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Libia

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(24 Febbraio 2011) Enzo Apicella
Libia: rivolta di popolo o guerra per il petrolio?

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(1 Marzo 2011)

Molto probabilmente, in mancanza di una vera prospettiva internazionalista, anche movimenti di milioni di esseri umani, anche le liberazioni dai satrapi vampiri del Maghreb, saranno utilizzate per transizioni o stabilizzazioni confacenti all’imperialismo europeo ed americano.
I sommovimenti popolari, figli del nuovo equilibrio pluripolare, stanno costringendo l’u.e. a riconsiderare l’opzione strategica mediterranea, a fronte della relativa perdita di peso americano nell’area.
I padroni europei si “interessano” delle rivolte a loro modo, costretti dalla dipendenza economico-energetica a difendere “diritto” e profitti a pie’ pari.
Sono gli stessi colonialisti di sempre, sfruttatori della riserva di manodopera a basso costo che contribuisce a mantenere il parassitismo sociale ed a contrastare il declino demografico europeo.
Sono gli stessi che spremono quei lavoratori nei periodi di prosperita’ industriale per poi rimandarli a casa, o rinchiuderli nei c.i.e. nei periodi di crisi, come l’attuale.
I padroni europei, impauriti dalla possibile instaurazione di nuovi stati teocratici ai loro confini, offrono la loro sponda democratica come prospettiva alle rivolte del pane e della vita migliore.
E cosi’, le rivoluzioni al di la’ del mare saranno costrette a scegliere tra la padella fondamentalista e la brace democratica.

ovunque nel mondo l’altalena di tutti i poteri
PALESTRA DI PAROLE
BOTTEGA DEGLI AFFARI


L’impetuoso sviluppo capitalistico, nell’alternarsi ciclico tra crisi e ripresa, sta creando nel mondo, diffondendola, contaminandola e concentrandola nelle metropoli, una classe mondiale, salariata, che non ha interessi nazionali ma che non ha nemmeno coscienza, tantomeno organizzazione.
E’ una classe giovane, ma ignota a se stessa, che sta crescendo cambiando il volto del mondo.
E’ una classe che comincia a reclamare ovunque una vita degna di essere vissuta, nell’officina del mondo cinese cosi’ come nelle aree periferiche del mediterraneo.
E’ questa la lezione che l’opportunismo nostrano non vuole o non riesce ad imparare, scambiando anche di fronte alla sanguinosa evidenza feroci dittatori con campioni dell’”antimperiasmo”, continuando nella solita, vecchia abitudine, di scambiar lucciole per lanterne.
I giornaletti della sinistra defunta sono li ad interrogarsi sul perche’ le “rivoluzioni falliscono” o sul perche’ milioni di persone seguono “leader sbagliati”.
Miseria del soggettivismo!
Non sara’ che certe “rivoluzioni” rivoluzioni non lo sono mai state se non nella testolina di chi comunque ha bisogno di un qualche stato guida, passando agevolmente dall’orso sovietico al cavaliere mascherato zapatista, dal colonnello antimperialista al nuovo faro del socialismo in America Latina?
E non sara’ che le “masse” seguono non astratte idee ma quello che c’e’, materialmente, quello che il convento del loro sviluppo storico-materiale passa, essendone strumentalizzate prima, ed oppresse dopo?
E non sara’ che la piccola borghesia intellettuale europea ( ed italiana! ), nel suo “antimperialismo” a senso unico ( ad ex uso filosovietico ), si e’ sempre schierata a fianco di tutte le borghesie purche’ truccate da antiamericane?
E’ un dibattito stantio, che ha gia’ ricevuto storiche risposte, e che trova negli avvenimenti odierni l’ennesima lezione.
Per quanto ci riguarda, noi eravamo con gli operai di Budapest nel ’56 e con quelli di Danzica e Stettino nell’80 contro i carri sovietici, con i giovani di Tienamen nell’89 contro i falsi comunisti cinesi, con i ceceni nel 2002 affogati nel loro sangue di serie b, con i palestinesi massacrati da americani, Istraele, a.n.p. ed hamas.
Ed oggi siamo con i giovani ribelli del nord Africa, che nella loro generosa potenza, ci ricordano che la rivoluzione e’ veramente possibile, anche e soprattutto nella metropoli, nel cuore dell’impero capitalista.
I governanti possono essere messi in fuga, le cose possono cambiare, non con le alchimie elettorali, ma con milioni di persone, donne e uomini, nelle piazze.

Noi, coscienti della mancanza di una organizzazione comunista in Europa che sola potrebbe offrire un riferimento di classe a queste rivolte, manifestiamo la nostra solidarieta’ ai giovani combattenti rinnovando il nostro impegno in quella direzione, individuando nei padroni italiani i nostri primi nemici e nella lotta contro di loro il nostro concreto internazionalismo.

C O M B A T

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