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Clima e negazioni

(3 Marzo 2011)

Kerry Emanuel, climatologo dell’Mit, verso la fine del forum ha chiesto, rivolgendosi ai giornalisti: «Perché la stampa continua a rappresentare il tema dei cambiamenti climatici causati dall’uomo come una controversia, o un dibattito, quando invece c’è largo consenso sull’argomento tra decine di organizzazioni scientifiche in tutto il mondo?». «Perché non avete convinto il pubblico» ha risposto Elizabeth Shogren della National Public Radio. Emanuel ha avuto bisogno di pochi secondi per rispondere alla Shogren:«No, VOI non lo avete convinto».

Il set di questo gustoso e simbolico scambio di qualche giorno fa era la conferenza dell’Associazione per l’Avanzamento della Scienza che si tiene ogni anno a Washington d.c. La domanda effettivamente è di quelle da impazzire. Per un climatologo oggi vedere o leggere qualcuno che dubita dell’impatto che gli esseri umani hanno sul clima ha lo stesso urticante effetto di udire qualcuno che discetta dell’orbita solare intorno alla Terra: è sbagliato!

Spiegazioni? La prima è la scarsa dimestichezza dei cittadini con i temi scientifici. Il (basso) livello medio di preparazione condizionerebbe la capacità della gente di “capire” l’allarme. La seconda è “la negazione” (forse gli psichiatri parlerebbero di “annullamento”), ovvero quella tendenza degli esseri umani a cancellare (mentalmente si intende) pensieri spaventosi. Il terzo è quello dell’informazione: la sua scarsa qualità, la condizionabilità di questa da parte degli interessi economici dietro il climanegazionismo, l’ignoranza dei giornalisti ecc. Così negli Usa.

In Italia invece siamo alla cancellazione totale. Chi ricorda l’ultimo intervento di Santoro o di Floris o della Bianca Berlinguer sul tema? Il circuito informativo nostrano è strettamente riservato ai soliti noti, il minutaggio ripartito scrupolosamente secondo il Cencelli delle correnti Pd e dei potenziali alleati (notata l’onnipresenza di Casini ultimamente?). E, purtroppo, tra i soliti noti di ambientalisti non ce n’è. Ma le cose cambieranno: tra 20 o 30 anni le nostre periferie somiglieranno molto a quelle di Città del Messico o Calcutta, invase da ecoprofughi. Allora il clima arriverà nel primetime.

Luca Bonaccorsi - Terra

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