">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Capitale e lavoro    (Visualizza la Mappa del sito )

La fatalità dominante

La fatalità dominante

(26 Novembre 2011) Enzo Apicella

Tutte le vignette di Enzo Apicella

PRIMA PAGINA

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Di lavoro si muore)

Per i padroni la morte degli operai è la vita del capitale

Sulla morte di Raffaele lavoratore della Greta di Schio

(10 Aprile 2011)

Proletari!

Cosa segna oggigiorno l’aumento dello sfruttamento indiscriminato degli operai e il continuo e progressivo peggioramento delle loro condizioni di vita e di lavoro? Purtroppo non sono solo i bassi salari e gli aumenti da fame, l’incremento della precarietà e della flessibilità, l’innalzamento dei ritmi e degli orari lavorativi, l’incertezza crescente legata alle pensioni e alle liquidazioni, i tagli spregiudicati alla sanità e allo stato sociale. Ma anche e soprattutto la sempre più massiccia carneficina degli omicidi sul lavoro e delle malattie cosiddette “professionali”.

Nella sola provincia di Vicenza ci sono stati nel corso dell’ultimo anno numerosi “incidenti” l’ultimo in ordine di tempo si è verificato giorno 4 aprile 2011, al giovane lavoratore della GRETA di Schio. Rimanere uccisi a causa delle tremende condizioni che il capitalismo impone ai salariati sembra essere la normalità ottocentesca che in Italia conta sempre i suoi 4 morti al giorno (sono ufficialmente più di 1300 l’anno, senza contare tutti i casi non denunciati relativi al lavoro sommerso e in nero).

Le statistiche dimostrano che precari e giovani, donne e stranieri, sono le categorie di lavoratori più esposte agli “infortuni”. Dunque, sono sempre i proletari peggio pagati, più deboli e ricattabili, a rischiare la pelle con più frequenza. Non a caso, in Italia all’eccessivo e cronico numero di morti da lavoro corrisponde un salario medio tra i più bassi in Europa, e che negli ultimi 5 anni è aumentato solamente di poco più del 10%. Come mai allora si parla solo adesso dell’allarmante questione salariale e del conseguente potere d’acquisto dei lavoratori dimezzatosi in pochi anni? 

Non è tutto però: al risparmio sui salari, i padroni d’azienda aggiungono il risparmio sulla manutenzione degli impianti produttivi e sui costi per la sicurezza e la salute negli ambienti lavorativi, che per lor signori sono spese improduttive. Così gli inadeguati investimenti nella sicurezza non possono che rispondere alla logica del mercato, secondo cui per il capitalista questi costi non hanno ritorno, non generando infatti alcun profitto. Allora ecco che più le condizioni lavorative e salariali sono precarie e ridotte, insicure e insalubri, più la manodopera è ricattabile e costretta ad accettare lavori pericolosi, dai ritmi e dagli orari sfiancanti. Meno la classe operaia è in grado di far sentire la sua voce, più il capitalismo è messo nelle migliori condizioni per funzionare a completo servizio del profitto, con un consistente risparmio di capitale costante nella messa in sicurezza dei luoghi di lavoro.

Quale maggiore “prevenzione” e “formazione”, quale maggiore “controllo” e migliore “applicazione delle leggi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro” per cercare di limitare le dimensioni di questo massacro nelle fabbriche, nei cantieri e in ogni ambiente lavorativo? Questi sono i soliti rimedi proposti da sindacalisti e politicanti che con lacrime da coccodrillo non vanno alle radici del problema e parlano spesso solo di “tragiche fatalità e di negligenze”, nascondendo volutamente che questa è invece la terribile e quotidiana realtà del capitalismo, con la sua logica del profitto e dell’immancabile “riduzione dei costi”!

Proletari!

I capi sindacali delle tre confederazioni, assieme ai politici e agli alti papaveri istituzionali, continuano a ripetere alla noia che “non è più tollerabile questo continuo stillicidio e che ognuno deve assumersi le proprie responsabilità”. Lo facciano loro per primi allora, che spalleggiando servilmente il padronato sono da decenni i garanti della competitività italica sul mercato mondiale, contribuendo a loro volta al pauroso abbassamento del costo del lavoro e dunque del salario reale e delle stesse condizioni di vita e di lavoro degli operai, che giornalmente si confrontano sempre di più con quelle dei proletari dell’est e del sud del pianeta.

In regime capitalistico anche il lavoro umano è una merce come tutti gli altri “beni prodotti”, ma una merce che in un mondo “globalizzato” senza più barriere è sempre più abbondante e per questo motivo viene scambiata ad un prezzo sempre più basso. Nel capitalismo dunque si “produce” sempre più pure la forza-lavoro, e a costi sempre minori. Per essere concorrenziali con il capitalismo cinese o indiano occorre sfruttare così a ritmo cinese e indiano i proletari europei e a maggior ragione quelli italiani, abbassando la soglia di sicurezza e di conseguenza continuando ad ammazzare operai indiscriminatamente. Quella della competitività delle merci è una legge economica, di fronte alla quale cozza ogni "rivendicazione" a tavolino proposta dai bonzi sindacali di Cgil-Cisl-Uil e diventa insopportabile l'abbraccio mostruoso fra i proletari che sopravvivono e le "autorità addolorate per l’ennesimo incidente”.

Chi oggi vuole ancora coinvolgere la classe lavoratrice nell’ipocrita cordoglio nazionale per le continue vittime del lavoro e ad essa vuole inoltre far credere che la soluzione della “questione degli infortuni” è quella socialmente pacifica di limitarsi a reclamare più sicurezza, il rispetto delle leggi, maggiori controlli, più formazione e “cultura della prevenzione”, sono coloro i quali (sindacati confederali e partiti più o meno di “sinistra”) da anni “concertano” con il padronato la svendita degli interessi di classe e delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari. Sono proprio loro i corresponsabili dell’acuirsi dello sfruttamento e dell’incessante spargimento di sangue degli operai!

D’altronde, è con i rinnovi contrattuali al costante ribasso e con le drastiche riforme strutturali dello stato sociale e del mercato del lavoro che i presunti difensori e rappresentanti dei lavoratori fanno incassare ai padroni il più possibile, salvaguardando in tal modo non gli interessi dei salariati ma i profitti delle aziende che alimentano l’economia nazionale.

Proletari!

Non è di certo con le blande e disarmanti iniziative di “lotta” promosse dalla triplice Cgil-Cisl-Uil che potete costringere i padroni a mettere in atto le misure necessarie alla sicurezza nei luoghi di lavoro e a far disporre l’opportuna manutenzione dei macchinari e degli impianti produttivi. Non è con gli scioperi farsa, articolati e sterili, e peggio ancora con le fiaccolate, che potete guidare la protesta rivendicativa contro “le morti bianche e gli infortuni”. Non è con la democratica pace sociale, supportando gli inutili tavoli di intesa tra autorità e parti sociali e confidando nelle commissioni parlamentari che sfornano continuamente inutili decreti, che riuscirete ad imporvi per una limitazione del problema degli omicidi e delle mutilazioni sul lavoro.

Queste “disgrazie” infatti sono connaturate al capitalismo, sono degli “inconvenienti sociali” la cui incidenza è collegata alla legge del profitto: anzi, le morti da lavoro e le malattie “professionali” sono una delle condizioni di esistenza e di rischio sociale proprie del capitalismo stesso.

Come state sperimentando sulla vostra pelle, e sull’onda delle sempre più acute e ricorrenti crisi economiche (e borsistiche) che minano il cuore del capitalismo, ogni governo che si alterna, meglio se sinistro e “amico”, per salvaguardare l’economia nazionale e la sua competitività sul mercato mondiale (leggi: interessi e profitti aziendali!) continua a sottoscrivere con questi sindacati accordi e riforme capestro sulla moderazione salariale, sugli straordinari, sulla flessibilità e la precarietà, sul contenimento della spesa previdenziale e sanitaria. Sono quindi proprio coloro che continuano a colpirvi e a controllarvi, ad agevolare e ad approfondire il vostro sfruttamento, dimostrandosi i migliori difensori e puntelli del sistema economico e politico capitalistico, e che assieme ai padroni vi vogliono silenziosi ed obbedienti in fabbrica, divisi e disorientati nelle vostre lotte, prigionieri delle solite e pacifiche “regole del confronto democratico”, deboli e ricattabili quando sul lavoro rischiate la vostra vita giornalmente o quando si minacciano i vostri posti di lavoro con le frequenti ristrutturazioni e delocalizzazioni. 

Proletari, compagni!

Il capitalismo vi vuole dunque gli uni contro gli altri e in costante concorrenza tra di voi, anche quando a morire o ad invalidarsi sono i vostri compagni di lavoro. Ovviamente, nulla viene fatto invece per l’unità della classe operaia da parte di quelli che a parole dicono di “difendervi” e poi nei fatti “concertano” i soliti sacrifici sulla pelle di chi lavora e vive di solo salario.

Allora, unitevi ed organizzatevi sulla base di obiettivi comuni e chiari contro chi vi sfrutta e vi imbroglia!

Battetevi per forti aumenti salariali (maggiori per le categorie peggio pagate) e non per le solite elemosine; rivendicate la riduzione della giornata lavorativa, opponendovi alle continue richieste padronali di straordinari; reclamate migliori condizioni di lavoro, denunciando soprattutto i rischi e i pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Diffidate anche di quanti vi dicono che l’unica via di “lotta” da seguire è quella dei processi e della giustizia borghese, che alla fin fine punirà i responsabili delle morti da lavoro e delle malattie professionali (il caso del Petrolchimico di Marghera ne è, assieme ad altri, un beffardo esempio).

Cercate di chiamare alla lotta tutte le categorie di tutte le aziende (senza distinzioni tra occupati e disoccupati, precari e stranieri), con scioperi improvvisi e decisi ad oltranza, e riuscirete ad ottenere unità e forza, solidarietà e coscienza.

Contrapponetevi ai dirigenti sindacali che frantumano le lotte, che indicano obiettivi in difesa delle aziende, dell’economia nazionale e dello Stato, che rifuggono dall’uso di classe dell’arma dello sciopero, che favoriscono la divisione degli operai con la crescente differenziazione dei salari e dei contratti, che si alleano coscientemente o non con i padroni, con i borghesi, col loro stato di oppressione e sfruttamento.

Combattette questa drammatica e concreta realtà, in cui vi si opprime e vi si uccide in nome del profitto, e la cui responsabilità cade sulle spalle di tutti coloro i quali continuano a negarla o a nasconderla!

Partito Comunista Internazionale Schio (VI)

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Notizie sullo stesso argomento

Ultime notizie del dossier «Di lavoro si muore»

Ultime notizie dell'autore «Partito Comunista Internazionale»

5629