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Con la Val di Susa, senza se e senza ma.

(5 Luglio 2011)

In queste ore abbiamo letto decine di articoli che vorrebbero raccontare o commentare quel che è successo domenica in Val di Susa. Peccato che nemmeno uno di questi abbia riportato i racconti e le narrazioni di chi quella valle la vive e ieri ha passato una giornata sulle strade e nei boschi della propria terra.

Sui media, infatti, c’è spazio soltanto per coloro che dalla Val di Susa, domenica, erano distanti centinaia di chilometri, abituati come sono a pensare che gli umori di un Paese possano essere letti tra le mille dichiarazioni che lanciano le agenzie di stampa. Personaggi che, si dichiarino di destra o di sinistra, non hanno visto, domenica, le decine di migliaia di persone sfilare in corteo, riempire i boschi di vita, assediare per un’intera giornata un’area – quella del cantiere – trasformata in fortino militare.

Non hanno visto le mamme scrutare, dai tornanti verso Chiomonte, cinquanta metri più in basso, nella gola scavata dalla Dora dove i propri figli cercavano di riconquistare quel fazzoletto della propria terra; non le hanno viste preoccuparsi e arrabbiarsi, quando partivano le salve di lacrimogeni, esultare e applaudire quando i manifestanti rispondevano lanciando sassi. E non hanno visto i nonni, arrampicati sui sentieri impervi fino a Ramats, a far da vedetta osservando ogni movimento delle forze dell’ordine per comunicarlo a chi, più in basso, tentava di superare le recinzioni.

Così come non hanno visto i poliziotti con i quali si congratulano lanciare i sassi dai cavalcavia dell’autostrada, colpendo le persone che passavano nei sentieri sottostanti per tornare a Chiomonte; o i lacrimogeni sparati ad altezza uomo che spaccavano facce e costole; o gli sputi, i calci, gli insulti, le minacce e le manganellate di chi è stato “fatto prigioniero”.

Non hanno visto perché non hanno voluto vedere. Bersani, durante la campagna elettorale, si cimentava nel tentativo di dimostrare la sua diversità rispetto a chi oggi governa il Paese e impone distruzione e cementificazione a suon di cariche. La Val di Susa dimostra, ancora una volta, il filo rosso che lega chi governa da chi siede all’opposizione: tutti figli della stessa lobby di potere nella quale soldi e affari sono la divinità da servire umilmente, anche a costo di calpestare la dignità di una comunità che, difendendo la propria terra, vuol impedire che le risorse di tutti siano sperperate per la ricchezza di qualcuno.

E a questa lobby la stampa nazionale fa da lacché, raccontando una storia priva dei suoi eventi reali, pubblicando senza modificarne una virgola i comunicati della Questura, spargendo menzogne e falsità e rifiutandosi di raccontare la verità.

Noi, domenica eravamo in Val di Susa e abbiamo visto decine di migliaia di persone inseguire la dignità e la libertà. Ed è con queste donne e questi uomini che stiamo, senza se e senza ma.

No dal Molin

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