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Tripoli. La borsa esulta

Tripoli. La borsa esulta

(23 Agosto 2011) Enzo Apicella
Le quotazioni in borsa delle multinazionali imperialiste crescono alla notizia dell'occupazione NATO di Tripoli

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(Imperialismo e guerra)

Nessuna complicità con l’interventismo delle potenze della NATO contro la Libia

(7 Marzo 2011)

E’ ormai evidente come per gli Stati Uniti e per le potenze europee la posta in gioco in Libia non siano i diritti del popolo libico quanto gli abbondanti giacimenti e rifornimenti di petrolio e di gas. un obiettivo, ritenuto strategico di fronte all’acutizzazione della crisi economica internazionale.
I tentennamenti e i contrasti tra le varie potenze sui tempi e i modi dell’intervento militare contro la Libia, rivelano la crescente competizione nell’accaparramento delle concessioni petrolifere e la consistenza del volume di affari esistente, soprattutto con l’Italia.

L’intervento militare delle potenze della NATO in Libia – le cui avvisaglie sono già anticipate dall’utilizzo sul terreno di guerra di commandos e consiglieri militari occidentali - suonerebbe inoltre come monito e minaccia anche contro i movimenti popolari in Tunisia, Egitto, Algeria, i quali hanno avviato processi di cambiamento importanti ma i cui esiti rappresentano ancora una incognita per gli interessi delle multinazionali statunitensi ed europee e gli interessi geopolitici delle varie potenze.

L’attuale forma di guerra civile in corso in Libia tra la fazione di Gheddafi e quella dei ribelli nell’Est del paese, vive una situazione di stallo militare che può risolversi solo in due modi:
a) con un negoziato tra le due fazioni come proposto dal governo del Venezuela, un negoziato senza le ingerenze delle potenze imperialiste che cerchi le soluzioni possibili ed eviti la deflagrazione del paese su base tribale come accaduto in Somalia o in altri paesi africani;
b) con l’intervento militare delle potenze della NATO a sostegno della fazione ribelle a Gheddafi (anche la No fly zone e l’embargo rappresentano questo già oggi) e quindi con uno scenario del tutto simile a quanto accaduto in Jugoslavia, in Afghanistan e in Iraq

La sanguinosa menzogna dell’intervento “umanitario”, alimentata dalla manipolazione dell’informazione e della realtà sul campo, si è già rivelata negli anni scorsi in tutta la sua pretestuosità nelle aggressione belliche in Jugoslavia, in Iraq e in Afghanistan. Chi oggi è disposto a credere e a sostenere tale opzione (come fanno Veltroni, il giornale La Repubblica o il PD) è – di fatto - un complice dei crimini di guerra commessi dalle potenze della NATO in questi anni.

Delle due soluzioni occorre che le forze progressiste, anticapitaliste e antimperialiste ne scelgano una. Se si hanno a cuore le sorti, i diritti, l’aspirazione alla democratizzazione del popolo libico occorre sostenere la cessazione dei combattimenti e il negoziato. Se si vuole trasformare la Libia in un protettorato militare degli Stati Uniti e/o dell’Unione Europea – magari attraverso una sanguinosa divisione del paese – ci si subordina alla logica dell’interventismo economico e militare mascherato da “fini umanitari”.

Il futuro della Libia potrà anche fare a meno della leadership di Gheddafi e del suo inconseguente “anticolonialismo”, ma è inaccettabile che venga ipotecato non dalla decisione della popolazione quanto dagli interessi materiali e strategici degli Stati Uniti e dell’Unione Europea sulle risorse energetiche del paese e sulle aspirazioni democratiche del suo popolo.

Affermiamo fin ora che non intendiamo essere in alcun modo complici dell’aggressione militare “umanitaria” degli USA, delle potenze europee o dell’ONU contro la Libia.

Respingiamo le campagne di allarmismo e di criminalizzazione degli immigrati che alimentano il razzismo

Prepariamo la mobilitazione in tutte le città. contro le nuove minacce di guerra nel Mediterraneo e i complici dell’intervento militare “umanitario” in Libia

Roma, 6 marzo

La Rete dei Comunisti

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