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(4 Dicembre 2012) Enzo Apicella

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    (La Val di Susa contro l'alta voracità)

    La scure di Caselli

    (21 Giugno 2011)

    Libera Repubblica della Maddalena. È passato quasi un mese. Un mese di attesa, di lavori, di cibo condiviso, di assemblee dove si discute ogni cosa, di maledetta pioggia che a momenti sembra di diventare ranocchi.
    Gli ingegneri di barricate hanno affinato giorno dopo giorno la loro tecnica, migliorando le barriere che difendono dall’invasione le terre dell’Avanà, che chiudono le strade ai malintenzionati in divisa ma le aprono a chi pensa che la libertà non sia solo una parola logorata dall’abuso quotidiano.
    Qualche mattina è arrivato un elicottero a spiare basso basso sul piazzale e tra i boschi. “Vengono a prenderci le misure” dice uno guardando in aria. “Mi sa che quello che vedono non gli piacerà granché”, penso io.
    Tanta gente. C’è sempre tanta gente. Più passa il tempo più aumentano i cittadini della Libera Repubblica. C’è chi viene ogni giorno, chi qualche ora, di giorno e di notte.
    Alla Barricata del Sol Levante a volte chi arriva chiede persino “permesso?”, al cenno di chi sta lì entra, saluta, si ferma per due chiacchiere. Poi partono, si fanno un giro, tornano dopo qualche ora e dicono “Forza! Resistete!”. Ti si scalda il cuore perché sai che tanta gente non si fa fregare dalle fandonie dei media e dei politici.
    Lì sulla mulattiera che porta a Giaglione, poco più in alto, ormai quasi invisibili, ci sono le cosiddette “Barricate del Clarea”. Prima della maledetta autostrada che rompe l’armonia del giorno, un tempo c’era anche la “torre dei santi”: era la frontiera tra l’escarton di Oulx e il ducato di Savoia. Poi venne la guerra, i contadini morirono e ammazzarono senza saper bene il perché, e i duchi vennero fatti re. Questa è la Storia.
    Quella che stanno scrivendo in questi anni i No Tav è di ben altro segno.
    È la Storia che contiene tutte le Storie, è la frontiera che cancella ogni frontiera.
    Roba mica da poco in questi tempi di barbarie e ferocia. Maroni prepara l’attacco ai No Tav e promuove il decreto legge che prolunga da sei mesi a un anno e mezzo la galera amministrativa per chi osa bruciare le frontiere della povertà.

    Avvisi di garanzia e perquisizioni
    Nell’ultima settimana sono piovuti gli avvisi di garanzia. In tutto 72 avvisi per reati che vanno dall’incitamento a delinquere alla resistenza a pubblico ufficiale, dalla violenza privata alla rottura di sigilli.
    Episodi diversi della lunga resistenza dei No Tav: dall’opposizione ai sondaggi di Susa e Venaria del gennaio 2010 alla baita abusiva della Maddalena del passato inverno, ai sassi sulla massicciata dell’autostrada di tre settimane fa. Un anno e mezzo tra il primo e l’ultimo, ma arrivati tutti insieme.
    Su tutti il timbro e la firma del procuratore capo Giancarlo Caselli.
    Un segno forte e chiaro. Il democratici hanno chiesto al governo l’esercito, ma la gang del cavaliere non ha osato esporsi troppo in una faccenda che, da qualsiasi parte la prenda, rischia di scottarsi.
    Un Berlusconi ben più forte di consensi dovette battere precipitosamente in ritirata nel dicembre del 2005. Il clima insurrezionale che si respirava in Val Susa, dopo l’attacco del sei dicembre alla Libera Repubblica di Venaus, era il segno di una rottura radicale, tanto simbolica quanto materiale. Il Cavaliere capì al volo e corse velocemente ai ripari, mollando il colpo più veloce della luce.
    In questi giorni la magistratura di più forte osservanza “democratica” ha risposto all’appello del PD, spedendo 65 avvisi di conclusione indagini e un veloce giro di perquisizioni.
    Forse speravano di fare paura, speravano che qualcuno si defilasse, cheto cheto senza farsi troppo notare. Non potevano sbagliare di più: dopo gli avvisi e le perquisizioni alla Maddalena è arrivata sempre più gente.
    Invece della paura è salita la rabbia.
    La mattina che sono andati a perquisire la casa di Alberto Perino è bastato un giro di sms. Mezz’ora dopo c’era una piccola folla davanti alla sua villetta di Condove. Se la polizia avesse fatto la mossa di portarlo via c’è da scommettere che tanti si sarebbero messi di mezzo senza pensarci due volte.
    Chi ha occupato la zona del sondaggio all’autoporto di Susa, chi ha rotto i sigilli alla baita della Maddalena, chi si è messo di fronte al camion della luci a Venaria sapeva bene che presto o tardi la magistratura avrebbe potuto presentare il conto. Ed era pronto a pagarlo, perché sapeva che chi lotta per la libertà rischia.
    Ieri come domani. I No Tav raccolgono l’eredità dei partigiani e ne fanno una bandiera: tanti giornalisti si sono indignati per l’accostamento. La Resistenza al fascismo e al nazismo deve restare nei libri di scuola, scolpita nelle lapidi sempre più scolorite, annegata nella polvere di un crescente oblio. Solo se resa innocua può essere ricordata.
    Alla Maddalena c’è chi ne fa esperienza viva, scrutando di giorno e di notte l’arrivo delle truppe.
    Gli avvisi di garanzia sono carta. Carta senza valore. Mi leggo quello che mi è arrivato, faccio due parole con l’avvocato e poi lo sistemo nella cartellina con gli altri.
    Qui, alle barricate della Libera Repubblica, ciascuno di noi sa che la loro legalità è lontana da ogni giustizia.
    Quello che si sta costruendo lo possono spezzare con le ruspe e le bastonate ma non lo possono certo cancellare dai nostri cuori.


    (quest’articolo comparirà sul prossimo numero del settimanale Umanità Nova)

    Maria Matteo

    Fonte

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