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(15 Novembre 2010) Enzo Apicella
Continua la protesta degli immigrati bresciani sulla gru contro la sanatoria truffa

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(L'unico straniero è il capitalismo)

Una piazza, tante storie.

Due voci dalla manifestazione degli immigrati svoltasi a Roma il 18 dicembre.

(24 Dicembre 2010)

La manifestazione che il Comitato Immigrati ha svolto a Roma il 18 dicembre, a dispetto di una partecipazione meno alta che in altre occasioni, ha avuto un indiscutibile merito. Quello di dare continuità alla mobilitazione dei mesi scorsi, che ha avuto il suo picco in Lombardia, con l’occupazione della gru di Brescia e della torre di Milano in segno di protesta contro la sanatoria-truffa. Proprio la centralità raggiunta dalle lotte degli immigrati impone il massimo sforzo per conoscere le spinte effettivamente agenti nelle loro manifestazioni. Dunque, non si tratta solo di studiare dati statistici (sulle comunità più presenti, i lavori che svolgono, i territori in cui maggiormente si concentrano ecc.), ma anche di ascoltare le mille e più voci diverse. Il 18 dicembre abbiamo realizzato due brevi interviste a Tiberiu, romeno ed a Luz, peruviana, che possono almeno suggerire l’irriducibile ricchezza e varietà di percorsi individuali e collettivi che si ricompongono nella piazza.

Intervista a Tiberiu

Ci puoi spiegare perché oggi sei in piazza?
Mi chiamo Tiberiu Chiriac, sono un cittadino romeno, che lotta per la difesa della Comunità romena e non solo. Oggi mi trovo in piazza per dire stop al razzismo e ad ogni tipo di criminalità; contro la Mafia, contro il lavoro nero, contro la violenza sulle donne, da chiunque provenga, ricordando la tragedia della Signora Reggiani come quella di Maricica Hahaianu…Oggi in particolare voglio portare un messaggio contro la mafia, anche quella del mio Paese. Tanti parlano di camorra e ‘ndrangheta, pochi della mafia romena, che è molto potente. In Italia ci sono circa due milioni di romeni, e la nostra comunità non si è mai difesa: non perché i romeni sono complici delle organizzazioni criminali, ma perché i servizi segreti romeni sono in combutta con quelli italiani e di altri paesi, cosicché i romeni non riescono a liberasi e difendersi.

Noi abbiamo interpretato la presenza discontinua dei romeni in piazza alle luce dell’illusione creata dall’entrata della Romania in Europa…
Su due milioni di romeni in Italia, appena il 20% è “irregolare”, ma gran parte di loro lavora “in nero”. In realtà, l’ingresso della Romania nella UE non ha cambiato nulla: siamo nella stessa situazione di dieci, quindici anni fa…I miei connazionali non scendono in piazza, il nostro governo non ci difende, non ha nessun interesse a migliorare la nostra situazione, a promuovere il nostro migliore inserimento nella società italiana. Non proprio l’integrazione: quella c’è già… Ma molte associazioni sono, in pratica, realtà mafiose, perciò non abbiamo nessuno che ci difende. Ramona Badescu, ad esempio: non l’abbiamo scelta noi. Nessuno nella Comunità romena la vuole, non ci rappresenta.

La sua nomina come delegata del Sindaco Alemanno per le politiche migratorie (con specifico riferimento alla vostra comunità), è stata una goffa operazione d’immagine del centro-destra…
I romeni di questo paese sono molto incazzati. Né le associazioni, né i rappresentanti dei Partiti politici romeni in Italia ci sono di alcun aiuto. Quindi, prima o poi, i romeni si sveglieranno e cominceranno a lottare e a scendere nelle strade ,così come già fanno Bangladesi, Pakistani, Indiani ed immigrati da tanti altri Paesi.

Tu hai creato un Blog, vero?
Si, ecco l’indirizzo: tiberiuchiriac.wordpress.com.

E da quando esiste, questo Blog ?
Da circa due anni. Sul Blog ho pensato di mettere un paio di giornali e TV, italiane e romene. Alcuni materiali importanti, sono già riuscito ad inserirli..In occasione della Manifestazione del 17 ottobre 2009, ho portato in piazza lo striscione che vedete qui in piazza, quello con la bandiera romena. E’ stato segnalato su tutti i giornali importanti di questo paese. Sono riuscito, quindi, a portare l’immagine della Romania su giornali e TV italiani…Sono stato più volte minacciato di morte dai Servizi segreti romeni. Il mio striscione, io l’ho portato non solo in quell’occasione, ma anche in altre manifestazioni ; recentemente, anche a Brescia…

Tu difendi, quindi, la Comunità romena, ma anche gli immigrati in quanto tali ?
Non ho vergogna di dire che il mio striscione, la bandiera romena, in realtà non la stanno portando i Romeni, ma Bangladesi, Pakistani, Indiani, Filippini. Questo non mi dà fastidio: mi fa male, invece, che sia passiva la comunità romena, la più discriminata in questo paese. Non ho mai visto un romeno in cima a una gru…Questo si che mi dà fastidio, perché i romeni, anche se insoddisfatti, ancora non scendono in piazza, non lottano, non si difendono…Però sono contento che i miei compagni di lotta, immigrati come me, si siano uniti e che iniziamo a sentirci legati l’uno all’ altro.

Intervista a Luz

Puoi riassumerci la tua storia in Italia?
Mi chiamo Luz Camones Lopez, vengo dal Perù e sono in Italia da 18 anni. Ho lasciato il mio Paese in un momento politicamente molto difficile. ( a microfoni spenti, l’Intervistata ricorda la figura funesta del Premier peruviano di allora “El Chino”, al secolo Fujimori, il suo “Autogolpe” e la sospensione della Costituzione, nonché la perdita del suo posto di lavoro: secondo la Legge di allora, un lavoratore licenziato dalla Pubblica Amministrazione non poteva essere ri-assunto…, ndr). Lavoravo presso l’Amministrazione di Giustizia, e in quel momento mi sono sentita costretta a lasciare il mio Paese. Se devo parlare di questo argomento, vi devo dire che mi sento profondamente toccata. Molto. Perché per me è stata veramente dura, continuare qui la mia vita, inserirmi in questo Paese. Mi sono trovata a fare un lavoro cui non ero abituata, un lavoro domestico. Non dico ci sia niente di male, ma vi sono stata obbligata perché l’Italia non mi dava l’opportunità di convalidare i miei titoli di studio. Dovevo andare a lavorare, avevo bisogno di soldi. Avevo lasciato in Perù due figli piccoli, di 5 e 6 anni. Ci siamo potuti riunire solo dopo undici anni. Dopo undici anni i miei figli hanno potuto raggiungermi in Italia. Anche loro, adesso, si sono inseriti: sono contenta per loro, perché sono figli esemplari, e non lo dico da madre…Mio figlio ha finito fa l’ultimo anno delle Superiori, ed ha un ottimo rendimento scolastico. Mia figlia ha finito le scuole e sta pensando di proseguire gli studi all’Università. Quindi, ci siamo inseriti.

Ci puoi descrivere un po’ la vita della Comunità peruviana a Roma ed in Italia ?
La Comunità Peruviana in questo Paese è cresciuta molto di numero; diciotto anni fa, al mio arrivo in Italia, eravamo molto pochi. Siamo riusciti ad inserirci in questo paese , in tutti i sensi, in particolare le donne. La donna lavora, la donna porta avanti la famiglia, porta i figli a scuola, li educa, li forma. Quindi, la donna ha una importanza centrale, a livello mondiale, penso…La donna peruviana soprattutto lavora molto. Non è che rimane in casa e dice: “Ah, no, non ce la faccio”. Non esiste: lavora, invece, e continua a lavorare anche tra le sofferenze, anche malata. Noi non possiamo neanche chiedere un permesso per andare dal medico. Ci dicono: “No. Tu non hai diritto”. Ci fanno sentire come se fossimo degli ignoranti. Noi non siamo ignoranti, conosciamo i nostri diritti, però siamo costretti a sopportare, a subire certe violenze. Perciò la nostra lotta, la nostra presenza nelle piazze è pure per questo motivo.

Quali sono i lavori che fanno le donne della tua comunità in Italia?
Le donne peruviane lavorano come domestiche nell’80% circa dei casi. Il 20% di loro sono riuscite a dare continuità in Italia alla professione svolta precedentemente nel paese di provenienza, magari riuscendo a farsi riconoscere Laurea ed altri titoli di Studio conseguiti in Perù. Ma l’80% delle peruviane in questo Paese svolge mansioni domestiche.

Per concludere: cosa diresti tu oggi ai lavoratori italiani che sono in lotta perché hanno perso il posto di lavoro? Spesso il lavoratore italiano, istigato dai media, pensa all’immigrato non come ad un alleato, ma come a un nemico…
L’unica cosa che posso dire è che dobbiamo essere uniti. Tutti i lavoratori, stranieri e italiani, ed avere un obiettivo : i nostri diritti. Come dice il detto, “l’unione fa la forza”. E solamente insieme possiamo ottenere un miglioramento delle condizioni di vita per tutti.

A cura de Il Pane e le rose – Collettivo redazionale di Roma

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