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Guerra civile in Libia: Nato, USA e UE verso l’intervento militare. Con l’aiuto della disinformazione

(1 Marzo 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

Guerra civile in Libia: Nato, USA e UE verso l’intervento militare. Con l’aiuto della disinformazione

foto: www.radiocittaperta.it

01-03-2011/12:34 --- Che il meccanismo di manipolazione mediatica e di disinformazione all’opera fin dall’inizio sulla crisi libica preparasse un intervento in grande stile delle grandi potenze nell’area era un sospetto più che fondato. Un sospetto che, alla luce delle ultime notizie, sembra diventare realtà.
Checché ne dicano i capi del consiglio provvisorio creato non senza contraddizioni nella Cirenaica sottratta al controllo di Gheddafi, che nei giorni scorsi avevano chiarito di non essere favorevoli ad un intervento straniero, appare ormai più che evidente che la guerra civile in atto in Libia da quasi due settimane potrebbe permettere agli Stati Uniti e ad alcune potenze euroee di scatenare l’ennesima guerra mascherata da operazione umanitaria. Mentre ONU e Unione Europea hanno già deciso di imporre sanzioni al popolo libico – non ne soffriranno certo i gerarchi di Gheddafi, alcuni passati in fretta e furia all’opposizione - il Pentagono ha già dispiegato le sue forze navali militari a pochi km dalla costa della Libia in attesa del via libera per un intervento armato da parte della Casa Bianca. A smentire il carattere umanitario della missione la notizia che, tra le unità militari dispiegate, c’è anche una portaelicotteri d'assalto con a bordo un contingente di oltre 1.800 Marines, 11 caccia bombardieri di vario tipo e ben 42 elicotteri da combattimento.
Nei giorni scorsi il sito d'informazione vicino ai servizi segreti israeliani Debka aveva già annunciato che consiglieri militari statunitensi, britannici e francesi, erano arrivati nella Cirenaica in mano agli insorti per preparare il terreno all’invasione straniera. Tra gli obiettivi dei consiglieri militari stranieri, secondo il sito israeliano: "organizzare gli insorti in unità paramilitari e insegnare loro come usare le armi sottratte all’esercito; costruire infrastrutture per preparare l'arrivo di truppe straniere”. Ad avvalorare le indiscrezioni di Debka ci sono le parole del premier britannico Cameron, che durante un dibattito in Parlamento a Londra ha detto: "non escludiamo affatto l'uso di mezzi militari". Anche la Nato sta mobilitando i propri meccanismi offensivi, mentre l’ipotesi di imporre sul nord della Libia – e quindi anche sulla capitale Tripoli - una zona interdetta al volo sul modello già sperimentato in Iraq e in Yugoslavia sembra riprendere quota dopo la diffusione della notizia, tutta da confermare, che ieri un caccia agli ordini del governo libico avrebbe bombardato e distrutto un deposito di armi nelle mani delle fazioni anti Gheddafi a Bengasi.
Le milizie antigovernative sostenute dall’occidente non sembrano per ora in grado di sconfiggere le forze rimaste fedeli al dittatore, e proprio per questo l’ipotesi di un intervento militare diretto della Nato o degli Stati Uniti si fa più credibile. Secondo il quotidiano statunitense Washington Post sul campo si è creata una situazione di stallo, con le forze di Gheddafi che non riescono a riconquistare le città e il territorio finiti in mano all'opposizione e i rivoltosi che non riescono a puntare sulla roccaforte del regime. L'offensiva delle forze fedeli al leader libico Muammar Gheddafi ha impedito finora alle milizie dei rivoltosi di raggiungere Tripoli e cacciare il colonnello.
Di fronte ai pericoli di un’ennesima avventura militare a pochi chilometri dalle nostre coste sarebbe il caso che l’opinione pubblica progressista del nostro paese, e in particolare le ong e le associazioni che agiscono all’interno del cosiddetto campo ‘umanitario’, cessassero di invocare un intervento rapido e deciso del governo italiano e delle istituzioni europee rispetto alla crisi libica.

Marco Santopadre, Radio Città Aperta

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