere nuova investitura dai concittadini e protezioni internazionali per i suoi tutt’altro che celati affari. Ma l’ex leader delle milizie dell’Uck potrebbe aver fatto male i calcoli perché in queste elezioni è presente più di un candidato che potrebbe sbarragli la strada. A cominciare dal sindaco di Pristina Isa Mustafa, che guida dell’Ldk dopo l’uscita di scena di Fatmir Sejdiu la cui carica nella Lega è stata giudicata incompatibile col ruolo di Capo dello Stato. Mustafa era vicino al leader storico Rugova e questo gli conferisce un alone di riconoscimento fra la comunità albanese che tanto si è battuta per l’indipendenza. Ci sono poi due pesanti outsider che mettono sul piatto della bilancia rispettivamente denaro e ideologia. Il primo è il capo dell’Alleanza per un nuovo Kosovo (Akr) “l’elvetico” Begjet Pacolli, miliardario con un patrimonio valutato in 440 milioni di euro. Lui contesta la corruzione dell’attuale leadership ma la sua forza economica è sospettata d’essere cresciuta ripulendo nelle banche della Svizzera dove trascorre gran parte del suo tempo, i dollari delle mafie della terra d’origine. L’altro outsider pesante è Albin Kurti, giovane ideologo più volte incarcerato dai serbi. La sua formazione Vetevendosje rivendica un desiderio di azzeramento dell’attuale dirigenza politica rilanciando la scommessa panalbanese, nonostante sia un sogno tramontato per motivi vecchi e nuovi. Anche nei momenti più caldi della secessione regionale che, fra il 1996 e il ’99, portò all’aperto conflitto coi serbi, l’idea di allargare la comunità ai fratelli Shqiptari non venne mai presa in seria considerazione né da Tirana, intimorita dalla zavorra della povertà kosovara, né dai tutor statunitensi.

Inoltre nella fase attuale i governanti di Belgrado sembrano aver attenuato il dolore per il grande smacco subìto con l’indipendenza di quello che il nazionalismo interno considera un pezzo del cuore serbo, e la comunità internazionale cerca d’incentivare un possibile moderatismo con la chimera dell’ingresso nella Ue. Eppure occorre fare i conti coi nazionalismi. Kurti lo rinfocola in casa e in contemporanea lancia gli strali contro la missione Eulex, che a suo dire serve solo alle carriere del personale europeo (poliziotti, magistrati, militari, personale di servizio), occupare il giovane Stato limitandone la vera autodeterminazione e relegandolo in una condizione di tutela con la fornitura al massimo d’infrastrutture. Mentre il territorio, vasto come il nostro Abruzzo, necessiterebbe di reali investimenti produttivi. Sostanziali verità che tralasciano però un particolare: senza il benestare americano e il supporto dell’Ue l’indipendenza del 17 febbraio 2008 non avrebbe mai visto luce. Nel suo politicamente scorretto Kurti se ne infischia di smorzare i toni per cercare soluzioni condivise con la minoranza serba (100 mila abitanti su un milione e otttocentomila albanesi). Per lui il fatto che si possa pensare a una multietnicità del Kosovo sul modello bosniaco e si conceda autonomia all’enclave serba di Mitrovica nord è una bestemmia. Ma la consultazione elettorale, oltre a monitorare le chances del focoso leader che smuove le viscere dei connazionali ed è la novità del panorama interno, mostrerà se la minoranza serba proseguirà sulla via dell’autoseparatismo voluto finora o aprirà uno spiraglio partecipativo per una comune gestione della vita sociale riprendendo a condividere con gli albanesi scuole, uffici, mercati, piazze. Visto che sui tavoli che contano, che decidono l’odierna storia kosovara, è già in programma nel 2011 un’ampia autonomia all’etnia serba. A Dio, Allah e Kurti piacendo.

11 dicembre 2010

Enrico Campofreda

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