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(25 Febbraio 2011) Enzo Apicella

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La morte “umanitaria” è in volo sulla Libia

(22 Marzo 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

Solo un ingenuo può stupirsi per il voltafaccia di Berlusconi nei confronti di Gheddafi, al quale con un trattato d’amicizia aveva assicurato che mai si sarebbero concesse le basi italiane per un’operazione militare antilibica. Non è una novità, ma è la continuazione della politica di Casa Savoia e dei governi italiani, che passavano con la massima disinvoltura da un’alleanza a un altra, mentre le diplomazie cercavano di coprire le prima avvisaglie di questi tradimenti presentandole all’opinione pubblica come innocenti giri di valzer, che anche la più onesta delle mogli poteva permettersi.

Al tempo della I guerra mondiale, il gioco del passaggio dall’alleanza germanica a quella dell’Intesa fu tempestivo e riuscì, mentre il passaggio da Hitler agli alleati fu tardivo ed ebbe come conseguenze non solo l’ignominiosa fuga della corte, ma il disastro del paese e il tormento delle popolazioni della penisola.

La continuità con Casa Savoia è continuamente ribadita da Napolitano, che ha appena celebrato i 150 anni dell’incoronazione di Vittorio Emanuele II a re d’Italia. Il presidente appartiene alla vecchia leva del parlamento, e, a differenza dei nuovi parlamentari insediati dai dirigenti dei partiti, conosce la storia del Risorgimento. Rievocando la frase che Vittorio Emanuele II pronunciò al parlamento subalpino : “Non siamo insensibili al grido di dolore che da tanta parte d’Italia si leva verso di noi...”, ne ripete alcune varianti, proclamandosi non indifferente, non solo verso disoccupati e cassaintegrati, ma anche nei confronti della situazione libica, e verso i deliberati degli organismi internazionali, dando con ciò via libera all’avventura militare. Neanche i comunisti sono indifferenti, ma non per questo chiedono di devastare la Libia con razzi tomahawk. Verrà usato uranio impoverito o fosforo bianco? Forse a Stoccolma stanno pensando a un nuovo Nobel per Obama, in fisica o in chimica.

Il presidente Napolitano ribadisce che non siamo in guerra, il che da un punto di vista astrattamente giuridico è vero - nessuno l’ha dichiarata - e ciò dimostra l’enorme divaricazione tra diritto e realtà. Il Giappone non aveva dichiarato guerra quando colpì Pearl Harbour, e lo stesso conflitto del Vietnam, con lo sterminio di masse enormi di combattenti e civili, non era ufficialmente una guerra. Jane Fonda poté così recarsi ad Hanoi, per protesta contro l’intervento americano, senza essere condannata per tradimento. Quindi, finché non dichiareranno ufficialmente di essere in guerra, i nostri governanti potranno sostenere di non aver violato la lettera dell’art. 11. Il diritto è una forma di ipocrisia garantita dallo stato, un riconoscimento in altra forma dei rapporti di forza tra le classi. Eppure miriadi di illusi vedono nella costituzione un baluardo contro la guerra, il fascismo, la corruzione, l’ingiustizia.

Hanno spinto particolarmente per la spedizione i ministri Frattini e La Russa. Quest’ultimo, su Rai 3, nell’intervista domenicale dell’Annunziata, ha ricevuto le lodi di Luttwak, che ha rivelato che il nostro ministro è in costante contatto con Robert Gates. Non avevamo dubbi, i “patrioti” sono i migliori rappresentanti dello Stato Maggiore americano in Italia. Precisiamo, però, che noi denunceremmo senza peli sulla lingua anche il governo borghese più autonomo dagli Stati Uniti, perché ogni autorità borghese, filoamericana o antiamericana, è nemica dei lavoratori.

A una domanda della giornalista sui pericoli che corre l’Italia, Luttwak ha risposto che la Libia non ha armamenti tali da mettere in pericolo il nostro territorio, ma potrebbe catturare cittadini italiani e torturarli. “Le solite cose arabe”, ha aggiunto. Da che pulpito”. Come se non ci fossero mai stati Guantanamo, Abu Ghraib, i rapimenti, le finte esecuzioni e i trapani elettrici della CIA...

Inutile dedicare particolari commenti alle posizioni dei partiti paragovernativi come Pd, UDC, futuristi e dipietristi. La protesta delle Lega, è palese, non deriva da antimilitarismo, ma da ragioni di opportunità politica, visto che Gheddafi era un buon cane da guardia contro l’immigrazione, e un gran rifornitore di petrolio e gas.

La risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, che istituisce la No Fly Zone sulla Libia, dimostra ancora una volta che l’organismo mondiale è un giocattolo nelle mani delle grandi potenze. L’astensione di Cina, Russia, Germania, India e Brasile, demolisce l’illusione che questi grandi stati siano impegnati ad ostacolare seriamente le avventure militari USA, salvo che nelle zone dove hanno interessi diretti, e dimostra che questi paesi sono diretti da mercanti, pronti a vendere volta per volta il loro voto o il loro diritto di veto in cambio di vantaggi ottenuti sottobanco.

Interessante, però, la spiegazione data da “Il corriere della collera”: “Napoleone , durante la battaglia di Austerlitz , a Gioacchino Murat che gli proponeva una carica di cavalleria contro gli austro-russi che stavano dividendo le loro forze, rispose che, quando il nemico sbaglia, non bisogna interromperlo. Lasciò che le separazione avvenisse e dopo attaccò, vincendo la più bella delle sue battaglie. Questa è, a mio avviso, la ragione per cui Cina e Russia si sono astenute persino su una mozione blanda quale la 1973 delle Nazioni Unite, trascinandosi dietro i due più grandi paesi emergenti del mondo quali India e Brasile.”(1)

Anche se fosse quella giusta, questa interpretazione dimostrerebbe una volta di più che i governi di queste potenze sono pronti a sacrificare alle loro esigenze tattiche questo o quel popolo, e che i lavoratori e le masse sfruttate non hanno niente da aspettarsi di positivo da loro.

Le vicende libiche dimostrano pure che Nato, Lega araba, UE, parlamento europeo, sono paraventi dietro cui agiscono le potenze. Quanto al nostro parlamento, è tanto se gli concederanno di ratificare le decisioni già prese in altra sede.

Particolarmente virulento il militarismo di Sarkozy e di Cameron: in cerca di gloria l’arrogante marito di “Carlà”, soprattutto per motivi elettorali, per battere i Le Pen. Cameron, invece, vuol far dimenticare al paese la distruzione del welfare, e da buon Churchill in sedicesimo ha parlato di “lacrime e sangue”. Ma il debito della Gran Bretagna si aggira attorno al 155% del prodotto interno lordo, e mettere le mani su una parte del petrolio libico potrebbe significare rimandare la resa dei conti.

Quanto agli Stati Uniti, la loro decadenza economica, a differenza di quanto avevano pensato molti osservatori, non si traduce meccanicamente in una perdita dell’influenza politica e della pericolosità militare. Chi pensava che l’impegno militare in Afghanistan, in Pakistan, in Iraq – con le truppe regolari o con i contractor – e il costo crescente delle basi all’estero, rendessero impossibile un nuovo intervento USA, si sbagliava. La California è in emergenza finanziaria e altri stati invano cercano aiuti da Washington, il tenore di vita di vaste masse scende ogni giorno di più e la disoccupazione dilaga. Eppure gli USA continuano a dilapidare somme immense nel campo militare, perché l’imperialismo non può tornare indietro. Gli effetti politico–militari della decadenza, presumibilmente, si presenteranno di colpo, con una crisi politica o una aperta sconfitta militare, ma lasciamo agli astrologi fissare la data. Se riusciranno a mettere le mani sul petrolio libico, questa data sarà procrastinata.

L’Italia ha concesso le basi, e per qualche giorno con dichiarazioni mistificanti ha cercato di nascondere la partecipazione ai bombardamenti “democratici” e “umanitari”. Questo semplice fatto elimina tutte le illusioni di coloro che vedevano in Berlusconi quasi un continuatore sia pure minore, di Mattei, un difensore a spada tratta della politica petrolifera dell’ENI. Pochi mesi fa, ad esempio, Marcello Foa scriveva:

“Sebbene il nostro tessuto industriale sia composto soprattutto da piccole e medie imprese, permangono grandi partecipate di Stato come Eni, Enel, le Poste e la stessa Finmeccanica. Bocconi prelibati che fanno gola all’estero, ma che questo governo vuole mantenere italiani; contrariamente al passato. Prodi e Ciampi e Amato e D’Alema erano molto sensibili agli interessi dell’establishment politico-finanziario e dunque a privatizzazioni, in realtà non proprio trasparenti e non sempre nell’interesse nazionale. Eliminando Berlusconi e Bossi, la festa può ricominciare. (Marcello Foa, Giornale on line del 27 novembre 2010; riportato anche da Don Chisciotte 27/11/2010, allegato all’articolo di Gianfranco La Grassa: “Finalmente”).

Nessun dubbio che PD, Casini, Fini e consoci siano proni al volere di Washington, ma Berlusconi è ricattabile, e il voltafaccia sulla questione libica è indicativo. E sarà un disastro per l’ENI e le grandi partecipate dello stato. Se il proletariato non ha patria, la patria del borghese si trova dove ha il portafoglio. Se i suoi interessi sono negli USA, può essere nato e vissuto in Italia, cantare ogni mattina l’inno di Mameli, ma opererà sempre soltanto per il paese dove ha i capitali.

Tra Berlusconi e l’opposizione simulata non c’è un meno peggio da scegliere. I nazionalisti, di vecchia data o neofiti, si illudono che esista ancora una linea di difesa dell’economia nazionale. L’intreccio degli interessi tra le varie potenze imperialistiche è ormai un fatto consolidato, e gli stati, compreso quello superarmato di Washington, non sono i veri protagonisti, ma gli esecutori di queste bande di pirati finanziari che hanno sede a Wall Street, nella City, a Francoforte e a Hong Kong, ecc., che spostano miliardi di dollari da un punto all’altro del pianeta via computer in pochi secondi. Una loro operazione può trascinare nella crisi un paese fino al giorno prima ricco. Le alleanze tra finanzieri, tra multinazionali e tra stati possono cambiare da un giorno all’altro, ed è ridicolo attendersi qualsiasi resistenza a queste svolte da parte di Berlusconi o D’Alema, Casini o Fini o Di Pietro.

Il Tribunale Speciale Internazionale non si smentisce. Togliendo ogni via d’uscita per Gheddafi, ha reso impossibile qualsiasi trattativa, qualsiasi allontanamento incruento, rendendo così inevitabili le stragi, la repressione, la guerra. Una replica della tragedia jugoslava.

Dulcis in fundo – qui il latino è d’obbligo – il Cardinal Bagnasco ha benedetto, in modo “prudente ma convinto” la spedizione militare, suscitando la protesta anche di molti cattolici. Sul Secolo XIX, alcune lettere lo condannano. Ne citiamo due: “un alto generale del re di Roma che stando agli insegnamenti di chi ha sacrificato la sua vita per noi poveri esseri umani, dovrebbe predicare sempre la pace a costo della sua vita, (i martiri cristiani dovrebbero essere un insegnamento) benedice la guerra.” E un altra: “Più o meno quello che avrebbe detto Gesù... o no? Non ricordavo tali equilibrismi diplomatici nei Vangeli. Pazienza, si vede che Gesù è ormai obsoleto e condannato dalla storia.”(2)

21 marzo 2011

NOTE

1) “Libia: Mezzo mondo si allea con Cina, India...”, in ComeDonChisciotte Mar 19, 2011, Fonte: http://corrieredellacollera.com

2) “Messa in cattedrale a Genova - E Bagnasco benedice l’intervento in Libia”, SecoloXIX, 18/3/2011.

Michele Basso

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