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Fincantieri: cancellati due stabilimenti e migliaia di posti di lavoro

(27 Maggio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in confederazione.usb.it

Fincantieri: cancellati due stabilimenti e migliaia di posti di lavoro

foto: confederazione.usb.it

Genova – mercoledì, 25 maggio 2011 Neppure nel peggiore degli incubi si sarebbe potuto immaginare uno scenario devastante come quello prospettato dal Piano industriale presentato dall’ amministratore delegato Bono in questi giorni.

Chiusi gli stabilimenti di Castellamare e Sestri Ponente, pesantemente ridimensionato Riva Trigoso, oltre 2500 lavoratori in esubero (il 30% del gruppo) , centinaia di lavoratori trasferiti (ma forse deportati è il termine più giusto). Per Genova, già desertificata industrialmente, un colpo mortale. Se cosi’ fosse, non si costruirebbero più navi . Anche simbolicamente, una ulteriore, inaudita umiliazione.

A rendere ancora più grave ed inaccetabile tale decisione è la natura pubblica di Fincantieri, partecipata di Fintecna, a sua volta interamente controllata dal ministero del tesoro. Dunque la responsabilità di questo scempio va ascritta totalmente al governo.

I lavoratori superstiti allo tsunami di Bono pagheranno peraltro ben cara questa fortuna, perché si chiederà loro di aumentare drasticamente la produttività e assaggeranno un po’ di cura Marchionne. Non a caso Bono in diverse dichiarazioni nei mesi passati ha elogiato l’a.d. di Fiat, rivendicando addirittura una sorta di “primogenitura” della sua filosofia.

La vicenda Fincantieri si lega indissolubilmente a quanto accaduto negli ultimi mesi nel nostro paese. La crisi serve da pretesto per portare avanti pesantissime ristrutturazioni e scaricarne i costi solo ed esclusivamente sui lavoratori.

Ma è anche il risultato di una politica industriale ed economica basata unicamente sulla delega in bianco alle imprese, di totale subalternità alle ragioni del padronato, di smantellamento di qualunque tipo di tutela per i lavoratori.

La vicenda di Sestri Ponente è emblematica: ha garantito in questi anni elevata redditività ed ora, come un limone spremuto, viene gettata via con i suoi 700 dipendenti più altre centinaia dell’indotto. Rischiano di essere spazzati via cento anni di storia e competenze ed esperienze di assoluta eccellenza.

La crisi del settore c’è , ma a differenza di quanto accaduto altrove, il governo non ha fatto assolutamente nulla per prevenirne gli effetti ed individuare alternative.

Contro questo scempio non c’è soluzione alternativa al ritiro del piano, all’avvio di una reale politica di rilancio del settore, alle dimissioni di chi ha prodotto una simile vergogna.

Soprattutto, una volta di più, appare non più rimandabile la necessità di riportare al centro dell’attenzione il lavoro e ricostruire un forte sindacato indipendente e conflittuale che non si limiti a cogestire la crisi ed il peggioramento delle condizioni di lavoro ma sia in grado di rappresentare e difendere in modo efficace i lavoratori.

USB Federazione Liguria

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