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Marcia turca

Donne divise su religione e politica nella Turchia che s’interroga sul modello Erdogan in attesa delle elezioni

(12 Maggio 2011)

Marcia turca

ISTANBUL - L’Islam laico d’impianto kemalista che Emere dichiara senza cingersi di simboli fatica a convivere con quello di Esma. Quarantasette anni la prima, insegnante in un istituto privato e radici nell’Istanbul cosmopolita dov’è nata da una famiglia tradizionalmente legata alla città, e dove vive nella zona chic di Acibadem, costa asiatica. Venticinque la seconda, specializzanda in una delle università della metropoli sul Bosforo e origini rurali, a Bursa famosa per le pregiate lavorazioni di sete artigianali e l’allevamento ovino. Pastori sono i suoi genitori e fratelli. Le due donne rappresentano un piccolo spaccato del mondo femminile urbano che, coi suoi sedici milioni di anime, è diventata la Istanbul del Terzo Millennio. Si parlano di sbieco, poco dialogo ognuna espone i propri punti di vista e lancia sassi nello stagno altrui. Materia del contendere l’odierna e la futura Turchia incarnata dal disegno politico erdoganiano che sarà sottoposta a un’ulteriore valutazione nella consultazione elettorale che dista appena un mese. “Questo governo sta usando la questione islamica per fini di consenso elettorale – accusa Emere - il premier cerca d’introdurre forzatamente costumi che non appartenevano alla nostra tradizione di culto. Mi riferisco al velo, soprattutto fra le giovani si sta diffondendo il concetto che chi non lo porta è una poco di buono. Io che sono musulmana da sempre mi sento offesa. Ho una fede interiore, non devo esibirla attraverso dei segni. Voglio poter continuare a esaltare la mia femminilità con smalto e rossetto e pregare Allah. Il Corano non lo vieta. Mia madre, che oggi ha novant’anni e ha fatto la casalinga per tutta la vita, portava il velo per tradizione in modo del tutto naturale. Io e le mie amiche abbiamo imparato a non indossarlo. Ora vedo che tante giovani lo usano conformandosi alla propaganda che famiglia, società e governo impostano in maniera ossessiva”.

“Quando venivo all’università e dovevo privarmi del chador – ricorda Esma - mi sentivo molto a disagio, mi sembrava di dovermi vergognare della mia religione e non ne capivo il senso. Questa legge, invece, ci garantisce. L’anno passato mi sono laureata e ho potuto farmi la foto col velo, una cosa impensabile tempo fa. La questione dunque è l’esatto contrario di quel che ho sentito: prima eravamo obbligate a non indossare il velo, ora ci viene consentito, come viene garantita la libertà a chi non vuole portarlo. Lo Stato ha ristabilito un equilibrio”. Emere rilancia con foga “Velarsi è diventata una moda, se le giovani non si coprono la famiglia fa pressione. In tutto questo non vedo sincerità, è politica, non fede. Inoltre l’ondata di religiosità estrema diffonde una specie di superstizione. Tempo fa, per il crollo d’una scuola mal costruita che provocò la morte di alcuni bambini, gli amministratori anziché indagare e perseguire i colpevoli cominciarono a dire “E’ una sciagura, Dio ha voluto così”. Fra gli stessi genitori è prevalso il fatalismo. Tutto questo a me sa di oscurantismo. La gente in Turchia sta cambiando in peggio, non votano perché credono in qualcosa, orientano il voto verso la convenienza. Questo è il tipo di sostegno che riceve l’Akp cui s’aggiunge la corruzione. Un anno fa in occasione del Referendum (su alcuni punti della Costituzione, ndr), degli amici professionisti mi riferivano d’essere stati avvicinati da uomini del partito di maggioranza che gli promettevano denaro in cambio del voto. La stessa mercificazione dei comportamenti l’ho riscontrata per la questione del velo. Un bel giorno la mia domestica s’è presentata col chador che mai aveva indossato. Le ho chiesto perché, lei mi ha detto d’aver ricevuto duemila lire (circa mille euro, ndr) per coprirsi. Io non prego cinque volte al giorno però ho un senso morale, certi comportamenti sono invece fittizi, mossi da altri interessi. Vale per Erdogan e per la gente comune. Per non parlare di imprenditori che l’attuale governo discrimina impedendogli di partecipare a gare d’appalto (di edilizia, servizi pubblici) perché le loro mogli rifiutano il velo. Altro tentativo, per ora solo in via sperimentale, è la separazione degli studenti per sesso con scuole esclusivamente maschili e femminili. Le ragazze tutte velate, riescono a introdurre sotto il chador le cuffie con cui ricevono informazioni dagli iPod. Notizie che nessun giornale riporta”.

Verità o leggende metropolitane in una città che sembra spaccarsi? Esma ribatte senza animosità “Sono fantasmi. Erdogan governa da otto anni, se avesse voluto trasformare il Paese in uno Stato confessionale l’avrebbe già fatto. Attorno a noi c’è quello che tutti possono osservare: una società libera e democratica. La tesi di chi lo attacca dicendo che stiamo andando verso un sistema di tipo iraniano mi sembra una sciocchezza. Sa di teorie diffuse dai nostalgici di una Turchia al servizio della politica statunitense. Uno Stato confessionale verrebbe ostacolato anche dai sostenitori dell’Akp. E’ quasi un secolo che il nostro Paese ha una profonda impronta laica, per quanto imposta dalla politica di Atatürk. Per convincimenti personali in molte famiglie musulmane le donne non si coprono, gli uomini consumano alcolici, questi costumi sono radicati nella società e chi non vuol seguire i precetti coranici continuerà a non farlo. Il percorso di ciascuno è individuale, continueremo a essere una comunità democratica. Io vedo che con questo governo le persone hanno iniziato a vivere in modo più libero. Da circa un decennio alla maggioranza dei turchi piace questa via, la gente ha apprezzato la coerenza dell’Akp che si è presentato alle elezioni con un determinato programma e dopo il successo l’ha rispettato e applicato”. Il duetto prosegue: Emere “Io vedo che si stanno restringendo gli spazi. Sempre meno locali ricevono la licenza di vendere alcolici. Nelle feste private c’è la dissuasione e in quelle pubbliche ci sono divieti, tutto in nome della religione. La cosa diventa insopportabile. Alle donne velate viene impedito di truccarsi, le si induce a privazioni perché devono prepararsi all’altra vita“. Esma, che il rimmel attorno agli occhi lo porta (perciò a detta della prof sarebbe non sincera), sorride.“Vogliono farci apparire fondamentalisti e non lo siamo. In questi giorni è giunta la notizia dell’uccisione di Bin Laden, ecco quell’uomo non è stato un buon islamico. I veri musulmani non uccidono, chi ammazza lo fa per scelta personale, il jihad è un’interpretazione soggettiva delle Scritture che la maggioranza degli islamici non condivide. Nel Corano e nella Sunna non si indica ciò che è giusto o sbagliato, è il singolo che deve scegliere cosa fare. La Turchia ha imboccato la strada della tolleranza e del rispetto anche di chi ci critica”.

10 maggio 2011

Enrico Campofreda

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