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(30 Aprile 2011)
Le stagioni non sono più quelle di una volta, sulle alture dell'Himalaya. Prendiamo il caso del Darjeeling, regione orientale della catena dell'Himalaya, tra l'India settentrionale e il Nepal. A sentire la gente del luogo, negli ultimi decenni i torrenti portano sempre meno acqua, i raccolti diminuiscono, gli alberi cominciano a fiorire prima del solito... E quello che detto così può passare per luogo comune, empirica osservazione di agricoltori locali, corrisponde alla perfezione a una mole crescente di studi scientifici sull'impatto del cambiamento globale del clima. La catena dell'Himalaya è tra le regioni del pianeta più studiate dagli scienziati del clima, e dove gli effetti del riscaldamento globale sono considerati più visibili - si pensi allo scioglimento dei ghiacciai. Ora, due biologi hanno provato a studiare la cosa attraverso la percezione degli abitanti della zona: la rivista statunitense Science riferisce della loro ricerca sotto il titolo «Guardare il cambiamento del clima attraverso gli occhi di un agricoltore».
È la più ampia ricerca del genere mai compiuta. I due biologi (Kamaljit Bawa dell'Università del Massachusetts, Boston, e il suo dottorando Pashupati Chaudhary) hanno intervistato 250 famiglie in 18 villaggi himalayani nel Darjeeling tra i 2000 e i 3000 metri sul livello del mare. Non hanno fatto domande dirette sul clima, che avrebbero potuto dare risposte distorte, ma piuttosto sulle loro abitudini di agricoltori, e come sono cambiate negli ultimi 20 anni. Poi hanno aggiunto domande su circostanze specifiche (e quantificabili, come la frequenza della siccità o le temperature medie). Hanno ottenuto risposte circostanziate. Un gruppo di donne ad esempio dice che per tutta la vita avevano lavato i contenitori del cibo ogni 3 o 4 giorni, ma ormai si rendono conto di doverli lavare ogni 2 giorni: qualche grado in più di temperatura fanno andare a male gli alimenti più in fretta. Tutti parlano di primavere precoci e di estate più calde. Si lamentano delle zanzare: a quelle altitudini una volta non c'erano. Inoltre, gli abitanti notano che piante comuni della zona, come i rododendri, ora crescono più in alto, in zone più fredde, mentre altre specie sono scomparse. Osservazione corroborata da fior di studi su come piante e animali hanno risposto al clima più tiepido (spesso «emigrando» ad altitudini o latitudini più alte).
Tra gli intervistati «c'è la diffusa sensazione che il clima sta diventando più caldo, le fonti d'acqua si stanno prosciugando, l'inizio dell'estate e del monsone si è anticipato negli ultimi 10 anni e sulle montagne c'è meno neve di prima», scrivono i due biologi nel loro resoconto (su Biology Letters). Notano che gli abitanti sono consapevoli anche di cambiamenti nella biodiversità. «La gemmatura e la fioritura degli alberi anticipata, la presenza di parassiti agricoli e di piante infestanti, le zanzare». Notano poi che «la gran parte delle percezioni locali è conforme ai dati scientifici», e aggiungono: «Il sapere locale può essere raccolto in modo rapido ed efficiente con mezzi sistematici», e le osservazioni locali sono di importanza fondamentale: perché «il riscaldamento globale non è descrivibile semplicemente come un aumento universale delle temperature, e i suoi effetti possono variare da regione a regione», fa notare Bawa. Dunque il sapere locale «può aiutare i ricercatori sul clima e sulla biodiversità a meglio monitorare il devastante impatto del riscaldamento globale». E può aiutare i decisori politici a delineare le strategie di adattamento al clima che cambia, «specialmente in una regione del mondo che subisce cambiamenti così notevoli».
Paola Desai - Il Manifesto
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