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(16 Marzo 2011) Enzo Apicella
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(Nucleare? No grazie!)

Latte radioattivo in Italia? Si, dal 1900..

(8 Aprile 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

Latte radioattivo in Italia? Si, dal 1900..

foto: www.radiocittaperta.it

08-04-2011/08:09:05---Nel marasma mediatico di questi giorni, tra guerra in Libia, barconi di rifugiati e processi brevi, c’è un argomento che dal momento in cui è avvenuto ha goduto di una vita davvero bizzarra, giornalisticamente parlando.

Sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo all’inizio, via via è andato sparendo con singolare velocità, per non chiamarla fretta, almeno sui quotidiani italiani.

Si tratta naturalmente dell’incidente alla centrale nucleare di Fukushima: chiunque legga i giornali ha potuto notare con quale fretta si sia smesso di parlare dell’emergenza nucleare, a fronte però di un costante aggravarsi della situazione. In parole semplici, più la situazione si fa grave, meno se ne parla, come se questo servisse a far sparire il problema.

Attualmente, salvo rare eccezioni, riceviamo dal Giappone per lo più bollettini di aggiornamento, i quali gia di per sé, per il loro contenuto tanto telegrafico quanto allarmante, meriterebbero ben più spazio sui giornali di quanto non ne abbiano attualmente.

Peraltro, questo succede in un paese che di qui a breve verrà chiamato a pronunciarsi proprio sulla reintroduzione o meno della tecnologia nucleare.

La notizia che probabilmente i media principali non metteranno in evidenza è che l’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, dal giorno dell’incidente alla centrale di Fukushima, ha intensificato la quotidiana attività di rilevazione ambientale, alla ricerca di eventuali tracce di elementi radioattivi riconducibili all’incidente giapponese.

Stando a quanto rivela il sito ufficiale dell’Istituto, le rilevazioni degli ultimi giorni hanno evidenziato la presenza di Cesio 137 e Iodio 131 nell’aria italiana. La presenza dei due isotopi è stata riscontrata anche nel latte a partire dal 30 marzo.

Dunque, la nube radioattiva tanto temuta è passata sul Belpaese lasciano la nostra parte di scorie radioattive?

In realtà non si sa, perché, sempre secondo l’ISPRA, gli isotopi presenti sul territorio italiano non sarebbero direttamente riconducibili all’incidente nucleare giapponese: si tratterebbe invece dello “strascico” di altri eventi nucleari del passato: dei numerosi esperimenti degli anni 60 e addirittura dell’incidente di Chernobyl, le cui tracce ancora si rilevano sul terreno, nell’aria, nell’acqua e anche nel latte di cui ci nutriamo. L’ISPRA sottolinea chiaramente che le tracce rilevate sono talmente deboli da non costituire un rischio radiologico, ma questa affermazione porta comunque a fare delle riflessioni.

Volendo prendere per buona l’affermazione che le tracce provengono da altri eventi e altre epoche, come mai solo ora ne veniamo a conoscenza? Se le rilevazioni vengono effettuate con frequenza giornaliera, è plausibile pensare che le tracce trovate il 30 marzo ci fossero anche il giorno prima? O un mese prima? O anche un anno? Delle due l’una, o le rilevazioni tanto sbandierate vengono condotte con allarmante superficialità, oppure gli isotopi provengono davvero dal Giappone e, seppur deboli, sono già diffuse nell’aria e nel terreno. E ci sarebbe di cui preoccuparsi in entrambi i casi.

E in ultima analisi, per quanto deboli siano queste tracce, di cui peraltro sembra evidente un aumento, siamo sicuri di voler continuare ad utilizzare una tecnologìa le cui tracce, in caso di incidenti e perdite nell’ambiente, si ritrovano nel territorio per anni e anni (nel caso degli esperimenti, addirittura mezzo secolo fa) e di cui ci accorgiamo solo in caso di un altro incidente?

Pablo Castellani, Radio Città Aperta

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