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Libia. Il silenzio della voce del padrone

Libia. Il silenzio della voce del padrone

(5 Ottobre 2011) Enzo Apicella

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    Libia

    (23 Aprile 2011)

    anteprima dell'articolo originale pubblicato in ciptagarelli.jimdo.com

    Libia

    foto: ciptagarelli.jimdo.com

    Come trasformare una “missione militare cinetica” – che non è una guerra – in una specie di fase finale, falsificando una risoluzione delle Nazioni Unite che a quanto pare è stata approvata per minimizzare una minaccia umanitaria? Si scrive un articolo d’opinione grossolano, basta chiedere ai Tre Amici – il presidente degli Stati Uniti Barak Obama, il primo ministro britannico David Cameron e il neo/napoleonico presidente francese Nicolas Sarkozy.

    In un articolo congiunto pubblicato venerdì scorso, i Tre Amici insistevano sul fatto che non vogliono cacciare Muhammar Gheddafi dalla con la forza. Ma ribadivano anche che si continuerà ad insistere a portare la democrazia con le bombe (a quanto pare per proteggere i civili che vogliono la democrazia). E così continueranno, perché Gheddafi deve “andarsene e per sempre”.

    Così è diventato il mandato dell’ONU. Così è diventato il vero cessate il fuoco. L’Occidente “istruito” e la sua coalizione dei semi-disposti non realizza tregue, anche se le nazioni del BRICS – le principali potenze emergenti Brasile, Russia, India e Sudafrica – hanno ufficialmente condannato i bombardamenti ed hanno fatto appello alla inevitabile riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

    Il presidente russo Dimitri Medvedev ha accusato la minuscola coalizione dei semi-disposti e la NATO di essere il braccio armato dei “ribelli”. Nelle sue parole “le forze dell’ONU dovrebbero aiutare a separare le parti e in nessun caso dovrebbero aiutare una di esse”.

    Per quello che riguarda Washington, Londra e Parigi, tutto ciò è irrilevante. Ora è ufficiale. I bombardamenti continueranno finché Gheddafi verrà rovesciato. Benvenuta la Missione Cambio di Regime.

    La storia si ripete

    Non è una sorpresa che salti fuori che la risoluzione dell’ONU sia una farsa – così come la fabbricata “rivoluzione” libica, che è stata orchestrata principalmente dai servizi segreti francesi, dal MI6 britannico e dalla CIA degli Stati Uniti da quando il capo del protocollo Nuri Mesmari disertò a Parigi nell’ottobre 2010.

    Gli esiliati truffatori abbondano, dalla rete appoggiata dai britannici del principe Mohamed el-Senoussi, esiliato attualmente a Londra, a Khalifa Hilter, un agente della CIA esiliato fino a poco tempo fa a Langley, Virginia, ed autoproclamato “comandante militare” dei “ribelli”.

    I “ribelli” aspettano ora che la zona di esclusione aerea ampliata tranquillamente dalla NATO diventi – grottescamente – un canale di fornitura di armi; una riedizione nel Secolo XXI dell’armamento dei mujahiddin in Afrganistan negli anni Ottanta, in cui Gran Bretagna, Francia e Qasar giocano il vecchio ruolo che è stato allora di Arabia Saudita, Pakistan e Stati Uniti.

    E ci saranno scarponi (occidentali) sul terreno – più prima che poi – come già ci segnalano i mezzi di informazione atlantistici.

    Il prossimo ed etico capitolo: una colonna di gloriosi carri armati Abrams M1 prende Tripoli alla maniera della cavalleria e la miscela dei “rivoluzionari” riceve una bagno di fiori (“Se vai/ in Tripolitania/ assicurati di portare/fiori nei tuoi capelli”). Non ha funzionato a Bagdad nel 2003 sotto il patrocinio neoconservatore; può darsi che funzioni a Tripoli sotto l’imperialismo umanitario.

    Con i “ribelli” sotto incantesimo, stile Lucy in the sky with diamonds, non è sorprendente che sia fallita la missione dell’Unione Africana (UA) che cercava di ottenere un cessate il fuoco.

    Quello che questi ribelli con una causa non sanno è che prevarrà la causa dei loro padroni. Sono “ribelli” di scarto, come quelli della Contra in Nicaragua e i mujahiddin afgani.

    Portami in Somalia

    Non sorprende che il tema apocalittico del momento sia la “Somalia”. Il 2 marzo la segretaria di Stato Hilary Clinton avvertì che la avrebbe potuto diventare “una gigantesca Somalia”. Il 30 marzo, l’ex ministro degli esteri ed attuale apprezzato disertore Mousa Kusa disse che temeva una guerra civile, in cui “la diventerebbe una nuova Somalia”.

    L’Intervento umanitario dell’AFRICOM (1), e poi della NATO, crea davvero le condizioni di una Somalia. Il muro di sfiducia tra il regime di Gheddafi e i “ribelli” è insuperabile e sicuramente degenererà in una Somalia.

    La repressione di Gheddafi contro ciò che è stato sostanzialmente un golpe militare trasformato in ribellione armata è stata certamente brutale. Ma questo mai ha giustificato la definizione di genocidio – ma è stato sufficiente per giustificare una R2P (“responsabilità di proteggere” in inglese). Con lo stesso metro, l’ONU dovrebbe votare una zona di esclusione aerea imposta dalla NATO se la Cina minacciasse di reprimere un’insurrezione in Tibet.

    E francamente, l’imposizione della R2P attraverso i bombardamenti è una barzelletta crudele, tragica. Ancor più se si paragona con la mancanza di reazione dell’ONU – e della NATO – davanti ad un vero massacro: la dura repressione di Saddam Hussein nel 1991 contro le massicce ribellioni nel nord e nel sud dell’Iraq, quando più di 200.000 persone furono davvero assassinate, non alcune migliaia – a quanto si presume – come in .

    In Iraq nel 1991 Washington incitò clamorosamente gli sciiti a ribellarsi contro Saddam – così come la CIA aiuta attualmente i “ribelli” libici contro Gheddafi. Ma, nell’ora della verità, Washington non fece assolutamente nulla. E, come colmo, in effetti c’era una zona di esclusione aerea (gli statunitensi la sospesero perché gli aerei con l’artiglieria di Saddam potessero massacrare tranquillamente gli sciiti). Una farsa, una farsa, una terribile farsa.

    I piani del Pentagono

    Per quel che riguarda il Pentagono, Gheddafi è un grave fastidio. Blocca il “progresso” dell’AFRICOM; ha in mano un pezzo strategico del Mediterraneo, e ha stretto accordi con la Cina.

    Come nazionalista a tendenza panafricana, che permette alla Cina l’accesso al Mediterraneo, è la più grande calamità per i piani dell’AFRICOM di militarizzare l’Africa a beneficio degli USA.

    Quindi il meno che si possa fare è isolarlo.

    Ma la caduta di Gheddafi non è una priorità. Il Pentagono preferirebbe trattare – o non trattare – con un Gheddafi messo alle strette in una Tripolitania impoverita che affrontare una potente, unita, che nel futuro potrebbe opporsi ai disegni imperiali occidentali.

    Il Pentagono “vota” per la balcanizzazione.

    Per il momento il Pentagono – attraverso l’AFRICOM e la NATO – si occupa solo della Visione Generale per aria e mare e subappalta le possibili operazioni di terra agli accoliti europei. Le cose vanno bene – come nella divisione del Sudan – ed è possibile lo scenario sonalo in . Quando gli scarponi arriveranno a terra, saranno forniti dagli accoliti europei; vedasi l’esempio francese in Costa d’Avorio.

    Quello che ci aspetta potrebbe essere ancor più ingarbugliato. La NATO come braccio armato dell’ONU è già una realtà sul terreno.
    Se la NATO si libera di Gheddafi, il prossimo obiettivo è la Siria. Così come la permette l’accesso al Mediterraneo sud al commercio cinese, la Siria permette all’Armata russa l’accesso al Mediterraneo orientale.

    I piani di Pentagono/NATO/AFRICOM sono e continueranno ad essere gli stessi. Impedire una vera emancipazione del mondo arabo.
    Impedire una vera emancipazione e unità dell’Africa. Nonostante tutti i suoi gravi difetti come governante, Gheddafi costituiva un cattivo esempio. Prima dello spaventoso ricatto del Fondo Monetario Internazionale ai paesi africani poveri, Gheddafi aveva finanziato progetti di sviluppo africani.

    Non si tratta della , per niente. E’ il messaggio all’Africa delle élites che governano a Washington – e delle loro satrapie a Londra e Parigi: Vogliamo il soggiogamento militare completo dell’Africa e il controllo delle materie prime africane. Se continuerete facendo accordi con la Cina, questo è ciò che vi succederà. Con la NATO come Robocop globale niente ci può fermare, con o senza cambio di regime, ma sempre sotto la copertura della farsa.

    20.4.2011

    (1) Africa Command del Dipartimento della Difesa statunitense

    (traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli” Via Magenta 88 Sesto S.Giovanni MI)

    Pepe Escobar – atimes.com

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