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Esperti militari italiani in Libia

Esperti militari italiani in Libia

(21 Aprile 2011) Enzo Apicella
Il governo italiano ha deciso di inviare esperti militari a Bengasi, roccaforte dei ribelli libici

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    (Imperialismo e guerra)

    UN NO! PROLETARIO AD UNA GUERRA PER I PROFITTI

    (25 Marzo 2011)

    Un’altra guerra. Come già accaduto per Kosovo, Afghanistan e Iraq, anche per la Libia si gioca la carta dell’azione “umanitaria”. Si sganciano bombe e si lanciano missili per spirito “umanitario”, per aiutare la popolazione oppressa dal tiranno Gheddafi. Una copertura falsa quanto disgustosa, basti pensare quanti regimi borghesi reazionari e repressivi, almeno quanto quello del “colonnello”, siano sparsi per il mondo; alcuni fanno da sponda ad interessi economici e politici proprio delle nazioni (delle borghesie…) che oggi sostengono la guerra, così come accadeva con il governo libico in passato. Come non ricordare poi gli abbracci e strette di mano che Gheddafi ha ricevuto nel recente passato dal presidente Napolitano e da Berlusconi. Peccato inoltre che di questo sedicente spirito umanitario non se ne veda traccia quando si tratta di varare tagli allo “stato sociale” o scrivere leggi sula precarietà, sull’immigrazione, ecc. ecc
    La verità è che anche la guerra in Libia si combatte per interessi politici ed economici, si combatte per il profitto. Dunque per interessi di classe. Sono infatti le classi borghesi (industriali, banchieri, padroni di ogni genere) a dettare le regole del gioco e a gestire il potere, in Italia come in qualsiasi parte del mondo. Lo stato, il governo, le istituzioni, sono l’espressione politica, burocratica e militare della classe padronale. Quando un governo entra in una guerra lo fa quindi per sostenere degli interessi di classe. Le radici imperialistiche delle operazioni belliche sul territorio libico sono più che evidenti.
    Gli effetti della crisi economica mondiale colpiscono ovviamente anche le economie Mediorientali e Nord Africane. La crisi, unita all’instabilità politica conseguente alle rivolte, da un lato ha messo in pericolo gli interessi strategici-energetici-economici da tempo consolidati delle potenze imperialistiche occidentali presenti nell’area, Italia compresa, dall’altro ha creato le condizioni per tentare di ampliare questi stessi interessi. Un’altra preoccupazione, in particolare statunitense, riguarda la possibile estensione delle rivolte e della crisi in tutta la penisola arabica (Yemen,Oman, Bahrein) se non addirittura in quell’Arabia Saudita che è attualmente il primo produttore al mondo di petrolio e primo fornitore degli Usa.
    Anche le borghesie arabe reclamano maggiori poteri per meglio dominare e controllare l’area mediorientale fondamentale per la questione energetica, con l’Iran sciita e l’Arabia saudita che, militarmente, fanno la guardia attorno ad una pentola in forte ebollizione.
    Agli appetiti e alle strategie delle potenze imperialistiche (con Russia e Cina pronte a partecipare al banchetto) si somma inoltre la lotta interna alla Libia tra diverse fazioni borghesi locali, fino ad oggi sotto il dominio della tribù del colonnello. Una lotta intestina che in particolare si gioca intorno la gestione della rendita petrolifera. C’è quindi in Libia un intreccio di interessi capitalistici, politici ed economici, una lotta dove ogni partecipante borghese gioca le proprie carte, bombe umanitarie comprese.
    Un’altra guerra, che si somma alle altre sparse per il mondo e ad una crisi economica che continua a far sentire tremendamente i propri effetti: precarietà, tagli allo “stato sociale”, licenziamenti, cassa integrazione… Crisi, precarietà, totale incertezza sul futuro, devastazioni ambientali, guerra: il capitalismo ormai non è in grado di offrirci altro. Rendiamoci conto di questo e della necessità di costruire una alternativa a questo sistema economico e sociale, ormai alla frutta. Le rivolte in Nord Africa ci hanno dimostrato quanta forza è capace di mettere in campo la massa proletaria e la possibilità che ha di trasformare in senso rivoluzionario la società. La crisi potrà spingere in futuro verso altre rivolte generalizzate, mettendo in campo un potenziale che potrà dirigersi verso una trasformazione comunista della società solo in presenza di un Partito di classe, un riferimento politico comunista, una avanguardia rivoluzionaria organizzata a livello internazionale. E’ proprio di questo che hanno bisogno i lavoratori, gli sfruttati, i proletari, in Italia, in nord Africa, in Libia, in ogni altra parte del mondo.
    Il nostro NO alla guerra deve essere strettamente collegato ad una ripresa della lotta di classe proletaria e alla costruzione di una prospettiva comunista.

    Il nostro “NO” oggi non fermerà la guerra in Libia - non facciamoci illusioni, visto che siamo costretti a subirne gia’ tante… – questo “NO” assumerà’ valore se si trasformerà in un “No” contro i padroni e contro i profitti. Se sarà un momento di crescita di coscienza di classe e di critica al capitalismo. Spostiamo le proteste sui luoghi di lavoro, fuori le fabbriche, blocchiamo la produzione e la distribuzione delle merci. CONTRO LA GUERRA Colpiamo i Padroni e i loro profitti!

    Partito Comunista internazionalista (Battaglia Comunista)
    i giovani internazionalisti Amici di Spartaco

    Fonte

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