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    (Imperialismo e guerra)

    Una sporca, sporca guerra

    (26 Aprile 2011)

    anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

    E’ deciso, il governo ha detto sì al comandante in capo, al signore della guerra Barack Obama. Anche l’Italia bombarderà la Libia. Può darsi che Berlusconi, come al solito, si autosmentisca - ci siamo abituati - ma si tratta di inchiostro di seppia sparso per confondere le idee agli elettori, perché l’impegno con gli USA è stato preso.

    Berlusconi era rimasto un po’ defilato, non aveva appoggiato in pieno le forze dell’Asse franco- Inglese. Temeva che le forniture di gas e petrolio, alle quali l’Italia finora aveva avuto un accesso privilegiato, sarebbero state accaparrate dai due imperialismi europei militarmente più potenti. Probabilmente Obama lo ha rassicurato, promettendo una “equa” partecipazione ai frutti della rapina ai danni del popolo libico. Sia chiaro che ad Obama, Sarkozy, Cameron e Berlusconi, dei cittadini di Misurata o di Bengasi importa ben poco: sono carne da cannone da esibire di fronte all’opinione pubblica per dare un’apparenza di “guerra giusta” al loro intervento. L’unico modo di proteggerli era armare la popolazione, ma un popolo armato è uno strumento troppo indocile per i pretesi “liberatori”. E i loro capi, ex collaboratori di Gheddafi, non vedono l’ora di liberarli ...anche delle poche armi che hanno. Puntano tutto sull’intervento imperialista.

    Le guerre imperialistiche non nascono da alti ideali, sono guerre di rapina. Più giornalisti hanno messo in rilievo che uno dei motivi dell’attacco alla Libia è da ricercare nella volontà di impadronirsi dei fondi sovrani libici. Manlio Dinucci scrive: “I fondi sovrani gestiti dalla Libyan Investment Authority (Lia) sono stimati in circa 70 miliardi di dollari, che salgono a oltre 150 se si includono gli investimenti esteri della Banca centrale e di altri organismi. Ma potrebbero essere di più. Anche se sono inferiori a quelli dell'Arabia Saudita o del Kuwait, i fondi sovrani libici si sono caratterizzati per la loro rapida crescita. Quando la Lia è stata costituita nel 2006, disponeva di 40 miliardi di dollari. In appena cinque anni, ha effettuato investimenti in oltre cento società nordafricane, asiatiche, europee, nordamericane e sudamericane: holding, banche, immobiliari, industrie, compagnie petrolifere e altre.”(1) Una manna per paesi sull’orlo del fallimento finanziario come Gran Bretagna e USA.

    Scrive A. Cockburn: “In base all'articolo russo intitolato “Bombardamenti in Libia – La punizione per Gheddafi per il suo tentativo di rifiutare i dollari USA”, Gheddafi ha davvero fatto una mossa altrettanto temeraria: ha cominciato a rifiutare i dollari e gli euro e ha chiamato a raccolta gli arabi e le nazioni africane per usare una nuova divisa, il dinaro d'oro. Gheddafi aveva suggerito di formare un nuova Africa unita, un continente con 200 milioni di abitanti che usano la stessa moneta... L'iniziativa era malvista dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea, con il presidente francese Nicolas Sarkozy in prima linea nel definire la Libia una minaccia per la sicurezza finanziaria dell'umanità...” (2) Saddam si era limitato a rifiutare i dollari e a vendere il petrolio in euro.

    Questo in parte spiega perché l’attacco è avvenuto qui e non in Bahrein o in altre zone dove la repressione è altrettanto feroce.

    Cosa possiamo fare qui in Italia? Denunciare l’imperialismo di casa nostra, che per di più è alleato con gli imperialismi più virulenti e devastatori del mondo. Segnalare la rapina delle ricchezze del sottosuolo, e non solo quelle. Mettere in rilievo che i “liberatori” impiegano bombe che uccidono indiscriminatamente soldati, donne bambini – solo un idiota, dopo le esperienze di Jugoslavia, Afghanistan e Iraq, può credere alla favola delle bombe intelligenti che scelgono solo obiettivi militari – e rilasciano sostanze radioattive. Mostrare la sfacciata concorrenza che le potenze si fanno, sotto il frusto mantello della difesa della democrazia, dei valori dell’occidente, della civiltà. E dobbiamo fare pressione sui sindacati, almeno su quelli non di regime, perché reagiscano alla guerra con lo sciopero.

    Non amiamo certo Gheddafi, che ha favorito lo sfruttamento indiscriminato in Libia di masse ingenti di immigrati, egiziani, tunisini, o dell’Africa sub sahariana, e persino cinesi, senza diritti e senza tutele, e in più si è prestato a fare il cane da guardia al servizio del governo italiano, isolando in campo di concentramento i migranti che s’apprestavano a raggiungere le coste italiane. Che non esita a sparare sulla folla, e probabilmente “spara italiano”, visto che l’Italia è uno dei maggiori fornitori di armi. Dicono che usi cluster bomb, ma chi gliele ha fornite, se non il civile occidente, che vorrebbe limitarne l’uso all’Afghanistan, dove aerei senza pilota, sulla base di piani definiti nel centro di comando di Tampa in Arizona, ne sganciano in grande quantità?

    La connivenza del regime di Gheddafi con l’imperialismo si infranta perché quest’ultimo ha un imperioso bisogno di fare cassa, di salvarsi dal default che ormai incombe con la più classica delle operazioni predatorie. La guerra ha l’appoggio di tutte le forze della borghesia, sempre più unita - al di là delle clownesche contrapposizioni parlamentari sulle feste del premier o sui golpe che ogni settimana il governo e le opposizioni di princisbecco si accusano reciprocamente di preparare – nell’appoggio a una guerra vile e dispendiosa. Assisteremo ancora una volta al vecchio ipocrita rito dell’unione sacra per la patria e la libertà. Nessuno speri che dal parlamento venga una qualsiasi parola di lotta alla guerra.

    Noi dobbiamo procedere sulla linea di Karl Liebknecht: il nemico principale si trova nel proprio paese.

    26 aprile 2011

    Note

    1) Manlio Dinucci, Fonte: www.ilmanifesto.it, 22.04.2011. Ikram Ghioua, “200 Miliardi fanno correre Londra e Parigi”, Fonte: www.lexpressiondz.com Link : http://www.lexpressiondz.com/article/2/2011-04-21/88554.html, 21.04.2011. Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da Mimi Moallem.

    2) Alexander Cockburn, “Cosa sta veramente succedendo in Libia”, www.counterpunch.org, ComeDonChisciotte, 17 aprile 2011.

    Michele Basso

    Fonte

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