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Ripartire dalla classe lasciata a se stessa

Riflessione su una necessaria ricomposizione sociale

(17 Dicembre 2010)

Elaborazione per la creazione di un soggetto politico capace di rappresentare la classe lasciata a se stessa

Essendo divenuta del tutto normale la situazione eccezionale non possiamo far altro che rendere eccezionale la normalità. Un fatto incontrovertibile è la funzione che riviste la disoccupazione per il contenimento dei salari e lo smantellamento dei diritti dei lavoratori.

Se c’è una possibilità concreta di costruire una forza politica in grado di porsi veramente dalla parte dei lavoratori, è quella di costruire un ponte tra la classe per sé (sempre meno numerosa) e la classe lasciata a se stessa (sempre più numerosa e non rappresentata, quindi ininfluente).
La classe per sé è quella più organizzata e rappresentata, ma è quella maggiormente ricattabile per via del bacino di riserva rappresentato dalla classe lasciata a se stessa (disoccupati, precari, lavoratori nelle cooperative, forme di lavoro in nero, ecc.).

Il progetto di ristrutturazione sociale che si è oramai completato, ma non assestato, portato avanti dalla sinistra e dalla destra in nome della crisi economica, ha reso la classe per sé un soggetto funzionale allo scopo, e allo stesso tempo un pollo sempre più spennato. Grazie al supporto dei sindacati amici, hanno fatto passare il principio della competitività (principio che vede nella riduzione del costo della manodopera la realizzazione dell’annientamento dei diritti dei lavoratori).

La classe per sé ha accettato il ricatto per non cadere nella classe lasciata a se stessa, classe che nel frattempo ha dovuto accettare il duro passaggio attraverso le forche caudine della legge di mercato, diventando carne da macello. Questo passaggio ha modificato completamente la sua percezione politica per quella che una volta era la sua parte politica: la sinistra in generale e il partito che si richiamava al comunismo.

L’errore commesso in tutti questi anni dai partiti che si richiamavano al comunismo è stato quello di correre in soccorso della classe per sé organizzata, non comprendendo che questa classe era del tutto refrattaria a votare per una forza comunista, e che da tempo aveva accettato l’idea di farsi “proteggere” sul lavoro dai sindacati di regime, oltre che votare per la sinistra neoliberista e per la Lega al nord.

Perché i partiti comunisti in generale hanno commesso questo errore? Per un fatto molto semplice e complesso allo stesso tempo. Facile, perché andare dietro ad un gruppo organizzato e di “sinistra” che si richiama ai “lavoratori” non richiede nessuno sforzo particolare e molta visibilità mediatica.
Complesso, perché indica l’incapacità politica nel leggere il mondo del lavoro alla luce del nuovo riassetto sociale.

La classe lasciata a se stessa, essendo una classe non organizzata, i partiti comunisti non hanno saputo rappresentarla. Non sono riusciti ad agganciarsi a tutti quei lavoratori senza un vero lavoro, gettati nelle mani delle agenzie per il lavoro, gestite da sindacati e politici e divenute delle vere e proprie imprese con fatturati da capogiro.

La complessità dell’errore risiede soprattutto nel non aver saputo prendere le distanze da una forza politica che si dichiarava di sinistra, ma che di fatto era di destra. Nel non aver saputo organizzare essa stessa delle manifestazioni che certificassero l’esistenza di una classe lasciata a se stessa, invece di consegnarla all’anonimato e alla macelleria sociale, oltre che al populismo della destra.

Perché la classe lasciata a se stessa dovrebbe votare per una forza che si richiama al comunismo, oppure correre tutti i giorni appresso a manifestazioni che non la rappresentano? Perché dovrebbe correre dietro a un partito che si richiama al comunismo e non è capace di individuare i luoghi dove le forze di sinistra e di destra l’hanno confinata?

Alla classe lasciata a se stessa, a differenza della classe per sé, non gli basta buttare giù dal trono Berlusconi, ma vuole una forza politica in grado di fornirgli piena legittimità e diritto all’esistenza per non essere più considerata la ruota di scorta dei sindacati di regime, della sinistra, della destra e dei comunisti declinati in diversi modi, e tutti in cerca di una rappresentanza parlamentare, oltre che i cagnolini della sinistra.

E’ del tutto evidente l’esistenza, oltre di un vero e proprio governo istituzionalizzato delle disuguaglianze economiche e sociali, anche di quelle territoriali, come fosse una giungla retributiva con tanto di proliferazione di enti ed apparati per gruppi di interessi particolari, uso del potere di comando sui flussi finanziari al fine di mantenere e allargare la stratificazione sociale (annientando il concetto di classe dei lavoratori e trasformandolo in concetto di classe per sé).

Nel momento in cui la sinistra ha accettato lo smantellamento dello stato sociale in nome delle riforme, mostrando il suo vero volto politico nel lontano 1993, i partiti comunisti avrebbero dovuto già allora prendere le distanze politicamente da quei partiti (sindacati, manifestazioni, organizzazioni, associazioni).

movimento attuazionista

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