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La formazione oggi

(27 Febbraio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.comunistiuniti.it

La formazione oggi

foto: www.comunistiuniti.it

1. I comunisti e la crisi di egemonia politica

La fase politica che hanno attraversato e stanno attraversando i comunisti nel nostro paese negli ultimi vent’anni anni può sintetizzarsi come di crisi. Questa crisi è da una parte il riflesso della più generale crisi delle relazioni sociali date del mondo capitalista – questa crisi è in questo senso un processo complessivo, che non si limita al campo economico-strutturale, ma si espande e si interseca fino a diventare un unicum con gli altri campi della vita sociale (la rappresentanza politica, la formazione e l’organizzazione della cultura, lo sviluppo delle relazioni interpersonali, il rapporto con l’ambiente naturale circostante). Dall’altra parte è propriamente crisi di egemonia dello stesso movimento comunista dei paesi a capitalismo avanzato (salvo rare eccezioni come la Grecia), processo ormai trentennale e internazionale. In questo senso la crisi è incapacità di costruzione di un percorso autonomo da parte della soggettività rivoluzionaria del nostro paese, questione centrale e strategica, senza risoluzione della quale non può esservi alcuna avanguardia organizzata della classe in grado di emergere a seguito dell’immediata battaglia sindacale (economico-sociale) che i movimenti più o meno organizzati possono condurre entro il modo di produzione capitalistico.

2. Legame e rapporto dialettico fra teoria e prassi, sovrastruttura e struttura

La battaglia teorica ed ideologica è ed è stata sempre (anche per la borghesia) un momento fondamentale attraverso cui i movimenti progressisti immediati e spontanei hanno potuto gradualmente acquisire elementi di una coscienza collettiva più ampia, coscienza della generalità delle contraddizioni politiche, che dalla dimensione particolare trovano fondamento in cause più generali, entro la crisi del modello capitalista tout court. Per questo motivo la lotta per una nuova cultura socialista diviene oggi un terreno strategico per ogni movimento organizzato dei comunisti voglia tendere a divenire partito della classe operaia e del proletariato. Questa battaglia culturale può assumere due forme, che però non sono due tempi: a) lotta contro il revisionismo (tanto da parte della borghesia di destra che di sinistra, revisionismo storico, meccanicismo e positivismo teorico, economicismo, romanticismo soggettivista); b) costruzione teorica concreta di un nuovo universo concettuale. Generalmente i due aspetti, nella prassi della battaglia culturale, vanno di pari passo.

Questione da ricordare e da non dare mai per scontata è il fatto che il lavoro teorico non è un campo astratto, slegato dal terreno reale della lotta di classe, almeno non lo deve essere. La battaglia teorica, sulle idee, sui programmi, di elaborazione di una concezione del mondo, è sempre stata un terreno assolutamente concreto in tutta la migliore tradizione del movimento comunista internazionale: non esisterebbe il marxismo, il leninismo, il dibattito sul partito, l’analisi della crisi, l’analisi delle classi, la strategia e la tattica senza questo assunto fondamentale. La battaglia teorica condotta da Marx ed Engels in sede di Prima Internazionale contro gli anarchici, il confronto sistematico di Lenin contro l’opportunismo all’interno del Partito socialdemocratico russo fin dalla sua nascita e contro le varie correnti socialdemocratiche centriste prevalenti nella Seconda Internazionale sono stati fondamentali allo sviluppo dell’autonomia strategica dei comunisti, a costruire quell’influenza egemonica che ha segnato tutto il secolo scorso; senza una coerente e profonda battaglia teorica e culturale, non ci sarebbe stato alcun accumulo organizzativo degno di nota.

3. Il lavoro del Dipartimento Formazione dentro il progetto di Comunisti Uniti

Oggi più che mai di fronte al processo di smantellamento politico e culturale operato all’interno della classe proletaria da parte degli ex-comunisti, insieme a una potente restaurazione culturale reazionaria, si rende necessariamente vitale un processo di formazione sistematico e pianificato da parte dei comunisti. Il nostro lavoro come Dipartimento Formazione entro il percorso specifico di Comunisti Uniti a cosa deve servire? Quali sono le caratteristiche principali di questo lavoro? É chiaro che noi oggi ci scontriamo con due tendenze forti nel campo delle diverse aree dei comunisti italiani.

La prima – largamente prevalente e insidiosa – tende a considerare la teoria un’arma spuntata, disprezza o non cura il lavoro di formazione, considerando la pratica, l’empirismo più spicciolo (fare tante cose) come unico processo formativo, staccando la pratica dalla teoria, il movimentismo e l’economicismo in tutte le sue varianti rappresentano questa deviazione. Prodotto politico di questa tendenza è generalmente una piccola organizzazione apparentemente democratica, aperta, trasversale, etc., ma in realtà iperburocratizzata, dove le discussioni avvengono in “assemblee” ma le decisioni politiche vengono prese in sedi ristrette con quei pochi formati “eletti”. La seconda tendenza fa della teoria un qualcosa che di per sé sarebbe qualcosa di integralmente risolutivo o quantomeno supplisce alla pratica, una teoria generalmente dogmatica e dottrinaria, sempre slegata da un rapporto significativo con lo scontro di classe e con i movimenti sociali esistenti, una teoria da laboratorio, dogmatica e da conventicola, dottrinaria, meccanicista, positivista. Questo distacco dalla pratica sociale rende anche in questo caso la formazione appannaggio di pochi eletti: prodotto politico di un tale atteggiamento è solitamente una piccola organizzazione con tendenze settarie, i membri della quale ritengono d’esaurire la base di un Partito. Politicamente, entrambe queste due tendenze sono figlie dell’opportunismo.

Al contrario noi dovremmo mettere al centro due aspetti peculiari del processo formativo:

La formazione è un processo collettivo in cui ogni militante deve tendere a divenire dirigente: questo è il senso più profondo dell’espressione gramsciana di intellettuale collettivo. Ciò avviene secondo il processo prassi-teoria-prassi, dove teoria e pratica si compenetrano e vicendevolmente si sviluppano l’una mediante l’altra;

La formazione non può prescindere dal rapporto concreto e pratico della militanza nei luoghi sociali di massa: questo è il senso dell’espressione gramsciana di intellettuale organico, secondo cui non esiste formazione di cultura, coscienza o consapevolezza critica (che possa nel tempo anche divenire organizzazione politica) se non attraverso il contatto con la propria classe d’appartenenza e i ceti sociali subalterni1. Non ha alcun senso l’idea di un “gruppo di intellettuali” che guidano le masse incolte, concezione che oltre ad essere aristocratica e razzista, non ha alcuna funzione realmente progressista. Questo tipo di “intellettuali” infatti, svincolati dal contatto con le masse, sono quegli “intellettuali tradizionali” che in ultimo svolgono una funzione di conservazione del mondo borghese. Oggi dunque, come Dipartimento Formazione, dovremmo avere in parte l’ambizione di rendere questo nostro lavoro un’arma ai fini della costruzione dell’intellettuale collettivo: senza battaglia delle idee e costruzione di nuova cultura socialista, difatti, non è possibile sviluppare alcun processo collettivo duraturo di critica consapevole dello stato di cose esistenti, nessuna “riforma intellettuale e morale” necessaria a segnare la svolta epocale verso il socialismo. Difatti la tragedia del movimento comunista, in particolare del nostro paese, dimostra quanto il processo di riforma non solo si sia fermato da molti anni, ma assistiamo anche sul piano teorico, ideologico e culturale (tranne per quel che riguarda una sparuta pattuglia di intellettuali, comunque tradizionali) alla devastazione del patrimonio del movimento comunista, alla cancellazione delle categorie generali del materialismo storico e dialettico, della capacità di interpretare e intervenire sulla realtà.

4. Formazione come più generale educazione all’attività e avversione della passività

Per noi la formazione va intesa nel solco della migliore tradizione del movimento comunista come formazione –istruzione –educazione allo sviluppo di una concezione omogenea e non passiva del mondo, arma di lotta per la trasformazione, necessità di costruzione collettiva di un pensiero collettivo, battaglia politica di formazione di quadri, necessari allo sviluppo del movimento comunista. É un lavoro necessario e complesso, che richiede un intervento graduale ma sistematico, e i cui frutti spesso si vedono a lunga distanza.

In questo senso la formazione è giusto intenderla, da un punto di vista più logico-interno, come momento prettamente istruttivo-pedagogico. In questo senso abbiamo pensato i cicli di seminario con Pala e Filosa sulla crisi, lo stato sociale, il programma minimo, e diverse altre categorie, patrimonio della teoria marxista; come anche il lavoro di divulgazione e riflessione sui classici della teoria marxista e della tradizione rivoluzionaria mondiale. Ma questo lavoro va integrato con un secondo e complementare livello di formazione da intendere come stimolo per il nostro corpo militante a discutere, sistematizzare, informare sull’impegno politico nella dimensione pratico-sociale, rendendo patrimonio collettivo e insieme mettendo a frutto in una discussione collettiva e dunque riflessione più ampia il lavoro in quello specifico intervento di settore/commissione (così come abbiamo inteso gli incontri su scuola, Università, Lavoro, etc.), secondo un approccio più direttamente finalizzato al lavoro politico e sociale di fase, di bilancio del lavoro svolto e di indicazione delle prospettive. Il ciclo di incontri legati ai settori di interventi sono stati un momento non solo partecipato ma un utile occasione di riflessione sul nostro agire, sui limiti del nostro lavoro, sulla chiarezza o meno che abbiamo del lavoro che da comunisti intendiamo svolgere in questi settori. In tal senso è un percorso che va ripreso legandolo chiaramente al lavoro delle Commissioni.

5. Proposte e programma

In tal senso, quando si è rilanciato circa un anno fa il progetto di CU, si è cercato di dare un contributo sul piano formativo attraverso la cadenza quindicinale di vari cicli di incontri di formazione e di dibattito interni (mirati alla discussione fra noi come compagni militanti del progetto di CU) e una serie di iniziative esterne, volte all’allargamento della discussione con compagni e compagne anche esterni e simpatizzanti del nostro percorso, ma anche intesi come occasione per creare momenti di discussione e confronto politico con referenti delle diverse aree organizzate della diaspora comunista o intellettuali tradizionali a queste aree vicini. In merito alla prospettiva del lavoro dei prossimi mesi dobbiamo seguire il lavoro già svolto, puntando a fare meglio, gestendo gli incontri con l’ottica di coinvolgere il massimo numero di compagni, continuando a mantenere lo schema delle iniziative interne ed esterne, puntando anche a collaborare in maniera sistematica alla produzione di una rivista teorica di stimolo al dibattito, compito che non possiamo caricarci esclusivamente come dipartimento locale di CU.

Per quel che riguarda il «processo storico di formazione delle diverse categorie intellettuali» Gramsci osserva che ogni gruppo sociale «nascendo sulla base originaria di una funzione essenziale nel mondo della produzione economica, crea insieme, organicamente, un ceto o più ceti di intellettuali che gli danno omogeneità e consapevolezza della propria funzione nel campo economico», sicché «l’imprenditore capitalista crea con sé l’economista, lo scienziato dell’economia politica» (Q 4, 474-5). Questo non vuol dire però che il rapporto fra intellettuali e produzione sia immediato, dunque che gli intellettuali hanno un ruolo estrinseco e strumentale rispetto alla produzione. Anzi questo rapporto «è mediato da due tipi di organizzazione sociale: a) dalla società civile, cioè dall’insieme di organizzazioni private della società; b) dallo Stato» (ibid.). L’intellettuale organico non è dunque semplicemente “l’intellettuale del consenso”, ma ha una funzione connettivo-organizzativa. È nel partito politico, come intellettuale collettivo, che avviene la saldatura fra intellettuali organici di un gruppo sociale e tradizionali, così da costituire «un blocco intellettuale–morale che renda politicamente possibile un progresso intellettuale di massa e non solo di scarsi gruppi intellettuali» (Q 11, 1385).

Comunisti Uniti

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