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    (Capitale e lavoro)

    Crisi terminale del capitalismo?

    (28 Giugno 2011)

    anteprima dell'articolo originale pubblicato in ciptagarelli.jimdo.com

    Quale crisi?

    foto: ciptagarelli.jimdo.com

    Da tempo sostengo che la crisi attuale del capitalismo è più che congiunturale e strutturale. E’ terminale.

    E’ giunto alla fine il genio del capitalismo per adattarsi sempre a qualsiasi circostanza? Sono cosciente che sono poche le persone che sostengono questa tesi. Due ragioni, però, mi portano a questa interpretazione.

    La prima è la seguente: la crisi è terminale perchè tutti noi, ma in particolare il capitalismo, abbiamo oltrepassato i limiti della Terra. Abbiamo occupato e depredato tutto il pianeta spezzando il suo sottile equilibrio ed esaurendo i suoi beni e i suoi servizi, fino al punto che non riesce più a sostituire da solo quello che gli hanno sequestrato. Già a metà del secolo XIX Karl Marx scriveva profeticamente che la tendenza del capitale era di andare in direzione della distruzione delle sue due fonti di ricchezza e di riproduzione: la natura e il lavoro. E’ quello che sta succedendo.

    La natura, in effetti, sta subendo un grande stress, come mai prima, per lo meno nell’ultimo secolo, senza contare le 15 decimazioni che ha conosciuto nel corso della sua storia di più di quattromila milioni di anni.

    I fenomeni estremi verificabili in tutte le regioni, i cambi climatici che tendono ad un riscaldamento globale crescente, parlano a favore della tesi di Marx. Senza natura, come si riprodurrà il capitalismo? Ha incontrato un limite insuperabile.

    Il capitalismo precarizza o prescinde dal lavoro. Esiste un grande sviluppo senza lavoro. L’apparato produttivo informatizzato e robotizzato produce di più e meglio, senza quasi alcun lavoro.

    La conseguenza diretta è la disoccupazione strutturale.

    Milioni di persone non entreranno mai più nel mondo del lavoro, neppure come esercito di riserva. Il lavoro, dalla dipendenza dal capitale, è passato a prescindere da esso. In Spagna la disoccupazione raggiunge il 20% della popolazione generale, e il 40% dei giovani. In Portogallo il 12% del paese e il 30% dei giovani. Questo significa una grave crisi sociale, come quella che devasta in questo momento la Grecia.

    Tutta la società viene sacrificata in nome di un’economia fatta non per rispondere alle richieste umane ma per pagare i debiti con le banche e con il sistema finanziario. Marx ha ragione: il lavoro salariato non è più fonte di ricchezza. Lo è la macchina.

    La seconda ragione è legata alla crisi umanitaria che il capitalismo sta generando. Prima era limitata ai paesi periferici. Oggi è globale e ha raggiunto i paesi centrali. Non si può risolvere la questione economica smontando la società.

    Le vittime, legate tra loro da nuovi viali di comunicazione, resistono, si ribellano e minacciano l’ordine vigente. Ogni volta più persone, specialmente giovani, non accettano la logica perversa dell’economia politica capitalista: la dittatura della finanza che, attraverso il mercato, sottomette gli Stati ai suoi interessi e la redditività dei capitali speculativi che circolano da una borsa ad un’altra ottenendo profitti senza produrre assolutamente niente che non sia più denaro per i suoi possessori di rendite.

    E’ stato il capitale stesso a creare il veleno che lo può uccidere: nell’esigere dai lavoratori una formazione tecnica ogni volta migliore per essere all’altezza della crescita accelerata e della maggiore competitività, ha creato involontariamente persone che pensano. Queste, lentamente, vanno scoprendo la perversità del sistema che spella le persone in nome di un’accumulazione meramente materiale, che si mostra senza cuore nell’esigere più e più efficienza, fino al punto di portare i lavoratori ad un profondo stress, alla disperazione e, in alcuni casi, al suicidio, come succede in vari paesi, compreso il Brasile.

    Le strade di vari paesi europei e arabi, gli “indignati” che riempiono le piazza della Spagna e della Grecia, sono espressione di una ribellione contro il sistema politico esistente a rimorchio del mercato e della logica del capitale. I giovani spagnoli gridano “non è una crisi, è una rapina”. I ladroni hanno le loro radici a Wall Street, nel F.M.I. e nella Banca Centrale Europea, che sono i sommi sacerdoti del capitale globalizzato e sfruttatore.

    All’aggravarsi della crisi cresceranno in tutto il mondo le moltitudini che non sopporteranno più le conseguenze del supersfruttamento delle loro vite e della vita della Terra e si ribelleranno contro questo sistema economico che ora agonizza, non per la vecchiaia ma per la forza del veleno e delle contraddizioni che ha creato, castigando la Madre Terra e affliggendo la vita dei suoi figli e delle sue figlie.


    da: alainet.org, 24.6.2011
    (traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

    Leonardo Boff
    Teologo, filosofo e scrittore brasiliano

    Fonte

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