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Libia: la Nato fa strage di civili. Corpi speciali britannici a fianco dei ribelli. Oggi proteste a Roma, Pisa e Napoli

(1 Giugno 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

Libia: la Nato fa strage di civili. Corpi speciali britannici a fianco dei ribelli. Oggi proteste a Roma, Pisa e Napoli

foto: www.radiocittaperta.it

01-06-2011/11:01 --- La Nato, di fronte allo stallo militare e all’inatteso prolungarsi dell’operazione militare contro la Libia, nelle ultime ore sta intensificando i bombardamenti e sta di fatto dando il via all’invasione di terra anche se senza grandi proclami. Testimoni oculari riferiscono stamattina di sei potenti esplosioni che hanno scosso nel giro di dieci minuti il centro della capitale libica, principale bersaglio da una decina di giorni delle incursioni aeree notturne dell’Alleanza Atlantica. Intanto ieri il portavoce del regime libico, Moussa Ibrahim, ha per la prima volta fornito un bilancio ufficiale delle vittime delle migliaia di incursioni aeree della Nato in Libia dall'inizio dell’aggressione militare, il 19 marzo scorso: secondo Ibrahim almeno 718 civili sarebbero stati uccisi e 4.067 feriti. Senza contare le vittime militari.

Dati che molte fonti indipendenti stanno confermando e che svelano i cosiddetti ‘effetti collaterali’ della ennesima guerra umanitaria in cui si è imbarcata l’Italia. Ai bombardamenti dall’alto e dal mare, dicevamo, si sta aggiungendo una vera e propria invasione di terra condotta con l’obiettivo di far pendere la bilancia dalla parte degli sgangherati ribelli di Bengasi. I veterani delle forze speciali britanniche, pagati da società di sicurezza private, sono presenti a Misurata, ad ovest della Libia, da dove, oltre a collaborare con i ribelli a terra, forniscono informazioni alla Nato per i raid aerei. Lo scrive oggi il quotidiano britannico ‘The Guardian’. Secondo le stesse fonti, ex militari si trovano in Libia con il consenso del Regno Unito, della Francia e di altri paesi membri dell'Alleanza atlantica che evidentemente per ora preferiscono intervenire sul suolo libico per interposta persona. Il ministero della Difesa britannico smentisce che gli ex membri delle SAS siano pagati dall’esecutivo britannico e insiste: non abbiamo mandato truppe combattenti a terra. Secondo il Guardian questi "consiglieri militari" potrebbero essere pagati da alcuni paesi arabi, in particolare dal Qatar, che già un mese fa ha stretto un accordo con il Consiglio Nazionale di Transizione, organo di governo delle zone controllate dei ribelli di Bengasi, per lo sfruttamento del petrolio estratto nella zona orientale del paese.

L’annuncio di un’ennesima missione di mediazione, questa volta dell’inviato dell’Onu Abdelilah al-Khatib, ha chiuso invece la giornata di ieri, caratterizzata dall’annuncio di un sostegno economico e finanziario dell’Italia ai rivoltosi che controllano la Cirenaica. All’inizio di una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dedicata proprio alla guerra civile in corso in Libia è stato annunciato che al-Khatib incontrerà il colonnello Muammar Gheddafi e i rappresentanti del Consiglio nazionale di transizione per ottenere “un cessate-il-fuoco, la fine dei bombardamenti della Nato e l’organizzazione di libere elezioni”. Ma la missione appare difficile visto il nuovo rifiuto dell’ipotesi di tregua da parte dei ribelli, mentre invece la proposta è stata accolta in linea di principio da Gheddafi durante un incontro a Tripoli con il presidente sudafricano Jacob Zuma in visita nei giorni scorsi nel paese.

A complicare le cose è proprio il sostegno incondizionato garantito al Consiglio nazionale di transizione dalla Francia, dalla Gran Bretagna, dall’Italia e dal Qatar. Nella sua prima visita a Bengasi, ieri il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini ha assicurato che l’organismo politico-militare dei rivoltosi potrà contare su “enormi quantità di carburante ed enormi somme di denaro”. L’intervento di Roma, ha precisato il ministro, sarà finanziato da beni libici congelati sulla base delle sanzioni imposte dall’Unione europea e gestiti dal gruppo bancario Unicredit e dall’Eni.

Intanto, alla vigilia di una festa della Repubblica trasformata ormai in una giornata di celebrazione delle forze armate e della retorica bellica, il movimento No War e i gruppi pacifisti che non intendono continuare ad accettare con inerzia - o con complicità - la partecipazione attiva dell'Italia al conflitto e al massacro dei civili libici – gli stessi che l’ONU ha autorizzato a proteggere con l’uso della violenza - oggi scenderanno in piazza con manifestazioni e sit in convocati in diverse città italiane. “Se la guerra è un dramma per chi rimane sotto le bombe, è illusorio pensare che sia gratis per i lavoratori, i disoccupati, i precari dei paesi che stanno bombardando la Libia. Oltre ai costi della crisi economica, il governo ci fa pagare anche i costi della guerra. Milioni di euro buttati via mentre sono tagliati senza pietà i soldi per le scuole, la sanità, il lavoro, le pensioni, il reddito ai disoccupati” scrivono in un volantino che sarà distribuito contemporaneamente a Roma, Pisa, Napoli e altre città.

A Roma gli attivisti No War e i pacifisti si sono dati appuntamento alle 17.30 davanti alla base militare del COI (Comando Operativo Interforze) a Cinecittà. Alla stessa ora scenderanno in piazza anche a Napoli (Piazza Dante) e Pisa (in Corso d'Italia). Altre iniziative simili di protesta sono annunciate in altre città, nelle quali sono anche possibili azioni a sorpresa.

Marco Santopadre, Radio Città Aperta

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