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L'Italia ha bisogno dei comunisti!

(22 Febbraio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.comunistiuniti.it

L'Italia ha bisogno dei comunisti!

foto: www.comunistiuniti.it

Il governo Berlusconi, uno dei più reazionari che la nostra storia repubblicana ha conosciuto, scricchiola ormai da mesi per proprie contraddizioni interne. Molti membri della sua coalizione lo hanno abbandonato e parte del suo blocco sociale di riferimento si va sgretolando. Tra questi anche ampi settori del padronato italiano non sono più sicuri del sostegno al governo e cominciano da tempo a strizzare l’occhio al nuovo polo di centro e ai settori social-liberisti del centrosinistra ben saldi alla guida del PD.

Per tenere il suo assetto di potere, il ducetto di Arcore usa tutti i mezzi a sua disposizione. Corruzione, manipolazione dell’informazione, stretta autoritaria. Gli scandali sul G8 e il cosiddetto “Ruby-Gate” svelano la dissolutezza decadente e la gestione mafiosa della difesa dei propri interessi personali e di quelli dei settori più retrivi della borghesia a lui legati. Non sappiamo quanto sarà in grado di tenere.

Certo è che questo livello di crisi è tutta interna agli assetti di potere della classe dominante e non apre nessuno sbocco per una svolta a “sinistra”. Confrontarsi con Berlusconi solo su quel piano non è affatto sufficiente a scatenare un’opposizione politica reale nel paese in grado di scalzarlo dal potere e a costruire un’alternativa al sistema capitalista in crisi.

Il livello dello scontro attuale resta sul piano meramente “etico” e non incide minimamente negli assetti di potere reali della società. Ancor meno serve a bloccare le politiche di azzeramento dei diritti del lavoro salariato e della democrazia formale fin qui conosciuta ferocemente perseguite del capitalismo italiano oggi. Il padronato italiano è stato attratto da un certo sovversivismo dall’alto di cui Berlusconi è capace e ha visto in questa sua capacità populistico-reazionaria la possibilità di spianare più velocemente tutti i livelli di mediazione sociale conosciuti. L’azione di questo Governo serve anche a solleticare gli istinti più beceri e razzisti dei ceti intermedi che vedono precipitare i loro livelli di vita e ad alimentare una costante guerra tra poveri che tiene le classi subalterne inchiodate su falsi obiettivi e incapaci di unirsi per resistere meglio alle ristrutturazioni padronali.

Ma la gestione personalistica di Berlusconi e la sua scarsa credibilità internazionale stanno rischiando di mettere seriamente in difficoltà questo percorso di ritorno a relazioni politiche e sociali da anni ‘50 che Marcegaglia e Marchionne auspicano. In questo momento indubbiamente la Confindustria è ancora tentata di giocare fino all’ultimo le carte Brunetta e Sacconi per cancellare Statuto dei Lavoratori, Contrattazione Nazionale, tutele, diritti e l’idea stessa di Sindacato nelle aziende. Ma nello stesso tempo stanno cercando di capire se un’alleanza Casini-Fini-Bersani può garantirgli gli stessi obiettivi senza grossi conflitti, con la riproposizione di un nuovo Patto Sociale che coinvolga i sindacati e con una politica maggiormente concertata con BCE e FMI sulle contro-riforme strutturali e sui parametri economici imposti dal mercato capitalistico europeo.

D’altronde per la borghesia monopolista italiana il proprio referente istituzionale dipende solo da chi può garantirgli meglio la stabilità di governo, lo schiacciamento dei salari per garantire la ripresa dell’accumulazione e la competitività del sistema capitalistico italiano su scala globale. L’unica ideologia che la muove è la garanzia assoluta del profitto.

In questo senso è affidabile anche la posizione servile del PD dimostrata sul piano-Marchionne, le sue aperture sul federalismo (in funzione della creazione di moderne “gabbie salariali”), il suo appoggio alle privatizzazioni (acqua in primis), la sua fedeltà assoluta ai parametri di Maastricht.

E’ per questo che il centro-sinistra è totalmente incapace e impossibilitato ad alimentare un’opposizione sociale forte contro le politiche di fondo del capitalismo in crisi, perché ha anch’essa come referente molti settori della classe dominante. Ed è per questo che tenta di tenere a briglia la CGIL per impedire uno sciopero generale vero contro Governo e Confindustria invocato dalla FIOM e da ampi settori del sindacalismo di base e dei movimenti.

Per i comunisti dovrebbe essere chiaro che questo scenario politico chiude ogni spazio di agibilità all’interno di questo sistema bipolare. La conditio sine qua non per far parte o sostenere un nuovo esecutivo è quella di accettare completamente le compatibilità imposte dal capitalismo italiano per rispondere, secondo i suoi interessi, alla crisi di sovrapproduzione internazionale che si sta abbattendo pesantemente anche sul nostro paese.

L’attuale crisi porta il capitalismo a mostrare la corda proprio sulla presunta ineluttabilità del suo modello economico-sociale, sulle sue capacità storiche di fornire livelli di vita dignitosi per la stragrande maggioranza della popolazione lavoratrice e sulla sua presunta “democraticità”. In questo senso, il modello di dominio parlamentare più adatto sembra proprio essere il bipolarismo, al di là se i due poli dell’alternanza siano composti da alleanze variabili tra più coalizioni (come d’altronde già avviene nel sistema britannico). Lo spazio che manca è proprio quello per un’alternativa radicale reale all’intero sistema capitalistico che i comunisti dovrebbero rappresentare in ogni condizione storica in cui si trovano ad operare. E’ paradossale quindi che i comunisti nella FdS perseguano come obiettivo principale della loro attuale esistenza proprio quello di rientrare in Parlamento tramite un accordo col PD. Questa strada è già arcinota e porta allo stesso identico punto del fallimento dell’Arcobaleno e della crisi di credibilità verticale provocata da oltre quindici anni di “governismo”.

D’altra parte gli spazi istituzionali dovrebbero dipendere strettamente dal radicamento sociale e dal livello di internità nella classe e non il contrario. Anche perché risulta sempre più chiaro che proprio quei movimenti di massa che si stanno muovendo sul terreno della resistenza alle politiche capitalistiche sono quelli che non hanno voce in Parlamento. Lo spazio dove non c’è va aperto. E per farlo non c’è altra strada che puntare fortemente su un forte movimento di resistenza sociale alla crisi che si poggi sulle attuali lotte dei metalmeccanici, dei dipendenti pubblici e della scuola, degli studenti, dei movimenti contro la privatizzazione dell’acqua che hanno in Berlusconi un acerrimo nemico e nel PD una “puntuale” controparte.

Trovare livelli di convergenza in queste battaglie dovrebbe essere naturale per i comunisti che alimenterebbero così anche il terreno per la ricomposizione della diaspora in una unità “utile” alla classe di riferimento. Non possiamo pensare di sopravvivere ripercorrendo autisticamente gli stessi percorsi già provati e che hanno ampiamente fallito. Il governismo e il cretinismo parlamentare da un lato. Il settarismo e il minoritarismo autoreferenziale dall’altro. E errare è umano, ma perseverare…

Comunisti Uniti

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