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Egitto: i militari promettono democrazia ma minacciano i lavoratori in sciopero e i manifestanti

(14 Febbraio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

Egitto: i militari promettono democrazia ma minacciano i lavoratori in sciopero e i manifestanti

foto: www.radiocittaperta.it

14-02-2011/14:53 --- Con una “dichiarazione costituzionale” in nove punti, il Consiglio militare che venerdì ha preso il controllo dell’Egitto, ha annunciato ieri, nell’atteso “Comunicato numero 4”, lo scioglimento del Parlamento e la sospensione della Costituzione. Le Forze armate gestiranno il paese fino allo svolgimento delle elezioni legislative e presidenziali e la nuova Costituzione verrà sottoposta a referendum popolare. I militari dovranno decidere anche il ruolo di Omar Suleiman, l’ex capo dell’intelligence, nominato vice presidente da Mubarak poco prima della sua fuga. Fatto sta che il paese rimarrà per almeno sei mesi nelle mani del Consiglio supremo delle Forze Armate. Ecco il testo della dichiarazione, pubblicato dall’agenzia di stampa Nena-News: “Il Consiglio Supremo delle Forze Armate ha deciso di: 1) Sospendere la Costituzione; 2) Gestire provvisoriamente il Paese per 6 mesi o fino alla fine delle elezioni legislative e presidenziali; 3) Il presidente del Consiglio Supremo (maresciallo Hussein Tantawi, ndr) assumerà la rappresentanza del paese all’interno e all’estero; 4) Sciogliere l’Assemblea del Popolo ed il Consiglio Consultivo; 5) Il Consiglio Supremo ha l’autorità di pubblicare leggi per decreto; 6) Formare una commissione per le modifiche di alcuni articoli della Costituzione e per fissare le regole del referendum che dovrà approvarle; 7) Il primo ministro Ahmed Shafiq assume la direzione del Consiglio dei Ministri fino alla formazione di un nuovo gabinetto; 8) Garantire lo svolgimento di elezioni legislative e presidenziali; 9) L’Egitto si impegna a mettere in applicazione i Trattati e gli accordi regionali e internazionali”.
Ieri alcuni attivisti che hanno partecipato alla rivolta in Egitto attraverso un appello via Internet hanno reso noto di essere stati ricevuti dai vertici militari. A riferire il contenuto dei colloqui sono stati gli stessi attivisti in una nota diramata sul Web e firmata tra gli altri dal blogger Amr Salama e da Wael Ghonim, il manager di Google rimasto in carcere per 12 giorni dopo l’inizio della rivolta. "Abbiamo incontrato l'esercito per comprendere il suo punto di vista ed esporre il nostro", scrivono i blogger, precisando di aver fatto parte di una delegazione formata da 8 persone. "L'esercito", affermano gli attivisti, "ha sottolineato che non intende mantenere la guida del Paese, e che uno Stato civile e' l'unica via percorribile per il futuro".
Ma la transizione verso uno scenario maggiormente democratico non sembra iniziare nel migliore dei modi, anzi: decine di migliaia di egiziani sono tornate in piazza Tahrir per continuare a sfilare in nome del nuovo Egitto e dei diritti sociali e civili finora negati. A tre giorni dalla caduta del regime, soldati e agenti della polizia militare hanno fatto irruzione sulla piazza che è stata l’epicentro delle proteste di massa per diciotto giorni consecutivi ed hanno minacciato di arrestato alcuni manifestanti. Le Forze Armate hanno proibito inoltre le manifestazioni sindacali e vietato gli scioperi ed è stato emesso un avviso che annuncia misure punitive contro chiunque creerà "caos e disordini".
Non è rassicurante nemmeno la politica economica del governo – tenuto in carica dai militari per la gestione degli affari correnti – alla luce delle dichiarazioni rese dal nuovo ministro delle finanze Samir Radwan che ha assicurato che la “linea economica non cambierà». In un paese dove il 40% della popolazione vive in condizioni di povertà non si tratta certo di una buona notizia.
“Come si fa a scrivere – si chiede l’economista Maurizio Donato dai microfoni di Radio Città Aperta - che le cause della rivoluzione non sono da ricercare nel deterioramento della situazione dal punti di vista sociale ed economica in un paese in cui nel solo 2008, affermano gli stessi analisti internazionali, i prezzi dei generi di prima necessità sono aumentati del 20%? D’altronde lo stesso ‘movimento 6 aprile’, che è stato promotore della rivolta contro il regime di Mubarak, ha preso il nome proprio dalla data del primo sciopero, nel 2008, in una fabbrica tessile che era avvenuto proprio in contrapposizione alle politiche di privatizzazione e di liberalizzazione che hanno contrassegnato gli ultimi anni della dittatura di Mubarak. L’Egitto è un paese in cui il 40% degli abitanti, circa 35 milioni di persone, vivono al di sotto della soglia di povertà con meno di 2 dollari al giorno”.
E siccome alla rimozione dell’anziano Mubarak non è corrisposto nessun cambiamento dal punto di vista delle politiche economiche in piazza le manifestazioni di questi ultimi giorni vedono protagonisti soprattutto i lavoratori. Ad esempio quelli del settore turistico che oggi hanno manifestato ai piedi delle Piramidi per chiedere aumenti salariali in un paese in cui il turismo rappresenta il 6% del Prodotto interno lordo. La rivolta sociale e gli scontri hanno provocato nei giorni scontri una brusca frenata degli arrivi di turisti stranieri con una secca perdita di introiti per le aziende del settore e conseguentemente per i lavoratori. Da parte sua oggi il ministro dell'Aviazione civile egiziano Ibrahim Manae ha licenziato il presidente della compagnia di bandiera Egyptair, Alaa Ashour, dopo la richiesta avanzata dai lavoratori della compagnia che hanno effettuato un'ondata di scioperi. Fonti all'aeroporto del Cairo hanno spiegato che gli addetti della compagnia aerea sono ancora in mobilitazione per chiedere un aumento degli stipendi. La stessa cosa chiedono anche i dipendenti delle enormi fabbriche tessili delle zone di Suez ed Alessandria in sciopero da giorni.
Intanto sulla sorte del tiranno cacciato dalle imponenti mobilitazioni popolari è giallo: secondo il quotidiano egiziano Al Masry al Youm Hosni Mubarak sarebbe in stato di coma ormai da sabato scorso nella sua residenza di Sharm el Sheikh. Altre fonti affermano al contrario che Mubarak sarebbe fuggito in Germania, mentre in vari paesi europei si stanno mettendo sotto sequestro alcuni suoi conti bancari rimpinzati negli anni con milioni di dollari sottratti alle casse dello Stato e ai cittadini egiziani.

Mila Pernice/Marco Santopadre, Radio Città Aperta

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