">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Stato e istituzioni    (Visualizza la Mappa del sito )

Fini a Mirabello

Mirabello

(6 Settembre 2010) Enzo Apicella

Tutte le vignette di Enzo Apicella

PRIMA PAGINA

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Stato e istituzioni)

Senile demenza parlamentare

(14 Dicembre 2010)

Il “mondo politico” italiano sembra in perenne fibrillazione, quotidianamente ne accadono di nuove, scandali, partiti si spezzano, partiti si fondano, partiti si fondono: insomma sembra tutto in cambiamento. In realtà non cambia mai niente.

Da tempo siamo abituati a vedere le performances berlusconiane riempire le poche pagine dei giornali non occupate dalla pubblicità e dotti politologi nei programmi televisivi non parlano d’altro: i festini con minorenni e maggiorenni si alternano piacevolmente ai conflitti di interesse, agli intrallazzi finanziari, alle vecchie e le nuove pendenze con la giustizia, ecc. ecc. ecc. E il Cavaliere abbonda nel fornire materiale a coloro che invocano la questione morale e ne chiedono a gran voce le dimissioni.

Tanto che il termine “berlusconismo” è entrato a far parte del gergo della politica per indicare un approccio in rottura rispetto al passato, in bene o in male, un nuovo modo di concepire il potere di governo e rapportarsi con la realtà sociale. Questa sciocchezza viene presa tanto sul serio che uno storico illustre come Paul Ginsborg invita i colleghi a studiare l’insieme dei cambiamenti, economici, culturali, sociali determinatisi nell’ “era del berlusconismo”.

Berlusconi sarebbe una anomalia rispetto alla evoluzione sociale che, dal secondo dopoguerra, si sarebbe svolta per circa 50 anni in maniera normale e senza traumi? Eh, no, cari signori, Berlusconi non è che il risultato del regime demo-partitocratico post-fascista. Lo dimostra il fatto che da quel popolo italiano, educato a base di valori demo-resistenziali, è stato eletto e ripetutamente rieletto, nel pieno rispetto di tutte le libertà borghesi. L’accusa che il PD rivolge a Berlusconi, di allontanare la popolazione dalla politica (per loro “politica” significa partecipare alle farse elettorali) si ritorce contro chi la muove perché l’astensionismo (oggi non certamente “rivoluzionario”) è alimentato prevalentemente dagli ex elettori, illusi/delusi, del PCI e della DC.

Ormai, però, il “berlusconismo” sembrerebbe giunto al capolinea, e già si straparla del suo “post”. Dicono che la borghesia ha bisogno di un governo dalla faccia seria, sostanzialmente per procedere ad ulteriori attacchi contro i lavoratori.

Ammesso che sia vero, anche questa crisi – come tutte le crisi di regime avvenute in Italia, si pensi al 25 luglio 1943, ma anche per la DC è successo lo stesso – si sarebbe sviluppata dall’interno del personale di governo, perché le “opposizioni” si sono sempre dimostrate così vili ed impotenti da mettere fuori la testa solo a “crimine consumato”. Se il governo Berlusconi dovesse cadere ciò dipenderebbe dagli attacchi provenienti non da una opposizione di fatto inesistente, ma dall’interno della sua stessa maggioranza e, ad essere più precisi, dall’interno del suo stesso partito.

Allo stesso tempo, se tutti chiedono le dimissioni del Berlusca, si augurano che la caduta del governo avvenga dolce e senza traumi. Fini chiede le dimissioni, ma solo per allargare la maggioranza cooptandovi l’UDC. La sinistra non chiede di prenderne il posto con un governo suo, ma “tecnico”, “di transizione”, che avrebbe il compito, dice, di varare una nuova legge elettorale, e poi rituffarsi tutti nel balletto elettorale e in una “equa” spartizione delle mazzette.

In realtà quelle sulla legge elettorale sono soltanto chiacchiere. Chi è, fra le diverse bande di politicanti, ad ottenere gli incarichi di governo è stabilito non dallo spoglio delle schede ma dalle scelte del grande capitale industriale e finanziario. Non è forte chi vince le elezioni, ma vince le elezioni chi è più forte, chi è meglio finanziato per la propaganda ed è appoggiato dai grandi giornali e televisioni, a loro volta espressione del rapporto di forza di lobby, logge, imbrogli e malaffare. Infatti non fu il “porcellum” (questa è la denominazione data alla legge Calderoni, da lui stesso definita “una porcata”) ad impedire a Prodi di vincere le elezioni del 2006. Per contro Prodi, che in campagna elettorale aveva promesso che la prima iniziativa del suo governo sarebbe stata cambiare la legge elettorale, arrivato a Palazzo Chigi per i due anni e mezzo in cui vi rimase se ne dimenticò completamente.

Dall’affermazione in Italia del modello fascista di governo borghese, or sono quasi novanta anni, e peggio ancora dopo la sua caduta resistenzial-democratica, non possiamo parlare più di “partiti” in senso vero, ma di bande di mestieranti del politicantismo che si offrono alla borghesia senza idee e senza alcun programma. Il programma è per tutti quello, contingente, del capitale. La crisi economica è, oggi, anche crisi di queste agenzie di carrieristi. Tanto che nemmeno “a sinistra”, nel PD e nella costellazione dei partitini che l’attorniano, si è in grado di esprimere un minimo di coesione per riuscire a formulare un programma di governo. Lo stesso PD, che dovrebbe rappresentare il nucleo centrale della nuova coalizione, è solo un contenitore di correnti e frazioni che si combattono fra di loro; oltre i “dalemiani”, i “veltroniani”, i “bersaniani”, ora ci sono i “rottamatori”. E c’è chi prende e se ne va, facendosi un suo partitino privato...

Gli schermi televisivi, come con la magia dello stregone, stanno facendo sorgere dal niente – oplà – un... Vendola, nuovo “capo carismatico”, “diverso”, forse, finalmente, in grado di raccogliere le membra sparse della sinistra in una “nuova compagine politica”. In questo partito ce n’é per tutti: “Sinistra Ecologia e Libertà”. Vendola nel suo bello stile saltella qua e là in cerca di alleati, consensi e rimedi per riformare l’Italia e gli italiani. Ma, siccome questi rimedi gli mancano, si volge all’ascetismo, va “incontro a Cristo”, e si dichiara “innamorato di quel povero Cristo che finisce in croce”. In nome dell’umanità e del cristianesimo, vuol riportare gli uomini alla pace; conciliare il ricco col povero; gli operai coi padroni. La lotta di classe nemmeno se la sogna, tutt’al più è quella del padrone cattivo contro l’operaio buono. Ma anche in questo caso il compagno Vendola predica la pace e la non violenza. Agli operai che tutti i giorni gemono sotto il torchio dello sfruttamento capitalistico e che sembra tanto avere a cuore, non dirà mai che è il più forte che si crea il diritto, che gli attacchi della borghesia vanno ripagati con egual moneta. Anche nel convegno di Firenze Vendola ha fatto una bella predica di Pasqua. Con strizzatine d’occhio a Pannella ed al Vaticano, a Casini e Beppe Grillo, a Di Pietro ed ai socialisti è anche possibile che Vendola riesca a vincere le “primarie” del centro sinistra, è possibile pure che riesca a varcare la soglia di Palazzo Chigi.

Quello che certamente non è possibile è che muti le sorti della classe operaia. I duri fatti quotidiani lo sbugiardano dimostrando che tutto ciò che accade è pura competizione di classi e gli appelli alla concordia civile nascondono la menzogna di chi è oggi più forte. C’è un solo modo di rispondere agli attacchi borghesi: la mobilitazione e l’azione di classe.

D’altra parte un Berlusconi a simbolo e capo dello Stato borghese la sua funzione l’ha svolta benissimo, e non si vede perché la borghesia non dovrebbe lasciarlo ancora lì: finché il gioco regge, fa molto comodo una maschera effimera e grottesca, che suscita facili e impotenti emozioni, a nascondere la spietata realtà della macchina statale del capitale. Agli oppressi, proletari sfruttati e piccolo borghesi in rovina, si ostentano le prodezze del “capo” e se ne riferiscono le quotidiane scemenze perché alla maschera diano la colpa di tutto, e non a quello che ci sta dietro, il dominio della classe borghese. Se il Cavaliere si interessa solo di donnine, così dicono, ciò non impedisce che nello stesso tempo lo Stato borghese, perfettamente efficiente, implacabile e inflessibile continui ad approvare ed applicare una dopo l’altra leggi micidiali contro la classe operaia e nel pieno e democratico consenso di tutti i partiti.

Per contro, quando lo Stato avrà necessità di liberarsi di Berlusconi, se ne avrà la necessità, non andrà per il sottile e non si fermerà di fronte alla conta dei voti e delle teste. Per lo Stato i voti non contano niente. E neppure le teste.

Il governo e il suo personale politico sono l’espressione e lo specchio della borghesia di un dato paese. Se la borghesia in Italia si fa rappresentare da un Berlusconi e da un Bossi, noi non possiamo che rallegrarcene: significa che la parabola discendente della classe dominante è arrivata alla sua naturale conclusione. Non chiederà un “governo tecnico”, ugualmente borghese, il proletariato, ma solo attende il suo risveglio per poter dare la spallata definitiva a tutte queste marcescenti strutture. È questo che maggiormente preoccupa la componente “sinistra” della borghesia italiana.

Da parte nostra noi non cadiamo nel trabocchetto del “Governo della Legalità”. Sarebbe una ulteriore frode far credere al proletariato che con la formazione di un governo diverso, che garantisca il rispetto della legge costituzionale borghese, il “belusconismo” verrebbe sepolto. Esso continuerebbe a vivere sotto altra forma perché niente di meno triviale può ormai esprimere la classe borghese. Governo della legalità o berlusconismo sono per il proletariato uguali negli effetti: rappresentano, entrambi!, il massimo della fregatura. Anche mantenendo gli istituti parlamentari ed esecutivi democratici tutto il potere dello Stato resta nelle mani della borghesia; una maggioranza parlamentare od un Ministero di “sinistra” non potranno mai imprimere alla macchina esecutiva un moto e una funzione diversa da quelli che sono nella sua natura, e tanto meno abbatterla.

Lo Stato borghese non è affatto mortificato dallo “stupro di democrazia” – secondo la definizione dipietrista. Noi non siamo dunque né per un governo della illegalità, né per quello della legalità, né per quello di destra, né per quello di sinistra. Queste sono distinzioni puramente “parlamentari”. La forza dello Stato borghese, non dipende dalle manovre di corridoio degli onorevoli.

Il solo governo che noi auspichiamo è quello, forte, della rivoluzione: la dittatura del proletariato.

Partito Comunista Internazionale

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie del dossier «Il quarto governo Berlusconi»

Ultime notizie dell'autore «Partito Comunista Internazionale»

4023