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Iraq occupato

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(30 Marzo 2008) Enzo Apicella

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La riproposta di un incubo

Sui Militari Italiani Caduti in Iraq

(22 Novembre 2003)

Camminavo nella notte in Piazza Congreso a Buenos Aires, dopo una delle tante manifestazioni contro l’inizio della guerra in Iraq. Non mi sentivo particolarmente felice, ma ero vivo e pieno di rabbia per ciò che stava accadendo in quella fine di Marzo. La piazza era buia e affollata, pero percepivo che da quel insieme di persone arrivavano le mie rabbie, i miei amori, le mie malinconie, sentivo che loro tutti assieme erano la mia storia.

All’improvviso mi sento fermare con delicatezza da un uomo che mi chiede con garbo qualche monetina per prendere l’autobus. Lo guardo e vedo una persona alta e trasandata, vestita con i resti di ciò che era stato un’uniforme militare. Gli mancava la gamba destra e nel suo petto un adesivo che diceva: “Las Malvinas son Argentinas” e un simbolo della Pace. Guardo ancora, e vedo uno dei tanti reduci della guerra contro gli inglesi. Gli chiedo dove era stato arruolato, lui risponde nella Fanteria di Marina, destinato alla difesa di Puerto Argentino, quasi come un riflesso gli dico che anch’io ero in Marina, che ho fatto la leva nell’Aeronautica Navale però con la fortuna di essere stato incorporato dopo la caduta della capitale delle Isole, quindi alla fine del conflitto. Fortuna che lui non ha avuto.

Il suo sguardo si perde per un momento, nel quale lancia strascichi, brandelli, dolori e frustrazioni della sua vita, di fronte ad uno sconosciuto della sua stessa età, quella classe 62 che lasciò il suo sangue in quelle terre. Si ferma, e mi guarda con occhi che non dimenticherò, mentre gli do dei soldi, lui si porta il pugno chiuso al petto e mi saluta, con estrema dignità.

Le commemorazioni di questi giorni per i militari italiani caduti in Iraq, lutti nazionali, funerali di stato, e tutta la campagna d’informazione lanciata nei media, risveglia in noi, l’incubo mai assopito di quel lontano Aprile 82, durante la guerra contro gli inglesi e l’ultimo anno della dittatura militare.

La strumentalizzazione dei caduti in battaglia da parte del governo di Berlusconi, la retorica guerrafondaia amplificata dai servi al servizio del potere di turno, punta in modo esplicito a giustificare l’occupazione dell’Iraq e l’invio di più truppe, cercando di guadagnarsi sul piano internazionale una posizione migliore per la spartizione delle ricchezze di quel paese. Giocando con i sentimenti degli italiani, a volte sinceri, e soprattutto con il sangue versato nel campo da soldati, che in molti casi non sanno quali sono le ragioni reali del loro sacrificio, di fronte ad un popolo, quello irakeno, che ha il diritto all’autodeterminazione. Per questo è lecito chiedere l’immediato ritiro dei militari.

Ci risulta naturale sentire cordoglio per i caduti italiani e le loro famiglie, così come ci indegna nelle fibre più profonde i milioni di morti irakeni durante le guerre e l’embargo imposto dagli Stati Uniti.

Nei primi giorni dell’Aprile 1982, grandi manifestazioni attraversarono l’Argentina. I generali, responsabili della uccisione di 30.000 Desaparecidos, glorificarono i primi soldati caduti nelle isole, i cappellani militari e i vescovi benedirono tutto quanto, anche le armi. Giustificarono così una guerra assurda, anche se le isole appartengono al nostro paese. Però molti argentini non riuscirono in quel momento a vedere, accecati dalla retorica falsamente patriottica, che il nostro primo oppressore era il nostro governo, la dittatura militare.

Non sto dicendo che Berlusconi è la stessa cosa del Generale Galtieri, le due situazioni sono radicalmente diverse, questo è ovvio, nonostante la nostra repulsione per il governo del Polo delle Liberta. Pero sì, che c’è in atto una strumentalizzazione spaventosa, che ha già degli antecedenti tragici nella storia, che rende diverso a seconda degli interessi e degli obiettivi del potere, il sangue versato dallo stesso popolo. Un esempio barbarico di questo sono i caduti sul lavoro. Più di mille lavoratori versano il proprio sangue nella produzione, ogni anno, come i morti nelle acciaierie Friulane. Quali funerali di stato?, quali lutti nazionali o collette per i familiari? su questo un silenzio assordante, sono morti da nascondere.

Ipocrisia e strumentalizzazione, il sangue, secondo il potere non è tutto uguale. Anche questo purtroppo è ovvio.

Oggi, quei ragazzi della classe 62 vengono nascosti, perché i loro occhi portano brutti ricordi, incubi non lontani. Un baule da chiudere a tutti i costi, nella soffitta della storia.

Lo guardo allontanarsi con la sua stampella e vedo ancora la società non solo quella argentina, che si riflette in uno specchio rotto.

Fabio A. Beuzer
Ass. Argentina Vientos del Sur

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