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Editoriale di Radio Città Aperta del 19.02.2004

(23 Febbraio 2004)

Il voto al Senato sul mantenimento delle truppe italiane nell'occupazione dell'Iraq, è andato come le peggiori previsioni lasciavano intravedere. Hanno votato contro una quarantina di senatori tra Verdi, PdCI, PRC e sinistra DS, hanno votato a favore i senatori del centro-destra, non hanno votato i senatori dell'Ulivo "triciclato". La decisione di astenersi ha cercato così di tenere i piedi in tutte le staffe.

Ha mandato un segnale di affidabilità ai poteri forti della guerra preventiva; ha impedito una divisione all'interno del "triciclo" tra chi voleva votare a favore del mantenimento del contingente militare italiano in Iraq e chi voleva astenersi in aula; ha mandato un segnale a quei settori del movimento "pacifista" che non fanno mistero di intendere la pacificazione e la ricostruzione dell'Iraq come una sorta di protettorato internazionale in mano alle potenze occidentali ma "sotto l'egida dell'ONU"

Le richieste del movimento pacifista e contro la guerra erano di tutt'altro segno. Chiedevano un voto chiaro e netto contro la partecipazione militare, politica ed economica dell'Italia all'occupazione coloniale dell'Iraq.

Ci sono molte cose che lasciano il segno in questa decisione della maggioranza del centro-sinistra, ma una colpisce più di altre: la totale impermeabilità del ceto politico "triciclato" alle domande e alle aspettative del suo referente sociale ed elettorale.

E probabile che i Fassino, i Rutelli etc. abbiano ragionato con cinismo pianificando l'ennesimo strappo con il popolo della sinistra. Hanno privilegiato ancora una volta l'affidabilità verso i poteri forti piuttosto che dare credito alle richieste del loro corpo elettorale che chiedeva altre priorità ed altre scelte. Il cinismo sta nel ritenere che quest'ultimo non può che ingoiare l'ennesimo rospo, perché se vuole poi togliersi dalla scatole un governo eversivo come quello Berlusconi, alla fine non potrà che turarsi il naso e scegliere "il meno peggio".

I cinici hanno avuto spesso fortuna e ruoli di rilievo nella storia ma la loro coazione a ripetere potrebbe rivelarsi altrettanto amara. Ritenere con un certo ed irritante snobismo il popolo della sinistra un pò coglione e troppo immaturo di fronte al pragmatismo della politica potrebbe aver sottovalutato il valore aggiunto emerso in questi ultimi due anni: la dignità.

Se i tranvieri hanno scioperato nonostante le precettazioni, se migliaia di persone hanno rischiato le bastonate e le violenze di Stato nelle strade di Genova, se la gente si mette in mezzo ai binari e alle autostrade per difendere il lavoro o la salute, vuol dire che la camicia di forza della "politica blindata dal bipolarismo" può cominciare a lacerarsi in più punti. Potrebbe accadere, per esempio, che il popolo della sinistra, il popolo della pace e della solidarietà internazionale decida di "uscire dall'urna al momento del voto" per mandare a dire che non si firmano più cambiali in bianco a chi cerca di umiliare la dignità di chi lotta, la dignità di quelli che - come scrisse Franco Fortini - hanno imparato o ricominciato a "camminare eretti". I rumori di fondo, in tal senso, si stanno facendo assordanti.

Radio Città Aperta

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