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SCIOPERO GENERALE. come, quando, con chi, perché. Una prima riflessione.

Verso lo sciopero generale del 15 aprile

(13 Aprile 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

Di sciopero generale in questi ultimi tempi si è parlato parecchio e ne sono stati indetti diversi. Rimanendo solo al 2011: il 28 gennaio dalla Fiom (orfana della CGIL) per i soli metalmeccanici, ma esteso a tutte le categorie dalla Confederazione Cobas; l’1 marzo lo sciopero generale dei lavoratori immigrati; l’11 marzo lo “sciopero generale” di USB, Slai Cobas, Unicobas, Snater; il 15 aprile lo “sciopero generale” di CUB, Comitato Immigrati, SI Cobas; il 6 maggio lo “sciopero generale” della CGIL di ben ... 4 ore.

Un primo dato, al di là dei trionfalismi dei comunicati di stampa degli organizzatori e all’usuale moltiplicazione per “n” volte del numero degli scioperanti e dei partecipanti alle manifestazioni, ciascuno di questi scioperi non è stato, né è in grado, di fermare: l’offensiva di Marchionne alla Fiat, il dilagare di accordi contrattuali separati sempre più a perdere (ultimo il Commercio) e la politica razzista, antiproletaria e guerrafondaia del governo.

In nessuna di queste occasioni l’Italia è stata effettivamente paralizzata, né governo e padroni hanno dovuto fare realmente i conti con la mobilitazione in piazza. Ma, soprattutto, la mobilitazione espressa nelle varie scadenze di sciopero, limitata ma non disprezzabile, non è proseguita nei posti di lavoro, né si è trasmessa e ampliata nelle scadenze successive.

Continuiamo così facendo finta di niente? Ci basta “piantare la bandierina” di aver fatto il “proprio” sciopero raccontandoci che è stato più grande di quello indetto dagli altri? Riteniamo che l’offensiva governativa e padronale, che la devastante crisi economica/finanziaria in corso, accompagnata dall'ennesima guerra imperialista, ora di aggressione alla Libia, possano essere contrastate così?

Noi pensiamo di no!

Noi partiamo dal presupposto che un’opposizione alla “lotta di classe” di governo e padroni, alla guerra, non possano ottenere risultati positivi proclamando “scioperi generali” che generali non sono, indicendoli separatamente con tempi e modalità differenti dettati da logiche di organizzazione e di primeggiamento della propria sigla, senza innervarsi nei posti di lavoro quale resistenza permanente e collegata nazionalmente.

Pensiamo pure che nessuna categoria da sola, oggi, abbia la forza di controvertire gli esiti contrattuali, ottenendo risultati positivi per i lavoratori (salario – diritti) e di opporsi alla dinamica degli accordi separati che generano pesantissime ripercussioni negative sulla vita e sulle condizioni di lavoro dei proletari.

Non pensiamo neppure che si possa realisticamente supporre che la CGIL scenda “veramente” in campo, con un “vero” sciopero generale; dal momento che, solo a chi non vuol vedere non è chiaro che lo sciopero di 4 ore previsto per il 6 maggio (e perché non a Ferragosto?) non è un primo passo per portare ad una mobilitazione successiva più ampia, ma lo sfogatoio per far esaurire e sfiatare le spinte interne alla CGIL e alla FIOM per una mobilitazione.

Così come è chiaramente da respingere il tentativo, neppure troppo mascherato, di usare l'eventuale mobilitazione per ripristinare la passata concertazione (che ha prodotto le attuali condizioni) come fa la CGIL, di cui è evidente la volontà di trovare il modo per risedersi ai tavoli concertativi assieme a CISL e UIL.

Oggi, in una situazione che non vede estese mobilitazioni spontanee bloccate dai sindacato confederali, che impongano un reale sciopero generale, il percorso verso un “vero” sciopero generale, degno di questo nome, non può che partire dai posti di lavoro, dal basso.

Non è una questione di “forme di organizzazione” dello sciopero, ma l’odierno balbettio della lotta di classe da parte dei lavoratori, ci impone innanzitutto di collegare tra di loro tutti i momenti e le lotte di resistenza nei posti di lavoro, coinvolgendoli in una rete di veri e propri “comitati di sciopero”, che si pongano nell’ottica di coniugare la resistenza specifica nelle aziende e/o nelle categorie, alla mobilitazione più generale contro governo e padroni, contro le loro politiche anticrisi, razziste e guerrafondaie.

Una rete, necessariamente anticoncertativa, che si sappia aprire al sociale, agli organismi di lotta sul territorio, ai comitati per la difesa della salute e del territorio, alle espressioni di lotta in difesa di esigenze parziali e specifiche di settori di lavoratori (es. la casa), ai lavoratori immigrati (facendo propria la loro battaglia per i diritti a partire dal permesso di soggiorno).

Chiediamo, quindi, ai comitati di lotta, ai lavoratori e ai delegati più combattivi, di impegnarsi per cominciare a costruire una mobilitazione comune e collettiva, che prescinda dall’iscrizione a questo o quel sindacato, che si prefigga di costituire una rete nazionale per la difesa delle proprie condizioni di vita e di lavoro (con rivendicazioni e piattaforme comuni nei posti di lavoro) e per lo sciopero generale.

Per riuscirci è necessario rompere gli indugi e gli attendismi, ma soprattutto cominciare a cercare di imporre ai “sindacati di base” che:

1. non ci siano più proclamazioni di sciopero “generale” differenziate, ma una unica e collettiva di “sindacati di base”, organismi di lotta, ecc. che dia il senso della volontà di unità e mobilitazioni collettivi a prescindere dalle reciproche differenze.

2. che le scadenze di “sciopero generale” siano precedute e seguite da iniziative comuni nei posti di lavoro (contro contratti e accordi a perdere, in opposizione alla ristrutturazione, ecc.).

Per questo, per aprire questo discorso, perché non ci sta bene l’andazzo che da anni si segue con scioperi autoreferenziali o aspettando che la Cgil faccia qualcosa, invitiamo a:

1. Partecipare allo sciopero del 15 aprile 2011, utilizzandolo quale momento per cominciare a praticare questa impostazione.

2. Indire il prossimo 1° maggio manifestazioni e/o iniziative comuni, indipendenti, contro la politica di governo e padroni, contro la guerra.

3. Spingere perché tutto il “sindacalismo di base” proclami collettivamente, assieme alle realtà dei posti di lavoro e sociali, 8 ore di sciopero generale il 6 maggio, in modo da consentire una reale mobilitazione e scompaginare i giochi di chi vuole far defluire l’esigenza e la necessità di lotta.

12 aprile 2011

S.I. Cobas

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