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(31 Luglio 2012) Enzo Apicella

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Crac e facce di culo

(29 Luglio 2011)

Con la speculazione sul debito pubblico (o debito sovrano), la crisi è entrata in uno stadio avanzato. E gli Usa sono già sull'orlo della bancarotta (shutdown!), e le conseguenze saranno catastrofiche.

Nella Ue, il piano Merkel-Sarkozy si è rivelato un espediente di cortissimo respiro. A salvare la baracca, non bastano gli spiccioli: ci vuole molto di più.

Ed ecco, allora, farsi avanti le facce di culo. In prima fila Giuliano Amato che, con tutta l'arroganza del borghese saputo, propone di lavorare di più, tutti. Come se tutti fossimo nella stessa barca. NO! Il debito non lo hanno fatto i lavoratori. Solo dei farabutti come Amato, e degli imbecilli come Napoletano, possono dirlo.

Il debito nasce dalle forsennate speculazioni, fatte a tutto vantaggio di un pugno di operatori della grande finanza che, da anni caratterizzano la vita economica mondiale, nell’illusione di fare denaro con il denaro; è una scommessa letale, da cui comunque traggono ricche elargizioni grandi e piccoli borghesi, anche se, nella corsa al malloppo, qualcuno di loro poi ci lascia la pelle. Gli altri, la stragrande maggioranza, il conto da pagare lo mandano ai proletari.

Contro la speculazione, i governi e i partiti della borghesia non possono farci nulla, perché sono conniventi e complici di una truffa, che nasce dal modo di produzione capitalistico stesso, giunto al capolinea. Governi, partiti e sindacati possono solo chiedere sacrifici ai proletari, "lacrime e sangue", per estorcere nuove risorse, o meglio plusvalore, da buttare nel calderone senza fondo della speculazione. Oppure da impegnare in opere inutili e dannose (e pericolose), come la TAV, figlia legittima delle speculazioni fondiarie e immobiliari; oppure negli apparati repressivi – esercito, polizia e galere – che, con l'aria che tira, sono l'ultima spiaggia cui i padroni e i loro servi affidano il proprio destino.

Un tempo, quando un giocatore d'azzardo perdeva, si sparava. E usciva dalla scena.

Il modo di produzione capitalistico ha perso il denaro estorto agli operai. Ma non vuole uscire dalla scena, vuole continuare a scommettere e, per farlo, continua a rapinare i lavoratori, e continua a fare danni. Solo la rivoluzione proletaria può scacciarlo. Non c'è alternativa. Pena, una spirale di orrori senza fine.

29 luglio 2011.

D.E.

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