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L'irak agli irakeni? Meglio ai caschi blu!

Lettera del GLT-Nonviolenza di Lilliput sulla questione irachena

(2 Dicembre 2003)

Premessa redazionale: il titolo volutamente provocatorio è evidentemente farina del nostro sacco. Vale come sintetico commento ai contenuti di questo comunicato che comunque riteniamo, per la gravità delle affermazioni che vi sono riportate, da leggere con estrema attenzione.

Cari Amici,

gravemente preoccupati dall'accelerazione che ha subito il confronto fra le forze della pace e quelle della guerra, soprattutto nel nostro paese, ci rivolgiamo a tutti Voi, per sottoporvi le considerazioni e la proposta che seguono.

1. L'andamento del conflitto in Iraq (e anche la situazione in Afghanistan) stanno confermando le più fosche previsioni. Soprattutto si stanno prefigurando delle situazioni in cui la gestione da parte di poche potenze sarà esposta con ogni probabilità a perdite ulteriori, nonché protagonista e vittima di violenze crescenti : ogni giorno che passa senza che vi sia un mutamento di rotta sostanziale la crisi diventerà sempre più difficile da risolvere con modalità politicamente accettabili.

Vediamo anche governi e partiti invischiati nelle prevedibili e previste conseguenze delle loro decisioni di guerra, a partire dalla crescita del terrorismo. Esso ha ampliato le sue capacità operative, gode di aree di sostegno popolare, opera ormai su uno scacchiere internazionale ed è in grado di infliggere perdite difficili da prevedere e da evitare. La lotta contro un nemico del genere può facilmente vedere giustificata anche in ampi strati popolari e nell'immaginazione comune il ricorso a misure estreme, a ritorsioni, massacri, soppressioni di diritti umani. Occorre, oggi più che mai interrompere questa spirale con mezzi che escludano il ricorso alla violenza degli Stati.

2. La situazione, sotto la minaccia di questo terrorismo internazionale, e nel clima da esso alimentato, si è negli ultimi giorni talmente deteriorata che risulta addirittura inutile insistere per un ritiro immediato delle forze armate dell'Italia e degli altri paesi in Afghanistan e in Iraq, perché la richiesta stessa alimenta risposte improntate a valori nazionalistici e al peggior patriottismo.

In queste ore tristi, infatti, segnate dalla morte di tanti giovani, vediamo riemergere e montare disvalori e isterie che speravamo scomparse da quasi un secolo. Un impegno diffuso per interrompere questi arretramenti culturali è ormai urgente e dovrebbe anche indurre a superare le divergenze marginali e a sospendere le contrapposizioni spesso solo verbali tra organismi che condividono alcune ispirazioni di fondo. Le diversità di punti di vista si riveleranno invece feconde di intuizioni e di nuovi modelli non appena saremo in condizione di avviare una "costruzione della pace che non sia per l'ennesima volta solo un intervallo tra due guerre".

3. I valori e le posizioni più largamente condivisi sono ormai evidenti :

* Condanna e rifiuto del terrorismo, e determinazione a isolarne gli attori, a prevenirne le cause, a svuotarne i moventi

* Illegittimità e rifiuto della guerra, considerata ormai uno strumento sorpassato per risolvere difficoltà nei rapporti tra Stati

* Illegittimità e rifiuto delle guerre "preventive", "umanitarie", "inevitabili per lottare contro il terrorismo"

* Illegittimità e rifiuto della guerra contro l'Iraq, sia nella fase iniziale che in quella attuale * Cambiamento nei modelli e nelle logiche degli interventi internazionali volti ad eliminare le cause dei conflitti e maggiore diffusione delle metodologie nonviolente di risoluzione dei conflitti

4. Le organizzazioni che presentano questa iniziativa sono decise a esercitare ogni possibile pressione per perseguire i seguenti obiettivi :

· affinché l'ONU intervenga immediatamente in Iraq, con l'invio di un contingente multinazionale, con funzioni di polizia internazionale, di peacekeeping e di peacebuilding, con compiti ben definiti nei tempi e nei modi, formato e guidato da paesi non attualmente belligeranti e che rappresentino i diversi gruppi di paesi che sono presenti nell'ONU. Il contingente dovrà comprendere sia forze armate, sia forze non armate in misura consistente e in collaborazione non subordinata alle prime

· per un contemporaneo ritiro delle truppe, anche italiane, che attualmente agiscono da forze di guerra e di occupazione e non godono del consenso internazionale di paesi e di popoli che è condizione necessaria per esercitare una funzione realmente di pace e di prevenzione e svuotamento - non solo repressione - del terrorismo

· per l'invio di una Equipe di Mediazione, scelta in sede ONU, formata da esponenti di paesi non belligeranti, capace di avviare un reale processo di ascolto, negoziazione e mediazione diretto ad iniziare e ad accelerare la transizione dell'Iraq verso un processo di autodeterminazione politico-economica, basato sulle scelte delle popolazioni locali.

· per l'invio in forme organizzate di volontari, coordinati con le ONG che già operano in Iraq, che realizzino, autonomamente anche se in collaborazione con il contingente ONU, gli interventi di aiuto, sostegno umanitario, ricostruzione materiale e sociale.

5. Le organizzazioni ribadiscono il loro impegno a proseguire insieme :

In azioni di mobilitazione caratterizzate dall'attenzione, dal rispetto, dal dialogo nei confronti delle opinioni diverse, dalla nonmenzogna, dalla coerenza tra i fini indicati ed i mezzi impiegati, dimostrando (a questo servono le dimostrazioni) che la pace può solo con mezzi pacifici essere conseguita. E per questo che proponiamo di attivare assieme ,azioni dirette nonviolente, dal basso, come iniziative di protesta/proposta, non collaborazione attiva-boicottaggi, disobbedienza civile.

· Verso una economia di giustizia che preveda drastici mutamenti dei peggiori meccanismi economici e sociali, in quanto l'economia di giustizia rappresenta la unica vera via di uscita dalla violenza strutturale sulle popolazioni, reali causa non remote delle guerre e dei terrorismi

· Verso il disarmo internazionale, il superamento del commercio e della produzione di armamenti, la riconversione dell'industria bellica

· Verso un profondo rispetto della natura, attribuendo priorità all'ambiente rispetto ad uno "sviluppo" basato solo sulla crescita illimitata, e un progressivo rifiuto del modello neoliberista

6. Gli organismi citati in indirizzo nella sola Italia sono centinaia e tutti conosciamo le reali dimensioni del movimento internazionale contro la guerra, non da oggi presente anche negli USA, in Israele e in altri paesi tormentati da conflitti.

Riteniamo sia necessario un salto di qualità nella nostra opposizione, che senza voler far scomparire differenze e distinzioni, permetta una mobilitazione che non possa essere facilmente cancellata da contromisure informative o da ragionamenti capziosi. Una mobilitazione che duri finché gli attuali focolai di guerra non siano messi al margine delle politiche internazionali e si avvii la elaborazione di misure alternative, dirette alla costruzione di una pace non formale.

Vi ringraziamo per l'attenzione che vorrete dedicare a queste nostre considerazioni e proposte, e aspettiamo al più presto una vostra risposta, che ci auguriamo positiva, e la vostra disponibilità per un incontro di tutte le forze per la pace e contro la guerra per definire e verificare assieme un nuovo percorso di pace.

Roma, 27 novembre 2003

Il Gruppo di Lavoro Tematico (GLT) Nonviolenza e conflitti della Rete Lilliput

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