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(21 Gennaio 2011) Enzo Apicella
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    (Il nuovo ordine mondiale è guerra)

    Il labirinto degli specchi

    (7 Maggio 2011)

    anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

    In questo periodo si sono concentrati eventi spettacolari, seguiti dall’opinione pubblica mondiale, assai diversi tra loro: alcuni hanno un carattere fastoso o pittoresco, altri sono eventi tragici spettacolarizzati. Tre hanno avuto un’eco internazionale più clamorosa: il matrimonio a Buckingham Palace per William e Kate, la beatificazione di Wojtyla e l’asserita uccisione di Osama Bin Laden.

    L’istituzione più vecchia è riuscita a migliorare notevolmente la sua credibilità. Ratzinger, accortamente, non pretende di difendere l’indifendibile, non nega la grave crisi della chiesa, e in particolare la diffusa pratica della pedofilia. Distingue chiaramente tra il clero, composto di peccatori, e la missione della chiesa. La santità non scaccia gli scandali - sostiene – ma il percorso della chiesa procede incontaminato anche in mezzo ad essi, persino indipendentemente dalle stesse colpe dei santi e beati. Wojtyla ha trattenuto buoni rapporti col boia Pinochet? La politica non c’entra con la santità. Quando fa comodo, la chiesa utilizza con disinvoltura la teoria machiavellica sull’indipendenza della politica dalla morale, che in altri casi condanna. Solo con questo criterio Pio IX, il cui boia Titta raggiunse primati europei nelle impiccagioni, poté essere elevato agli altari.

    L’entusiasmo dei fedeli è al punto giusto, si attendono altri miracoli. Già i broker accettano puntate sui prossimi prodigi e un beato è incentivato a farli, perché è la via per la santificazione, con l’aiuto dei media.

    Trotsky denunciò l’impiego dei mezzi più moderni – ai suoi tempi la radio - per propagandare da Roma le superstizioni più antiche. Oggi i miracoli si diffondono in mondovisione.

    L’eccessivo zelo di alcuni, però, può volgere le cose al ridicolo. La deputata del Pdl Michaela Biancofiore, segretaria della commissione Affari Esteri della Camera, e consigliere del ministro Frattini, ha dichiarato: “L’eliminazione da parte delle forze Usa dello sceicco del terrore “Osama Bin Laden” all’indomani della beatificazione di Giovanni Paolo II può essere letta come un nuovo enorme miracolo per il mondo regalato dal Papa più amato che tanto tuonò contro la rete del terrore in particolare ammonendola con le parole “il male è accompagnato sempre dal bene”.(1) Nessuno è più goffo di un parlamentare che vuole strumentalizzare la religione e non ne è capace. Ci riesce meglio chi si proclama laico ed esprime “il suo profondo rispetto” per la chiesa. Non ha imparato nulla la Biancofiore dalla lunga storia dei rapporti della repubblica col Vaticano? E il bello è che il presidente del Perù Alan Garcia si è prodotto anche lui in una simile esibizione: “La morte di Bin Laden è il primo miracolo di Giovanni Paolo II dopo la sua beatificazione”. Speriamo che non sia questo il nuovo che viene dall’America latina...

    Ratzinger non ha certo la comunicativa di Wojtyla, ma è riuscito a raddrizzare la barca della chiesa in un momento estremamente pesante. Una volta si diceva : “se la chiesa periclita, anche lo stato periclita”. Il risorto fideismo è un importante fattore di rafforzamento dello stato borghese. Ratzinger è un avversario del comunismo e del movimento operaio da non sottovalutare.

    Non ha molto senso, perciò, combattere la chiesa alla maniera illuminista, cercando di dimostrare l’irrazionalità delle sue credenze, combattere contro i mulini a vento dei miracoli, dei dogmi, delle beatitudini e delle virtù teologali. Lasciamo questi inani sforzi ai preti spretati e agli anticlericali di professione. Occorre, invece, individuare i suoi corposissimi interessi materiali, le sue proprietà terriere e le partecipazioni azionarie, i suoi connivenze con gli stati e le multinazionali, e lì colpire.

    Notevole anche il successo della monarchia britannica. L’Inghilterra da troppo tempo ha perso l’egemonia mondiale, e trova insensato giocare un ruolo di primo galletto, che lascia al parvenu Sarkozy. La Gran Bretagna ha delocalizzato le industrie e puntato sulla finanza, ma questa scelta, che per molti anni ha portato vantaggi (al capitale inglese, ovviamente), alla fine l’ha resa particolarmente vulnerabile in questa crisi. In questa situazione, sarebbe stato un errore per la corona dare un’immagine di un’Inghilterra impoverita e pessimista tagliando le spese per le nozze. Più di un miliardo di telespettatori ha assistito a una sfilata di vecchi baccalà e giovani damigelle in cerca di successo – e la sorella della sposa Philippa è già più famosa di una star. Le cerimonie regali attirano quanto i carnevali di Venezia e di Rio, per curiosità o per il diffuso snobismo diffuso in tutte le classi sociali. E come diversivo sociale hanno ancora un grande effetto.

    Molti stati sono in pessime condizioni, e quindi vedremo una proliferazione di miracoli, religiosi, politici, tecnologici. Particolarmente colpito, il Giappone deve far dimenticare le sue perdite radioattive, e la terribile minaccia seminata nelle acque dell’Oceano e nell’aria. C’è da attendersi, dunque, qualche “spettacolo” clamoroso, che nasconda l’estrema difficoltà della situazione. Potrebbe essere un premio Nobel, o una grande vittoria sportiva, una fiera d’importanza internazionale ad Osaka, o la partecipazione reclamizzata a qualche guerra dei volenterosi.

    Il gigantesco scoop sulla morte di Bin Laden ha suscitato un grande entusiasmo in America. E’ facile perdere il filo, perché l’evento è costellato da indicazioni contraddittorie, che hanno lo scopo di creare una completa confusione. Come nei labirinti degli specchi al Luna Park si confondono persone reali e immagini, così l’attenzione dell’opinione pubblica è attirata da falsi bersagli e condotta su sentieri che si perdono nel nulla.

    E’ riproposto l’ipse dixit, che non riguarda più Aristotele, ma il presidente degli Stati Uniti: “Obama ha detto che Bin Laden è stato ucciso in determinate circostanze, perché una così alta autorità mondiale dovrebbe mentire?”, così sentenzia gran parte dei nostri politici e opinionisti. Eppure è un resoconto che fa acqua da tutte le parti. Ma un conto è vedere le contraddizioni della versione ufficiale, un’altra cosa conoscere la verità.

    Gli storici possono anche ricostruire con precisione una vicenda, ma la cosiddetta opinione pubblica si nutre di leggende. Nel 1936, mentre avevano luogo il riarmo tedesco, l’avventura abissina di Mussolini e la guerra civile spagnola, i giornali intrattenevano il pubblico con le vicende di Edoardo VIII e la signora Simpson, e ancora adesso si spiega l’abdicazione, non con le simpatie naziste del re, osteggiato da conservatori, laburisti e dalla chiesa britannica, ma con motivazioni romantiche.

    Era noto dalla stampa internazionale che il mullah Omar aveva vissuto per anni a Quetta, e che l’intelligence pakistana addestrava i suoi uomini. Fonti americane hanno recentemente dichiarato che i servizi segreti del Pakistan sapevano dov’era Bin Laden. Quindi gli USA sapevano da tempo che il Pakistan faceva il doppio gioco, e continuavano a finanziarlo e ad appoggiarlo politicamente. Erano informati della presenza di Osama in Pakistan, e si riproponevano di eliminarlo al momento giusto (Come nemico, o come persona che sapeva troppo?). Se è certa la malafede dei dirigenti pakistani, quella dei dirigenti statunitensi è una malafede al quadrato. Ma i nostri media e i giornalisti “indipendenti” fingevano di credere che Bin Laden si trovasse in Afghanistan “in una grotta, al freddo e al gelo...”

    Si dice che già Bush e Cheney volessero fare il colpo grosso in occasione delle elezioni, ma nel 2003 l’ex Segretario di Stato Madeleine Albright (ricordate, la “donna più cattiva del mondo” della guerra del Kosovo!) disse di sospettare che Bush conoscesse il rifugio di Bin Laden e che aspettasse il momento elettoralmente più propizio per annunciarne la cattura. “Scherzavo”, spiegò in seguito l’Albright, ma intanto aveva reso impossibile il gioco. E – ironia della storia - Bush e Cheney oggi sono costretti a congratularsi. Mostrando scetticismo, solleverebbero il velo sull’oceano di menzogne accumulate sul terrorismo internazionale ancor prima dell’undici settembre, e accuserebbero se stessi. Meglio salire sul carro del vincitore, fino a quando non sarà possibile vibrargli la prossima pugnalata.

    L’azione dei rambo è ufficialmente avvenuta “all’insaputa” (Scaiola ha fatto scuola!) delle autorità pakistane, in aperta violazione del territorio di un altro stato, ed è poco credibile in molti punti. Il colpo alla testa sembra un espediente per eliminare chi sapeva troppo piuttosto che il risultato di uno scontro. La figlia bambina sosterrebbe che è stato ucciso a freddo, ma la smentita delle autorità USA toglie peso a quella che potrebbe essere l’unica prova seria che l’uccisione di Osama è avvenuta davvero. La storia delle donne usati come scudi - la solita favola preconfezionata fornita dalla stampa “indipendente”, usata anche contro Gheddafi e tanti altri!- è già smentita. Grottesca la scena dell’ufficiale della portaerei che officia il presunto rito musulmano. Dopo “Ufficiale e gentiluomo”, “Ufficiale e Mullah!”. Sono riusciti a esasperare persino i musulmani nemici di Bin Laden, il che è tutto dire. Facendo sparire il cadavere, hanno eliminato la principale prova (Il DNA possono averlo già, ancora al tempo del Kosovo Osama era in contatto con loro, e avevano certo suoi oggetti personali). Da buoni umanitari, non mostrano le foto per non creare turbamento, eppure non hanno avuto problemi ad ucciderlo disarmato davanti agli occhi della figlia bambina.

    Lungi dal chiarire le vicende precedenti, l’operazione ha confuso ancor più le carte, e circolano infinite ipotesi. Di vero c’è che l’FBI non ha mai imputato a Bin Laden l’attacco delle due torri. C’è però sempre chi è disposto a credersi tutto, a celebrare nella maniera più scomposta qualsiasi vittoria, vera o taroccata.

    Oggi, con una crisi mondiale i cui colpi di coda ancora provocano micidiali disastri, con devastanti guerre in corso, si cerca di sviare l’attenzione dell’opinione pubblica da questi problemi, indirizzandola sulle vicende di una piccola setta al tramonto.

    La versione ufficiale è combattuta da molti. Piovesana scrive: “...la morte di Bin Laden nel dicembre 2001 viene accreditata anche da fonti dei servizi segreti israeliani. Secondo i servizi segreti sauditi, invece, Osama sarebbe sopravvissuto fino al 23 agosto 2006: giorno in cui lo sceicco del terrore sarebbe deceduto in Pakistan a causa di una paralisi degli organi interni causata dal tifo. L'informazione, raccolta dai servizi segreti francesi, è stata diffusa nel settembre del 2006.” L’articolo termina con queste parole: “Il cadavere che lunedì mattina è stato sbrigativamente gettato in pasto agli squali dell'Oceano Indianodal ponte della portaerei USS Carl Vinson potrebbe anche essere quello di Bin Laden, ma nessuno potrà mai verificare se era morto ore prima o anni prima.”(2) L’incertezza rimane anche negli osservatori più attenti. Ricordiamo, inoltre, che Benazir Bhutto, poco prima di essere assassinata, sostenne che Osama era morto da tempo, e indicò il nome dell’omicida.

    Ogni giorno si aggiungono ipotesi nuove. Un comunicato Ansa del 6 maggio dice: “Osama Bin Laden sarebbe morto di malattia qualche giorno prima del raid americano. Lo ha detto all'Ansa Jamal Ismail, giornalista esperto del capo di al Qaida, precisando che l'informazione gli è stata data dal medico di Osama.”

    Bin Laden era un ex collaboratore della CIA che si era ribellato, oppure faceva opera di provocazione al servizio di Washington? Ammesso che fosse, come da tesi ufficiale, realmente un avversario degli USA, resta il fatto che ci sono spie dei servizi segreti americani e israeliani in qualsiasi organizzazione terroristica o guerrigliera, per cui è difficile stabilire dove comincia la lotta e dove finisce la provocazione. Molte registrazioni di suoi proclami sono state preparate in America, e sono percettibilmente false fino a rasentare il ridicolo.

    Per quanto sembri strano, non sono questi i punti determinanti, perché in ogni caso Al Qaida è diventata un puro pretesto per operazioni militari in più parti del mondo, e il governo americano non si formalizza se, come in Iraq, di Al Qaeda non c’è neppure l’ombra. Basta il fantasma di Bin Laden, non occorre la sua presenza in carne e ossa.

    L’attenzione deve essere posta sulla reale politica militare di Washington, quale che sia il pretesto di cui si serve. L’importante per la lotta di classe è capire che la versione ufficiale è falsa e che le menzogne hanno lo scopo di giustificare le operazioni politiche e militari dell’amministrazione Obama, e comprendere soprattutto le spinte economiche e sociali che sono a monte di quelle decisioni. Il problema fondamentale resta quello dell’imperialismo, e solo alla luce di questo si possono comprendere le varie risposte, compresa quella jahadista. Quanto alla ricostruzione della storia delle organizzazioni terroristiche, possono tentarla studiosi o giornalisti che hanno a disposizione molte più informazioni di noi. E’ auspicabile che questa ricerca vada avanti, ma sappiamo fin da ora che i governi faranno di tutto per farla sembrare assurda o tendenziosa.

    Questa confusione è funzionale al sistema. Non importa al governo USA se qualcuno pensa che il cadavere sia stato conservato sotto ghiaccio per anni e tirato fuori per l’occasione, o che Osama sia ancora vivo. Ogni spiegazione dietrologica, ogni leggenda, ogni tentativo di spiegazione, corretto o infondato che sia, aggiunge un’ulteriore “verità”, e, come nel labirinto degli specchi non si distingue la figura reale da quella riflessa, proprio la spiegazione più vicina alla realtà sarà la più denigrata o la più irrisa.

    Le “rivelazioni” seguiranno col tempo. Le elezioni presidenziali non sono vicinissime, e lo sfruttamento elettorale della vicenda non sarebbe possibile, se tutto venisse fuori subito. Con studiata riluttanza la Casa Bianca si farà strappare le sue “verità” a poco a poco, e le novità più clamorose verranno fuori al momento delle elezioni.

    Non c’è rimedio? Saremo sempre soffocati da nuvole di menzogne, da verità prefabbricate? Non è così. Forse non conosceremo mai la vera storia di queste organizzazioni, ma le linee fondamentali delle politiche degli stati che le usano come pretesto per le loro guerre sono comprensibili. Gli USA, con la storia di Al Qaida, hanno giustificato conflitti, allo scopo, più che di assicurarsi i rifornimenti di petrolio, d’impedire ai rivali di avervi libero accesso. Non si tratta di bloccare alla Cina la via al petrolio iracheno o iraniano, ma di far capire che il flusso potrebbe essere sempre interrotto, nel caso di grossi contrasti, con un attacco all’Iran, e questo può condizionare per anni persino una grande potenza. E la Russia venda pure il suo petrolio, ma lo faccia attraverso oleodotti controllabili da Washington. Libero mercato, ma col consenso di Washington. Per chi non si adegua, ostacoli, sanzioni, rivoluzioni colorate, guerre.

    Questa volta, però, la “vittoria” potrebbe trasformarsi in un gigantesco boomerang. Si è puntato troppo sull’attitudine dell’opinione pubblica a bersi tutto. E’ difficile che da questa confusione creata ad arte possa uscire fuori qualche verità importante, ma a distruggere la credibilità può bastare un fondato sospetto. E allora la popolarità di Obama scenderà ancora al di sotto di quella di Bush, e la lotta contro la guerra farà grandi passi avanti.

    7 maggio 2011

    NOTE

    1. Mariagrazia Gerina, “Osama, miracolo di Wojtyla» Deputata sfida il ridicolo”, l'Unità,n 2/5/11

    2. Enrico Piovesana , “La seconda morte di Osama”, Peace Reporter, 03/05/2011

    Michele Basso

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