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WikiLeaks e i bolscevichi...

(12 Dicembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

La pubblicazione, da parte di WikiLeaks, di documenti diplomatici segreti ha provocato uno sconquasso. Qualcuno, come l’ineffabile ministro degli Esteri italiano, Frattini, ha chiesto la testa di Julian Assange, ispiratore di WikiLeaks.

A onor del vero, le rivelazioni diffuse sono scontate, poiché non c’è nulla di veramente top secret.
WikiLeaks non ha fatto altro che dire a voce alta ciò che, di solito, viene sussurrato in circoli frequentati da pochi intimi. Per lo più, sono fastidiose indiscrezioni, che diventano di dominio pubblico solo in occasione di beghe, più o meno astiose, tra politicanti, in cui, l’arma dello scandalo è un immancabile ingrediente. Abitualmente, però, i panni sporchi vengono lavati in famiglia.

Si capisce allora l’irritazione e la protervia che ha pervaso i politicanti, con poche eccezioni, da Obama in giù.

Non sappiamo, e non ci interessa sapere, chi ci sia dietro a WikiLeaks. Assange potrebbe anche giocare da solo.

Comunque sia, Assange ha rotto una congiura del silenzio, che si protrae da oltre 90 anni.

Da quando, nel novembre 1917, il governo bolscevico, appena giunto al potere in Russia, pubblicò tutti i trattati segreti, stipulati dal 1914 al 1917, con cui la Russia e i suoi alleati (Inghilterra, Francia, Italia) avevano concordato la divisione del bottino delle future vittorie militari. Si trattava soprattutto di corrispondenza diplomatica e telegrammi cifrati, scambiati tra i governi. Il primo e il più sensazionale degli accordi pubblicati fu lo scambio di telegrammi anglo-franco-russo del marzo 1915, in base al quale, la Russia otteneva la promessa di avere Costantinopoli, la Gran Bretagna di avere la zona già neutrale in Persia e la Francia quella di avere l’appoggio russo alle sue richieste territoriali nell’Europa occidentale. Erano tutte sopraffazioni a danni di altri popoli, che venivano ben nascoste, dietro a un paravento dei nobili ideali, mentre una guerra mostruosa massacrava milioni di proletari sui fronti, e gettava le loro famiglie nella miseria e nella fame.

La pubblicazione di quei documenti suscitò uno sconquasso ben più profondo di quello attuale.

Ma suscitò anche ampi consensi, grazie ai movimenti socialisti, democratici e pacifisti.

L’Internazionale socialista, al congresso di Copenaghen (1910), aveva lanciato una campagna contro la diplomazia segreta.

In Gran Bretagna, durante la guerra, un influente gruppo radicale e pacifista (Unione di Controllo Democratico) chiedeva l’abolizione della diplomazia segreta e il controllo popolare della politica estera.

Negli Stati Uniti, la Costituzione (art. II, sezione 2), nonostante la sua costantemente elusione, preclude l’accettazione di qualsiasi impegno internazionale, che non sia pubblicamente ratificato dal Senato. E, a questo principio di controllo popolare, cercò, allora, di attenersi il presidente Wilson nelle sue iniziative diplomatiche, anche per non essere da meno dei sovietici.

Ma ben presto, gli interessi della classi dominanti ebbero il sopravvento sulle buone intenzioni.

In tutti i Paesi in guerra, molti socialisti avevano responsabilità di governo, dirette o indirette. E si inchinarono alla ragion di Stato. La Russia sovietica poteva contare solo sulla parte più radicale del movimento operaio internazionale, di orientamento prevalentemente comunista e anarchico. Fu una lotta disperata. Alla fine, anche l’URSS dovette cedere, sotto la spinta dei vecchi interessi borghesi e nazionalisti, che riconquistarono il terreno, momentaneamente perduto.

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti della diplomazia. E sempre più fitta è diventata la coltre di nobili dichiarazioni, di sorrisi e di strette di mano, grazie alla quale, la diplomazia borghese maschera i suoi scopi reali: il dominio, la sopraffazione e lo sfruttamento dei proletari.

Oggi, di fronte a una crisi, che denuncia la fragilità del sistema capitalistico, tutte le strutture che lo sorreggono, a partire dallo Stato, danno segni di cedimento. WikiLeaks ci offre una prima panoramica, assai intrigante, mostrandoci gente che non sa che pesci pigliare, si arrabatta e straparla. Eche sarebbe ora di mandare a scopare il mare.

9 dicembre 2010

Dino Erba

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