">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Capitale e lavoro    (Visualizza la Mappa del sito )

Atene. Ordine pubblico

Atene. Ordine pubblico

(4 Maggio 2010) Enzo Apicella
Grecia. Il Fondo Monetario Internazionale si scontra con la resistenza popolare

Tutte le vignette di Enzo Apicella

PRIMA PAGINA

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Capitale e lavoro)

Grecia, sciopero generale del 28 e 29 giugno - Insegnamenti ed errati indirizzi

(3 Agosto 2011)

In Grecia le tre principali sigle sindacali, la GSEE, che organizza i lavoratori del pubblico e del privato, l’Adedy, dei dipendenti dello Stato, e il Pame, il sindacato legato al Partito “Comunista” Greco (KKE), avevano indetto per il 28 e il 29 giugno lo sciopero generale di 48 ore.

Lo sciopero era per impedire che il Parlamento votasse il nuovo piano di austerità imposto dall’Unione Europea, condizione per ottenere una nuova rata del maxi-prestito che dovrebbe servire a salvare lo Stato greco dal fallimento, ma che imporrà ai lavoratori, già sottoposti a gravi sacrifici, ulteriori peggioramenti nelle loro condizioni, porterà ad un aumento della disoccupazione, già altissima, soprattutto tra i giovani, come colpirà i pensionati, la maggioranza dei quali già sopravvive con pensioni miserrime.

Per le giornate di sciopero erano previsti diverse manifestazioni nelle principali città, e soprattutto ad Atene; i cortei della capitale avrebbero dovuto convergere in Piazza Sintagma, sulla quale si affaccia il Parlamento.

Lì da più di un mese sono accampati alcune centinaia di “aganaktismeni” (che tradurremmo "indignati"). Questi, come si sa, rifiutano di farsi rappresentare dai partiti politici, rivendicano una utopica "autonomia", chiedono una democrazia “vera” o "diretta" e denunciano il dominio delle banche e le imposizioni dell’Unione Europea. Accusano i parlamentari e della maggioranza (Pasok) e dell’opposizione di destra (Nea Dimocratia), non solo di essere dei ladri e di aver usato il potere pubblico per arricchirsi, ma di essere dei traditori, di voler vendere il Paese agli stranieri. Questa linea “anti-Europa” attraversa sia gli "indignati" sia una parte della destra parlamentare ed extraparlamentare, sia il KKE, il SYRIZA e dagli altri partitelli stalinisti che gli girano intorno.

Nonostante il malcontento diffuso per i nuovi provvedimenti restrittivi del Governo e nonostante la proclamazione dello sciopero, che avrebbe dovuto permettere la partecipazione dei lavoratori alle manifestazioni, la mobilitazione si è rivelata un fallimento, dato che l’adesione alle manifestazioni è stata minore rispetto alle precedenti occasioni.

Il che sarebbe risultato evidente se i corpi speciali della polizia, i MAT, non avessero organizzato nei due giorni una guerra contro non si sa chi, sparando tante di quelle granate a gas da rendere irrespirabile l’aria tutt’intorno, con squadre di poliziotti in motocicletta a bastonare le poche migliaia di dimostranti che hanno avuto il coraggio di scendere in strada, da parte loro completamente disorganizzati. Uno schieramento di 5.000 agenti ha trovato l'opposizione solo di piccoli gruppi di anarchici ed altri dimostranti. Nella sola giornata di mercoledì sono state lanciate 2.200 granate, esaurendone le riserve. Nei giorni seguenti, superando ogni problema di bilancio, ne è stata richiesta una nuova fornitura per 800.000 euro, il che dimostra che la polizia si aspetta nuove e più forti manifestazioni. Non è mancato l’intervento di provocatori, poliziotti in borghese che si sono dati un gran daffare per provocare danni e fra loro anche alcuni fascisti atteggiati a rivoltosi, come comprovano dei filmati diffusi da alcune televisioni, dove questi sono stati ripresi fra i poliziotti e poi a scagliare pezzi di marmo o spaccare vetrine.

È risultato evidente che i vertici dei due principali sindacati, il KKE e il suo sindacato Pame, hanno lavorato per il fallimento delle manifestazioni. Il secondo giorno di sciopero il corteo del Pame ha rinunciato a raggiungere Piazza Sintagma e si è sciolto appena la polizia ha lanciato i primi lacrimogeni mentre gli altri sindacati nemmeno hanno partecipato alla mobilitazione. Inoltre, entrambi i giorni, lo sciopero dei trasporti pubblici, esclusa la metropolitana, ha impedito ai lavoratori di raggiungere il centro dalle lontane periferie. C’è stata insomma una collaborazione tra il governo e l’apparato repressivo dello Stato con i vertici dei sindacati e con i partiti della cosiddetta opposizione per fare in modo che la protesta sociale non superasse certi limiti.

Queste due giornate sono l’ennesima dimostrazione di quello che è realmente la democrazia in uno Stato che tale si dichiara ed è guidato da un governo di centro-sinistra: ancora una volta è evidente, come ha scritto Carlo Marx, che anche lo Stato più democratico costituisce l’apparato repressivo al servizio delle classi dominanti e non tollera alcuna opposizione vera ed organizzata verso le scelte fondamentali della borghesia. Lo Stato nel corso dell'ultimo secolo ha infatti aumentato enormemente il suo apparato repressivo diretto, e indiretto, ha esteso cioè il suo controllo su partiti e sindacati, vigila attentamente sulla stampa e sui mezzi d’informazione più diffusi e il dissenso è tollerato solo in quanto può servire a confondere le idee sulla sua vera natura totalitaria.

Lo Stato greco in particolare, fin dai primi anni del Novecento, ha dimostrato di essere sempre dalla parte della borghesia e dei proprietari fondiari contro la classe lavoratrice e le sue organizzazioni. La breve parentesi “democratica” seguita alla dittatura dei colonnelli è stata solo un’illusione collettiva provocata dall’apertura verso l’Europa e dall'effimero aumento dei redditi e dei salari mentre nulla cambiava nella natura dello Stato, di classe e avverso al proletariato.

Richiedere la democrazia "diretta", una mera illusione, dimostra da sola quanto primitiva e reazionaria sia l'ideologia oggi dominante anche fra gli sfruttati. Nello Stato borghese democrazia significa dittatura della maggioranza elettorale, cioè della borghesia terriera, finanziaria e industriale. Le votazioni, il gioco parlamentare tra maggioranza e opposizione, la cosiddetta libertà di stampa e di associazione, rappresentano solo un teatrino per illudere il proletariato sul suo reale stato di sottomissione alle classi possidenti. E questo è tanto più evidente in un periodo di crisi economica mondiale come quello che stiamo vivendo, quanto si smascherano le ferree leggi del Capitale.

Il 28 e 29 giugno non sono state certo delle date storiche per la Grecia: ci saranno nuovi “piani”, nuove “manovre” e nuove votazioni parlamentari. Le misure di austerità approvate dalla risicata maggioranza di cui dispone il governo di George Papandreu rientrano infatti nel piano da 78 miliardi di euro, di cui 50 di privatizzazioni e 28 di tagli e aumenti fiscali, tra cui l'imposta speciale "di solidarietà" dall'1 al 5% del reddito, approvato per consentire che 12 miliardi di Euro passino dalla Banca Centrale Europea alle banche creditrici del debito ellenico. Ma si tratta solo di un nuovo prestito ad uno Stato di un paese con l'economia in ginocchio e che non sarà in condizioni di restituirlo.

Ci saranno dunque nuove occasioni per dimostrare le vere intenzioni dei sindacati, ma già le giornate del 28 e 29 giugno, propagandate come l’occasione per una prova di forza, che si è rivelata invece di debolezza per il movimento sindacale, provano la incapacità di direzione dell’opposizione di cosiddetta “estrema” sinistra. Sono state la dimostrazione che il proletariato, anche se numeroso, coraggioso e determinato, non è niente se non unito in organizzazioni completamente indipendenti da quelle borghesi, in sindacati chiaramente schierati contro ogni solidarietà con le classi dominanti e la loro economia e finanza.

La rivoluzione proletaria è impossibile se mancano genuine organizzazioni sindacali che raggruppino la maggioranza della forza del proletariato e se manca l’organizzazione politica proletaria, il partito che ha fatto proprio il programma storico del comunismo rivoluzionario di sinistra. La rivoluzione non è per domani: di fronte alle avanguardie proletarie di Grecia sta un compito difficile, un lungo lavoro di riorganizzazione politica e sindacale. È necessario impegnarsi dentro e fuori le organizzazioni sindacali perché si formino dei gruppi di lavoratori decisi a dare battaglia per la formazione di un unico fronte sindacale su posizioni di classe, un fronte disposto a difendere in maniera intransigente gli interessi generali della classe lavoratrice, lottando contro il padronato, lo Stato, la dirigenza opportunista dei sindacati attuali, ma anche contro visioni particolaristiche e interessi parziali e corporativi che esistono tra i lavoratori.

Occorre che una significativa minoranza proletaria si ricolleghi alle posizioni del comunismo rivoluzionario di sinistra che storicamente ha avuto nella temperie rivoluzionaria degli anni venti del Novecento, nei primi anni di lavoro della Terza Internazionale Comunista e del Partito Comunista d’Italia, il suo punto più alto e che oggi trova continuità nell’opera del Partito Comunista Internazionale.

PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

4539