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Cooperative sociali: da una battaglia vinta...

(10 Dicembre 2003)

A distanza di un mese e mezzo si è chiusa, in modo positivo, una storia ormai diventata emblematica per tutti i lavoratori delle cooperative sociali: quella del licenziamento di Luciano.

Giovedì 4 dicembre, infatti, presso l’Osservatorio del lavoro del Comune di Roma, si è stipulato un accordo tra le parti che ha sancito definitivamente la riassunzione dell’operatore licenziato, come è noto, per via telefonica.
Invero, tale passaggio va a coronare quanto già stabilito in seguito ad una assemblea dei soci della cooperativa “Obiettivo 2000”.
Un’assemblea, svoltasi il 16 novembre, che ha mostrato una ferma determinazione nell’imporre al Consiglio d’amministrazione il reintegro di Luciano.

Ora, proprio questo momento può essere considerato come uno degli eventi cruciali all’interno di un’agitazione durata alcune settimane e sostenuta in modo particolare dal Coordinamento cittadino operatori/rici sociali, dal sindacato USI/AIT, e da Corrispondenze Metropolitane.
Quella che si è portata avanti è stata una piccola ma incisiva campagna.
Essa, con una rapidità sorprendente, è sfociata nella costituzione di una autentica rete di solidarietà nei confronti dell’operatore licenziato.
Tale rete si è prodotta in una continua pressione sulla cooperativa (telefonate, fax, raccolta di firme), portata avanti a livello nazionale e con il contributo decisivo dei coordinamenti degli operatori di diverse città (Trento, Genova, Napoli).

Tutto ciò si è intrecciato con una mirata azione sindacale, tale da coniugare passaggi di mobilitazione e momenti di trattativa con le istituzioni.
La complessiva gestione politico/sindacale di cui si sta dicendo ha portato ad un risultato inaspettato.
Non era mai accaduto, infatti, nella storia della cooperativa Obiettivo 2000, che un operatore licenziato riottenesse il lavoro.

Ciò spinge ad una riflessione, che si potrebbe articolare su almeno due piani.
In primo luogo, va considerato che la campagna per il reintegro di Luciano nel suo posto di lavoro è stata condotta sulla base di un meccanismo che, già sperimentato altre volte, può ormai darsi per consolidato.
In secondo luogo, non è una forzatura –tenuto presente il vissuto degli operatori nelle cooperative sociali- definire il risultato conseguito con questa campagna specifica, un risultato dalla portata generale.

Non si può non considerare, infatti, che quella di perdere il posto, rappresenta –per i lavoratori dei servizi ma non solo- una delle paure più grandi, tale da impedire loro di sostenere una battaglia a viso aperto per ottenere maggiori diritti.
Una situazione, questa, certamente determinata dalla facilità con cui oggi si licenziano i proletari, specie se privi di alcune garanzie di base (si pensi all’articolo 18).

Ora, in virtù di questo contesto il segnale che si è lanciato nel caso in questione assume una rilevanza notevole.
E diventa una conferma del fatto che l’autorganizzazione nei posti di lavoro può vincere, anche perché solo sulla base di essa si realizzano le condizioni che danno al singolo lavoratore la possibilità di superare l’isolamento e di collegarsi con tutti coloro che vivono la sua stessa condizione, così da potersi opporre con forza agli affondi della controparte.

Non è dunque un miraggio pensare di poter combattere contro la nuova ondata di precarietà che sta accompagnando la messa in atto della legge 30.
Un’ondata, peraltro, che sta dispiegando alcuni dei suoi effetti più nocivi proprio in quelle cooperative sociali i cui lavoratori possono vantare il più infelice dei primati.
Quello di aver assaggiato in anticipo sugli altri praticamente tutte le forme che ha assunto nel tempo il parasubordinato: Partita IVA, Ritenuta d’acconto, Collaborazione Coordinata e continuativa…per non dire della evoluzione di quest’ultima, il magnificato “ contratto a progetto”.

In sostanza, si può considerare il campo della cooperazione sociale come un gigantesco laboratorio, dove vengono sperimentate forme di sfruttamento sempre più selvaggio, al di fuori di qualsiasi garanzia.
Il tutto, poi, nel segno di una precisa giustificazione ideologica: le cooperative sociali, proprio per i campi di intervento che le interessano, non dovrebbero essere considerate in quanto imprese come le altre e, di conseguenza, chi vi presta servizio non dovrebbe percepirsi in quanto lavoratore.
Quale smaccata logica capitalistica si nasconda dietro queste mistificazioni, risulta sempre più chiaro a tutti.

Però, nel concreto, ancora non si è riusciti a far venir meno, nel grosso dei casi, quella percezione per cui il giudizio del Cda sembra a un tempo insindacabile ed invincibile.
Né si è riusciti a far cambiare rotta ad una pubblica amministrazione che, dal canto suo, più che intervenire per frenare la diffusione di lavoro precario e irregolare, cerca di alimentarla.

Tuttavia, i segnali positivi non mancano, e sembra che per i lavoratori del sociale i tempi in cui si subivano passivamente le scelte imposte dall’alto stiano per finire.
Lo dimostrano la battaglia vincente di questo mese e le varie iniziative che si stanno producendo attorno all’approvazione del piano regolatore sociale.
Per non dire dell’attuale lotta degli operatori della “Casa dei diritti sociali”, carica di valenze simboliche.
In questo caso, si protesta contro il continuo ritardo nel pagamento degli stipendi da parte di una cooperativa che si è sempre fregiata – per i servizi che eroga (ai richiedenti asilo, ai senza fissa dimora ed ai minori) e per i suoi rapporti con settori della sinistra alternativa- del titolo di luogo lontano dalle logiche di mercato.
Finalmente tale ipocrisia è stata smascherata: i lavoratori della CDS da giorni ne hanno occupato la sede amministrativa, muovendosi secondo modalità di lotta talmente audaci da far sperare per il futuro, anche immediato.
Sì, perché i mesi prossimi saranno un’ulteriore banco di prova per gli operatori sociali, per questo settore che vive quotidianamente in una delle più avanzate frontiere della precarietà.

Se si avrà la capacità di valorizzare vittorie come quella legata al caso di Luciano e lotte dai metodi e dai contenuti radicali come quella che si svolge nella CDS, i segni di questi giorni si trasformeranno in un’autentica tendenza.
Così, in uno dei laboratori più significativi del “nuovo che avanza”, si contribuirà a creare un argine a quell’attacco forsennato alle condizioni di lavoro e di vita che ormai colpisce tutte/i.

Corrispondenze metropolitane - collettivo di controinformazione e inchiesta

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