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Good morning Egypt

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(12 Febbraio 2011) Enzp Apicella
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(4 Febbraio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in fulviogrimaldi.blogspot.com

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foto: fulviogrimaldi.blogspot.com


Dagli atri muscosi, dai fori cadenti
Dai boschi, dall'arse fucine stridenti,
Dai solchi bagnati di servo sudor,
Un volgo disperso repente si desta;
Intende l'orecchio, solleva la testa
Percosso da novo crescente romor.
(Alessandro Manzoni, Adelchi)

L'unità ideale rivoluzionaria dei popoli arabi (l'Iraq è in lotta antimperialista da anni) è la risposta all'annosa strategia sionista di frantumare la nazione araba lungo linee etnico-religioso-tribali, condizione per il suo dominio e per legittimare l'esistenza del mostro razzista che è lo "Stato degli ebrei". I complotti secessionisti contro Sudan, Libano, Iraq, Algeria, Siria falliranno. Dopo l'America Latina, gli arabi. Rinasce la grande forza che sconfisse i predatori coloniali. Presto o tardi toccherà anche al carcinoma sionista di essere asportato e la tolleranza e cultura pluralista, solidarista e antirazzista di questi popoli farà convivere le diversità. La misura della globalizzazione dei vampiri è colma. La salvezza verrà dal Sud del mondo. Andiamogli appresso.

Ai monaci trappisti del trotzkismo e di tutti i dogmi ciechi o strabicamente interpretati. Le scosse in America Latina e nel mondo arabo - donne, studenti, intellettuali, contadini, operai, professionisti - puntano in prima linea alla sovranità nazionale contro l'abiezione del servaggio, sapendo benissimo che è un'istanza di popolo e il prerequisito per lotta di classe e rovesciamento sociale Non lo sanno i nostri "sinistri" che della sovranità si sono scordati dal 1945. Ricordo dei farlocconi polverosi che, ad Algeri, nella sfilata di tutte le nazioni partecipanti al Congresso Mondiale della Gioventù e degli Studenti, si rifiutarono di portare la bandiera italiana. L'immenso pubblico si chiedeva chi cazzo fossero questi senzapatria e, invece, applaudirono entusiasti la bandiera Usa, innalzata da americani che quella bandiera la volevano sottrarre all'artiglio pervertitore della borghesia capitalista. E i nostri partigiani, non ventilavano forse un paese sovrano, giusto, libero, con il simbolo tricolore da restituire alle sue origini repubblicane e rivoluzionarie?

Porta Pia, assalto al nemico pubblico numero uno dell'Italia e di Garibaldi: lo Stato, la cultura, la menzogna della dittatura cattolica e del suo satrapo.

Italia sì, Italia no, Italia bum, la terra dei cachi
E, a questo proposito, quei microsinistri da soffitta, incartapecoriti nei comunicati, nei "report" (elegante anglicismo) e nelle assemblee per la rifondazione del "glorioso Partito Comunista Italiano" (toccatevi!), tanto ripetitivi quanto inattuali e distanti anni luce da un comunismo vivo, dalle realtà in movimento nel nuovo Zeitgeist, spirito del tempo, mummie autoconsolanti e pipparole, galletti strepitanti, preoccupati solo di singultare tonanti chicchirichì per tenere abbioccati intorno a sé i quattro polli. Fanno rimpiangere per modernità l'Esercito della salvezza, soddisfatti e inutili come gli Amish con i loro carri e gonnelloni. Li avete sentiti pigolare qualcosa sull'operazione disintegratrice e retrograda chiamata "federalismo", o sulla mannaia del federalismo fiscale che si abbatterà sulla ormai largamente maggioritaria parte forzatamente anoressica della popolazione. E se questi tacciono, i loro cugini PD, astuti quanto frolli, tornano a cianciare della Lega, ottuso rigurgito nazista eterodiretto dall'impero, come di una "costola della sinistra" (formula dell'intelligente D'Alema) cui, pur di strapparla al guitto mannaro in decomposizione, si spalanca la sfera anale alla penetrazione di Radezky, travestito da Alberto da Giussano. Ancora, li avete visti allestire una qualche mobilitazione di solidarietà, che so, un picchetto, un presidio, un appello, chiamare a raccolta i migranti fuggiti da quei paesi per significare in Italia e trasmettere al sangue e fuoco delle insurrezioni arabe solidarietà, condivisione, internazionalismo, spazi di rete? La loro dimensione, alla faccia di tutte le revisioni e di tutti i recuperi, resta irrimediabilmente quella togliattiana, menscevica, di quel terzinternazionalismo che, sotto la camicia sfolgorante della solidarietà di partiti e popoli per la rivoluzione socialista mondiale, occultava la pelle di zigrino della sovranità nazionale e dell'autodeterminazione in via di liquidazione. E da lì in poi non ci fu più partita, Yalta l'aveva chiusa, ognuno per sé e il Patto Atlantico ai fottuti. E se insistevi con la rivoluzione - che oggi gli arabi ci ribadiscono unico modo per estrarre le zanne all'orco - da Pecchioli-Berlinguer venivi deferito agli sbirri e ai tribunali speciali di una borghesia inferocita dalle sue angustie. L'autodeterminazione, per questi, è quella roba che portiamo in Kosovo spianando paesi e fabbricando narcostati.

Garibaldi
La storia del rifiuto della nostra prima bandiera repubblicana, che cancellava quelle bianche cattoliche e stemmi e stendardi dei monarchi, fa il paio con l'indifferenza alla sovranità nazionale e, dunque, al servaggio che consente ai delegati dell'Impero di fare di noi carne di porco, un volgo disperso che nome non ha. Chiedere a coloro che sono riusciti a farcela, o che ancora ci stanno provando, prima a liberare il paese e poi la classe, ai cubani, ai russi, ai venezuelani, cinesi, jugoslavi, iracheni, palestinesi, Sud del mondo tutto, quale energia pulita e rinnovabile nel motore della liberazione sia stato e sia la patria, "patria o muerte", la sovranità di una comunità di destino e volontà, quella roba che noi abbiamo ceduto a fascisti, demagoghi e razzisti, che, da colonizzati ontologici, ne sono i pervertitori. Succede che quando da qualche parte si menzioni, di questi tempi celebrativi, Garibaldi, subito si scatenano irrisioni e vituperi. E non solo della ridicola feccia neoborbonica, che nasconde violenze, bigottismi e soprusi sotto le macerie di Bronte o la rivolta dei briganti. La sinistra, pure, a sentire il nome Garibaldi reagisce come una zitella che si scopra tra le organze e crinoline un topo. Non così ancora nel 1948, quando i partiti della sinistra borghese si videro costretti a guadagnare il consenso di un'Italia rigenerata dai partigiani mettendo Garibaldi a capo delle armate popolari. Eppoi hanno in casa il poster del Che. Il quale Che considerò Garibaldi uno dei massimi eroi di ogni tempo. Costoro sono gli stessi che Saddam o Chavez li vorrebbero stritolati nel vestito emme-elle, nelle sue varie fogge, confezionato dal sarto di corte. Abbacinati dal catechismo, non vedono, conoscono, capiscono il contesto. E dunque non lo rispettano e si ritrovano in marcia con le schiere di scarponi che quei paesi calpestano. Li senti blaterare di unità delle classi operaie palestinese e israeliana come conditio sine qua non per realizzare un Medioriente libero e socialista. Ma lasciamo che prima i combattenti palestinesi estirpino da quegli "operai" il cancro sicuritario, egemonista e razzista. Furono gli operai delle manifatture inglesi a correre in soccorso ai contadini indiani? Come? Alla maniera della Morgantini, amica dell'ANP (bella schifezza con la quale si ritrova ora !)?

Dulce et decorum est pro patria mori
Una rivoluzione succede quando un popolo che, ricordiamolo, è nella stragrande maggioranza lavoratore, oppresso e sfruttato, caccia l'oppressore imperiale, tedesco per i partigiani, austroungarico per gli italiani del Risorgimento (meraviglioso scatto patriottico e progressista di avanguardie e seguito di massa), yankee per tanti altri. E quando per quella lotta mette in conto la vita, prima ancora del posto di lavoro e della mensa aziendale. Credete che senza i probabili 500 morti d'Egitto, si sarebbe increspata la coscienza universale, si sarebbe ridotto con le spalle al muro il pitbull al guinzaglio dell'addestratore? Vi illudete che quella Piazza Tahrir del Cairo abbia potuto essere presidiata per giorni contro lo scatenamento degli sgherri di regime senza la disponibilità di quegli eroi di offrire incolumità e vita alla causa di tutti? Vale anche per i famigerati kamikaze, massima espressione simbolica dell'antindividualismo, di coscienza e responsabilità collettiva, di popolo o di classe. Penso proprio che a coltivare la malapianta del pacifismo dialoghista siano da noi le cacate di paura per il proprio culo. Patria o muerte gridavamo con i rivoluzionari cubani. Finchè fosse la muerte loro.

Il "pericolo islamico"
Non fatevi fottere dal "pericolo islamico" che coverebbe tra le fiamme della rivolta popolare. E' un truffa per esorcizzare, mettendogli addosso il burka, una rivoluzione di massa per libertà, dignità, giustizia, sovranità, contro Israele e l'imperialismo. Quello che sta dilagando, invece, è la seconda rivoluzione anticoloniale di una grande nazione da sempre alla ricerca della sua unità e della vittoria sull'invasore sionista. Non fatevi fregare neanche dalla "minaccia antisemita" che verrebbe generata dalla vittoria dei rivoluzionari, visto che sono tutti, anzi il popolo intero, contro il golem israeliano. L'antisemitismo non è conosciuto nel mondo arabo-islamico dove da secoli le comunità, dopo le aggressioni crociate, vivono in armonia. E sarebbe anche un bel paradosso, visto che pochissimi ebrei sono semiti, mentre lo sono tutti gli arabi. Che, tra l'altro, antisemiti non lo sono mai stati. Antisraeliani sì (e, Napolitano, non cirulare nel manico, mescolando sionisticamente religione e deformazione colonialista!).

Al "manifesto" sono rimasti lettori che, recependo tutte le balle su Battisti e su un processo all'ombra della Gestapo dell'Arco Costituzionale, sbavano forcaiolate di indignazione perché quel giornale s'è permesso di pubblicare un'intervista del soggetto, peraltro ambiguo assai, ma che c'entra, senza accompagnarlo dai vituperi di prammatica. O lettori che, in fila dietro a Minzolini e Obama, impongono alla rivoluzione araba la mordacchia del "pane e libertà", negando, o piuttosto scongiurando, "schemi ideologici", o "motivazioni nazionali": "Siamo ben oltre la rivendicazione dell'indipendenza nazionale di natura anticoloniale" scrive un fesso spaventato. E ovviamente è tra gli ultimi moicani che seguono i venerandi maestri del "manifesto". Quelli che offendono le vere rivoluzioni di popolo chiamandole "dei gelsomini".

I disperati dell'Occidente colonialista cercano di vendere "rivoluzioni colorate" tipo Iran, Ucraina, Georgia, Serbia, Libano... cioè Cia, dove esplodono rivoluzioni vere. Cercano di coinvolgere Libia e Siria nell'incendio che divampa nel mondo arabo. Come se l'odiato tiranno Mubaraq, servo di USraele e della UE, fosse uguale ad Assad e Gheddafi, antimperialisti e socialmente infinitamente più giusti dei satrapi, perciò rispettati e amati dal proprio popolo. Trucchi da illusionisti. Illusi. Il Fondo Monetario Internazionale, devastatore di quei paesi, promette aiuti a Egitto, Tunisia e altri paesi in rivolta. Sente che quei popoli gli stanno bruciando gli "aggiustamenti strutturali", quelli che servono a trasferire la ricchezza dai poveri ai ricchi e a schiavizzare il mondo. E' come se Jack The Ripper avesse offerto alle prostitute londinesi di proteggerle.

Il mio amico, giornalista di Al Jazira, Tariq Ayub, ucciso a Baghgdad da un missile Usa, poco dopo aver preso l'ultimo té con me.

Studiate l'inglese e collegatevi ad Al Jazira, o lo spagnolo per la venezuelana Telesur. Vi renderete conto che è solo dal Sud del mondo che dalla tv vi viene un'informazione corretta. Informazione che innesca rivoluzioni. Il guaio è che nè al manifesto, nè a Liberazione, ne all'Unità sanno l'inglese o lo spagnolo. Quando andai al Tg3, redazione esteri, non c'era un cane che sapesse l'inglese. Lo capiva meglio il mio bassotto Nando, cane cosmopolita e internazionalista. Sapendo io quattro lingue, fui subito spedito alla cronaca nera. Sono provincialotti burini e spocchiosi come D'Alema o Frattini, che non sanno, ma neanche vogliono sapere, la verità. E' scomoda..

La penna più veloce del West

La penna più veloce del West
Il migliorista Napolitano: "Basta contrapposizioni, basta con le esasperazioni della stampa e dei magistrati, abbassare i toni..." Questo padre nobile dei più cialtroni del PCI non fa che offrire degli assist al guitto mannaro. Primato assoluto di cerchiobottismo. Quella virtù cardinale cattolica, e dunque nazionale, che infligge buffetti al cerchio e sfascia la botte. Pare gettare acqua sul fuoco e invece butta benzina sui lanciafiamme del guitto mannaro. Tutti uguali, picchiatori e picchiati. E per i coglioni del "centrosinistra-sinistra" è il venerando padre della patria! A sentire ancora la parola "pacatezza" vien voglia di assegnargli una badante taliban.

Un lettore del manifesto lamenta oggi che l'Unione Europea non prende in mano la situazione e si estende al Nord Africa, con tutti i suoi "benefici democratici". L'Unione Europea! Questa fabbrica di élites sempre più ricche e poliziesche e di masse escluse e represse, ascaro degli Usa! Ecco perchè il manifesto è rimasto con 15mila lettori. Mutazione genetica sua e dei suoi lettori.

Nato e Usa in Afghanistan-Pakistan spianano ogni giorno villaggi e vite, rapiscono e torturano in carceri segrete, devastano e depredano. Contano di ridurre la dimensione delle loro stragi inventandosi, come esercito e narcos in Messico e in Colombia, "combattenti nemici" abbattuti. Il sistema è scoperto: si stermina una comunità e poi ai morti si mettono accanto delle armi. Rovesciando il trucco, a Razak, nel 1999, i briganti UCK e i consiglieri Usa misero in fila una quarantina di loro morti, caduti in combattimento con le forze regolari jugoslave, e li vestirono di panni civili, con il plusvalore di un colpo alla nuca: esecuzione sommaria da parte dei "pulitori etnici serbi". Fu la pistola fumante per l'aggressione Nato. D'Alema l'aspirò meglio che fosse una striscia di coca. E così che nascono le storie tipo Sebreniça. Per fortuna lì capitò una squadra di patologi finlandesi che rettificò le cose. Intanto la Serbia era stata distrutta, il mondo aveva perso una bella esperienza di società diversa e 15mila serbi furono uccisi, un milione resi profughi all'infinito. Ma a chi "il manifesto" attribuisce la maggioranza dell'uccisione di civili in Afghanistan? Ai Taliban che difendono popolo e patria. La fonte, un organismo collaborazionista degli occupanti. Così ripete anche sistematicamente la conta dei trucidati da Usa e milizie fantocce in Iraq, affidandosi a Iraq Body Count, organismo Usa che rivela solo i morti menzionati nella "libera stampa" del locale regime di Vichy. Almeno tre ricerche scientifiche occidentali hanno portato il conto a 2 milioni. Troppo per il Giornale comunista?
A chi ha ieri inflitto sanzioni la democratica Europa? Al satrapo Mubaraq? Ai monarchi sauditi? Al Messico del femminicidio? All'Albania del brigante Berisha? Ai genocidi nazisionisti? Ma scherziamo? Alla Costa d'Avorio di un presidente che resiste alla colonizzazione, alla Bielorussia che difende il suo socialismo, buono o meno buono che sia, ma sempre infinitamente meglio del capitalismo di Wall Street e Maroni. Sorpresa? Macchè, i lettori del "manifesto" invocano la civiltà europea in Nord Africa. Quella di Goffredo da Buglione.

Nell'attraversare il cuore dell'azzurro / insondabile, in un groviglio di rotte,
ma accompagnato da speranze / insignificanti però certe,
osservo la geografia silente / sommersa in un fulgore di neve,
territorio dell'indefinito, / miraggio della libertà./ Stanco, non mi arrendo.
Ferito, non sanguino. / Tanta fatica, tanti dolori: / li calmo con l'amore dei miei sogni,
materia invincibile / che i guardiani non sanno riconoscere

(Antonio Guerrero, uno dei cinque cubani incarcerati negli Usa)

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 13:28

Fulvio Grimaldi

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