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Magreb:in rivolta, popoli in movimento

Ma gli avvoltoi volteggiano sull'area. Non e' detto che la spuntino sempre loro.

(18 Marzo 2011)

Dopo la Grecia e l'Irlanda la crisi ha investito gli stati nordafricani del Magreb.

L'aumento dei prezzi agricoli, il 50% circa, ha messo in movimento l'intera area ed in ebollizione la Libia. In Libia, all'impossibilità della popolazione di sopravvivere con i propri redditi, si contrappone una raccolta di rendita petrolifera monopolizzata da una vera e propria casta militar-burocratic che, con le liberalizzazioni imposte dalla cosiddetta “comunità internazionale”, ha “privatizzato”, all'italiana, tutte le attività statali calpestando quella solidarietà, che qui surroghiamo col “welfare”, ma che in quelle aree ha ancora una portata religiosa, musulmana. La crisi non provoca però solo “rivolte”, sopratutto alimenta la concorrenza tra i soliti predatori di materie prime, anche energetiche ed alimentari, come quelle presenti nell'area.

Così gli USA e l'Inghilterra hanno subito fatto la voce grossa in difesa della “democrazia, della libertà dei popoli”, sopratutto nei casi del Magreb mediterraneo ed occidentale, in cui gli interessi francesi ed italiani erano preponderanti. La stessa Francia non ha esitato poi, dopo, a chiedere un intervento militare contro la Libia, in cui prevalgono gli interessi italiani, per recuperare il terreno perduto in Algeria e Tunisia a spese altrui.

La stampa nostrana, da buona provinciale, ha invece adoperato gli avvenimenti come fossero questioni di cortile, in funzione anti Berlusconi, drammatizzando notizie ed avvenimenti. Così in tre giorni si è passati in Libia dalla conquista di Tripoli da parte degli insorti, alla conquista di Bengasi da parte del tiranno, finendo con valorizzare i tentennamenti del governo italiano, le sue preoccupazioni per il suo petrolio ed il suo gas. Un antiberlusconismo così è meglio perderlo che mantenerlo a suon di tessere nei partiti parlamentaristici e nei sindacati più o meno concertativi. La miglior riprova di quanto diciamo è nei sottaciuti avvenimenti in Bahrein, in cui la rivolta è repressa dalle truppe di uno Stato straniero, l'Arabia Saudita. In questo caso il rischio che se ne avvantaggiasse l'Iran sciita, tagliando fuori il mar Rosso dal controllo “occidentale”, ha messo la notizia in coda.

Di questo passo, prima o poi, la lotta per le materie prime produrrà catastrofi. Non solo quelle delle centrali elettronucleari ma anche quelle militari, ed allora, siatene certi, anche quest'antiberlusconismo da operetta vi farà vestire l'elmetto. Perché l'opposizione alla guerra, a qualsiasi tipo di guerra, significa indipendenza proprio dai padroni, non da un padrone, indispensabile invece a servi e parassiti di qualsiasi levatura, infatti, oggettivamente solo i lavoratori possono fermare le guerre.

Invitiamo ad un momento di discussione, riflessione e responsabilità
VENERDI' 25 MARZO ORE 17.30
in via Alla Porta degli Archi 3/1 - genova (davanti all'ex negozio Ricordi)-

Genova 16/03/2011

Sin.Base

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