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Esopo ad Assisi

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(26 Settembre 2011) Enzo Apicella

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    (Imperialismo e guerra)

    La pace come politica e' un imperativo inclusivo e non ad escludendum

    ovvero la CGIL scende in campo contro l'ipotesi dei "ceffoni umanitari"

    (26 Febbraio 2004)

    Premessa redazionale: il sottotitolo è farina del nostro sacco, il titolo è invece quello originario del comunicato stampa, e si commenta da solo
    Chissà se "includendum et non escludendum" anche il Berluska potrebbe trovar posto alla manifestazione? Oppure "non est escludendum" solo il centrosinistra?
    Come succede sempre più spesso in questi tempi di concertazione i sindacati si sentono in dovere di esprimersi su tutto, e facendolo perdono spesso e volentieri la bussola. Forse se si tornasse a partire da un punto di vista di classe la questione posta sarebbe di più facile risoluzione: includendum i lavoratori e gli sfruttati, excludendum i padroni, gli sfruttatori e loro servi.

    La manifestazione della pace del 20 marzo, per chi l'ha indetta e per chi vi ha aderito, è un appuntamento molto importante: il popolo della pace non si rassegna a che la guerra sia il nuovo strumento di regolazione dei rapporti politici ed economici del pianeta, così come recita la Costituzione italiana e come sarebbe bene venisse inscritto nella futura Costituzione europea in modo da qualificare inequivocabilmente la cittadinanza europea e il ruolo attivo dell'Europa nel mondo per la definizione di una nuova democrazia mondiale ancorata ai diritti e ai diritti del lavoro.

    La pace come politica descrive l'imperativo di quella manifestazione ed al contempo evoca una prospettiva che non può essere definita senza un'alleanza forte delle forze politiche progressiste, della rappresentanza sociale dei movimenti, a livello nazionale per modificare la politica estera del governo subordinata a prescindere all'amministrazione Bush, a livello europeo, a livello globale.

    La pace come politica, la politica per la pace è dunque un imperativo necessariamente inclusivo e non ad escludendum.
    Da questo punto di vista la CGIL ritiene la polemica aperta su chi possa partecipare o meno a quella manifestazione un grave errore.

    Risulta del tutto evidente che sostenere le proprie ragioni - in questo caso uno degli obiettivi della manifestazione, il ritiro delle truppe dall'Iraq, che la CGIL condivide assolutamente da tempo - non ha bisogno né di scomuniche né di violenze né tanto meno di interpretazioni autentiche su ciò che è Bene e ciò che è Male, antinomia foriera in generale di sventura.

    Altrettanto evidente è la richiesta del popolo della pace - condivisa anch'essa dalla CGIL - che quella posizione abbia rappresentanza parlamentare e la conseguenza libertà di giudizio nel valutare comportamenti parlamentari differenti: ma che c'entra tale richiesta sacrosanta con la messa in mora del diritto a partecipare alla manifestazione, a quella del 20 marzo, a tutte le manifestazioni, per chi lo ritenga?

    Ribadiamo che il ritiro delle truppe dall'Iraq non è uno slogan. Al contrario è il frutto di un ragionamento più complesso e totalmente responsabile, che individua nella scelta del ritiro la premessa all'assunzione di responsabilità della comunità internazionale attraverso l'ONU in terra d'Iraq e soprattutto la condizione necessaria per la ricostruzione politica e sociale dell'Iraq, per il suo auto-governo, per togliere acqua al terrorismo.

    Roma, 24 febbraio 2004

    Comunicato stampa della segreteria nazionale della CGIL

    Fonte

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