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La lotta degli autoferrotranvieri e' la lotta di tutti

Contro la concertazione, per la democrazia, per il diritto di sciopero

(20 Gennaio 2004)

Questo primo numero de Il pane e le rose è dedicato, e non poteva essere altrimenti, alla lotta degli autoferrotranvieri che dal primo dicembre ad oggi è al centro dello scontro di classe in Italia.

CONTRO GLI ACCORDI DEL 23 LUGLIO

La prima questione che la lotta degli autoferrotranvieri pone con forza è quella degli accordi del 23 luglio 1993 che hanno subordinato la crescita dei salari alla "inflazione programmata": per 10 anni i lavoratori hanno pagato ogni genere di necessità sulla base di prezzi che crescevano con i ritmi dell'inflazione reale e sono stati pagati invece con salari che crescevano sulla base di un parametro artificioso, definito ad hoc dal governo.

Oggi, dopo dieci anni di truffa, padroni e governo rincarano la dose: da una parte negano il contratto ad una percentuale sempre maggiore di lavoratori (i lavoratori precari sono oggi più di 3 milioni e mezzo, pari al 15% del totale degli occupati), dall'altra tentano di bloccare i salari dei lavoratori "in regola" negando anche gli aumenti previsti sulla base della cosiddetta "inflazione programmata".

E' il caso degli autoferrotranvieri (ma non solo) che infatti non chiedono "nuovi" aumenti, ma il rispetto di quelli già concordati 4 anni fa in un contratto nazionale e nello specifico rivendicano l'aumento di 106 euro che (in base ad un calcolo automatico come previsto dagli accordi del luglio '93) gli spetta dal gennaio 2002 e che in due anni di mancata applicazione ha generato un arretrato di 2900 euro.

Tutto questo mentre Imprese e Enti Locali incassavano e attuavano la parte normativa del Contratto nazionale di 4 anni fa che ha sancito le privatizzazioni, la mobilità interna ed esterna dei lavoratori, l’introduzione dei contratti atipici (salari ridotti per 9 anni), l’aumento dell’orario di lavoro e il peggioramento complessivo della quantità, qualità e della sicurezza nei trasporti pubblici, con il taglio delle linee e la diminuzione del personale di manutenzione.
Se i padroni cercano una "uscita a destra" dagli accordi del 23 luglio '93, la lotta dei 120.000 autoferrotranvieri nasce sì come lotta di resistenza e di rivendicazione della parte economica di questi accordi, ma nel suo sviluppo e nel suo radicamento evidenzia tutte le storture prodotte della concertazione e della logica delle compatibilità; indica quindi un possibile superamento "a sinistra" degli accordi del luglio '93, a partire dagli interessi di classe, primo fra tutti quello di indicizzare i salari all'inflazione reale.

SINDACATO E DEMOCRAZIA

La seconda questione è quella della democrazia nel rapporto tra lavoratori e sindacato, una questione che non può essere ridotta semplicemente alla richiesta di referendum su accordi già siglati, ma che riguarda anche e soprattutto il mandato a trattare.

Quale fosse il mandato era stato chiarito in maniera inequivocabile tanto a Milano il primo dicembre quanto durante il successivo sciopero del 15 (trasformato in sciopero prolungato nonostante la precettazione a Torino e Brescia): l'unica proposta accettabile è quella di 2900 euro di arretrato e di 106 euro di aumento!

Non è stato certo sulla base di questo mandato che il 20 dicembre i rappresentanti CGIL, CISL e UIL hanno firmato un accordo con l’Asstra (l’associazione che rappresenta le aziende del settore) e il Governo in cambio di 81 euro al mese di aumento a partire dal 2004 e 970 euro di arretrati per gli anni 20002/03.
Un furto di 2000 euro sugli arretrati e un pizzo di 25 euro al mese per il futuro!

La firma di questo accordo-truffa da parte dei vertici di FILT-CGIL ha dato un ulteriore colpo alla credibilità di una CGIL che in questi ultimi anni aveva adottato come propri cavalli di battaglia proprio le parole d'ordine della salvaguardia e dell'estensione dei diritti e della democrazia nei luoghi di lavoro.
La stessa cosa era successa con il CCNL metalmeccanico, con la differenza che FIOM allora non aveva accettato di firmare, rompendo con FILM e UILM.

E' una questione che non può essere chiusa semplicemente con il referendum sull'accordo, e non solo perché il "referendum" lo hanno già fatto i lavoratori con gli scioperi spontanei che si sono succeduti alla notizia dell'accordo (a Venezia, Padova e Vicenza come a Milano, Roma, Napoli, Savona, Imperia, Bergamo, Livorno...), con i cartelli "lavoro perché sono precettato" esposti sui mezzi, con la costruzione di un coordinamento nazionale di lotta, con l'adesione massiccia allo sciopero del 9 gennaio convocato dai soli sindacati di base, con lo sciopero prolungato e “illegale”del 12 e 13 gennaio...
La questione è più profonda e riporta al ruolo che il sindacato confederale si è ritagliato in questi anni tra politiche concertative e crisi della "sinistra", un ruolo contraddistinto da una propria "autonomia politica" sempre più svincolata dalla materialità delle condizioni di vita di classe e sempre più somigliante ad una pratica di sottogoverno.
Nel momento in cui la classe, o anche solo una parte di classe, si determina politicamente e sviluppa nella lotta la propria autonomia politica non può che trovarsi in conflitto con questo tipo di sindacato.

DIFENDIAMO IL DIRITTO DI SCIOPERO

L'ultima questione posta la lotta degli autoferrotranvieri, e forse la più importante fra tutte, è quella del diritto di sciopero.

Un diritto che è garantito dalla Costituzione (art. 40), ma che è stato messo in discussione con la legge 146 del 1990 che ad arte mette in contraddizione il diritto di sciopero con i "diritti degli utenti" e che, con la scusa di regolamentare gli scioperi nei servizi pubblici, di fatto li limita pesantemente.
Una legge che fu votata da PCI, PSI e DC e che fu studiata in collaborazione con CGIL, CISL e UIL con l'obiettivo comune di ostacolare gli scioperi spontanei e quelli promossi da organismi di base, come ad esempio in quegli anni gli scioperi dei marittimi dei traghetti, dei ferrovieri, dei Cobas della Scuola...
Una legge che è stata poi ulteriormente inasprita con una legge di riforma (83/2000) elaborata dal governo D'Alema e che è passata alla storia come "legge antisciopero".
Una legge che ha fra i suoi padrini anche l'allora segretario della CGIL Cofferati e che fu voluta per contrastare la crescente conflittualità che si determinava in opposizione ai processi di liberalizzazione e privatizzazione dei servizi pubblici.

E' così che oggi per proclamare uno sciopero nei servizi "pubblici" si è costretti prima a tentare una "conciliazione" con l'intervento del Prefetto o del Ministero, si deve attendere un intervallo minimo di giorni tra uno sciopero ed il successivo, non si può scioperare in alcuni periodi dell'anno, è possibile essere costretti a differire lo sciopero, e infine si può essere precettati.
Inoltre la legge 83/200 aumenta i poteri discrezionali della Commissione di garanzia, aumentata le multe e le sanzioni disciplinari per sindacati e i lavoratori.

Fino ad oggi gli autoferrotranvieri sono riusciti a portare avanti la loro lotta nonostante le precettazioni e nonostante i limiti imposti loro da queste leggi.
Ma forse è arrivato il momento di contestare radicalmente il fatto che dei lavoratori siano ridotti in schiavitù e siano obbligati a lavorare per decreto prefettizio!

ABROGARE LA LEGGE 146/90 E LA LEGGE 83/2000!
IL DIRITTO DI SCIOPERO SI DIFENDE SCIOPERANDO!

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