">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Imperialismo e guerra    (Visualizza la Mappa del sito )

No more wars

No more wars

(21 Maggio 2012) Enzo Apicella
Manifestazione a Chicago contro il vertice Nato

Tutte le vignette di Enzo Apicella

PRIMA PAGINA

  • Domenica 21 aprile festa di Primavera a Mola
    Nel pomeriggio Assemblea di Legambiente Arcipelago Toscano
    (18 Aprile 2024)
  • costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

    SITI WEB
    (Il nuovo ordine mondiale è guerra)

    Missioni di pace: grande affare

    (18 Agosto 2011)

    L’ennesimo rifinanziamento della missione di pace italiana in Afghanistan è stato approvato lo scorso 25 gennaio dalla Camera dei deputati con una maggioranza bulgara, trasversalmente dai banchi di centro destra e di centro sinistra. Per sostenere le forze armate tricolore è stato incrementato il finanziamento globale dall’inizio della missione: per i prossimi sei mesi sono stati stanziati 410 milioni di euro, vale a dire 68 milioni al mese, cifra che all’incirca equivale alla spesa complessiva annuale del 2002 e 2003.

    Solo il partito dell’ex-poliziotto Di Pietro ha votato contro e con il suo rappresentante in aula ha dichiarando maldestramente che «È stata completamente smarrita la missione originaria della nostra presenza: quella in Afghanistan è diventata a tutti gli effetti una missione di guerra gestita fuori dalla regia del nostro paese», come se originariamente questa guerra avesse avuto altri “obiettivi” per la stracciona, quanto opportunista, borghesia italiana. L’Italia, e la sua regia, è vero, sono subordinate ad altrui scelte. Legata principalmente all’imperialismo americano, non ha e non può avere un ruolo autonomo come le grandi potenze imperialiste, ruolo che richiede ingenti capitali alle spalle. Lo Stato della borghesia italiana ha sempre cambiato fronte, ma per rimanere fedele alle dinamiche e ai dettami del capitalismo internazionale.

    Il no dipietrista è in linea con il teatrino parlamentare, uno sporco gioco delle parti, e di certo non equivale al nostro, che è da sempre e coerentemente un “Contro la guerra imperialista” su qualsiasi fronte.

    Tutti i partiti della borghesia italiana, siano etichettati di destra, di centro o di sinistra, saranno pronti, al di là delle sceneggiate delle circostanze, a finanziare tutte le missioni militari che lo Stato del capitale italiano vorrà imporre. Un esempio per tutti è quello di “Rifondazione” che pochi anni or sono non esitò a mostrarci l’autentico volto dell’ala sinistra del capitale.

    Il prototipo storico fu allo scoppio della Prima Guerra mondiale, quando la gran parte dei partiti (allora) socialisti d’Europa, capitanati da quello francese e tedesco, votarono i crediti di guerra, sostenendo la guerra imperialista dei rispettivi governi: era il fallimento della Seconda Internazionale, il tradimento dell’internazionalismo proletario ed uno inequivocabile spartiacque per il movimento rivoluzionario.

    Oggi, la meritevole campagna di pace afgana ha portato via dalle piangenti casse statali, nell’arco di nove anni, più di 3 miliardi di euro. Questa nuova spesa, in imponente crescita dall’inizio della missione, non viene minimamente influenzata dalla inevitabile necessità di riduzione della spesa pubblica, ripetendo pappagallescamente le parole di tutti i megafoni di regime. Queste, infatti, devono riguardare esclusivamente settori non proficui quali la sanità, la scuola, le pensioni, i salari dei lavoratori etc.

    La Difesa – del capitale – settore strategico anche per la produzione in Italia, non deve essere scalfita. Nel 2010 il Bel Paese, all’ottavo posto al mondo per spese militari, investiva 23,5 miliardi di euro per la Difesa, costi da imputare principalmente alle trenta missioni militari e al mantenimento di un esercito professionale di circa 190 mila uomini, dove il numero dei comandanti, tra generali ammiragli colonnelli e ufficiali, supera notevolmente quello dei comandati. Altre spese di rilievo riguardano i nuovi sistemi d’arma, dalla portaerei Cavour, 1,4 miliardi di euro, le fregate Fremm, 5,7 miliardi, e i 131 cacciabombardieri F-35, 13 miliardi.

    Originariamente questa guerra fu propagandata come necessaria per salvare l’inerme e martoriata popolazione afgana dai terribili soprusi del governo dei preti islamici talebani. Debellati questi, tutto lo sforzo finanziario, prima concentrato sugli armamenti, si sarebbe dovuto trasferire verso la serena ricostruzione del paese.

    Oggi, in un Afghanistan tutt’altro che pacificato, dove i maggiori predoni imperialisti si contendono nuove sfere di influenza ponendo le basi del terzo macello mondiale, anche questa ipocrita menzogna viene a cadere. Dal 2008 la parte già misera di finanziamenti destinati alla cooperazione allo sviluppo è diminuita del 42% rispetto allo stanziamento globale, passando dal 9,4% al 3,6% di quest’anno. Cifre che comprendono non solo l’Afghanistan, ma anche Iraq, Pakistan, Libano, Somalia, Sudan e Myanmar. Mentre la spesa complessiva cresce, questi finanziamenti diminuiscono sensibilmente: oggi sono 16,5 milioni di euro, nel secondo semestre del 2010 erano di 18.7 milioni. La guerra è guerra, e non c’è più spazio per le illusioni piccolo borghesi.

    Se il governo della borghesia italiana non può smentire la sua natura e foraggia costantemente questa guerra permanente, va segnalato come la stessa faccia ottimi affari con la vendita di armi, tant’è che la pacifica Italia nel 2009 è risultata al secondo posto in Europa per armamenti venduti, con 6,7 miliardi di euro contro i 5,6 del 2008. Prima tra le europee la Francia, con vendite per 12,7 miliardi, terza la Germania con 5 miliardi, seguita dal Regno Unito. Nel 2009, dalla civile Europa, complessivamente sono stati venduti armamenti per 40,3 miliardi di euro, cifra record che fa segnare un più 20% rispetto al 2008.

    La esportazione degli armamenti targati Unione Europea per il 53% è diretto verso quello che volgarmente viene chiamato e considerato sud del mondo, alta la percentuale destinata ai paesi del Medio Oriente, qui le importazioni dall’Europa sono raddoppiate, passando dai 4,9 miliardi del 2008 agli oltre 9,6 del 2009. Raddoppiano anche le esportazioni verso i paesi del Nord Africa da 985 milioni a 2 miliardi, mentre triplicano quelle verso i paesi del Centro e Sud America da 807 milioni a 2,3 miliardi.

    Un altro fiorente mercato delle armi, seppur più contenuto, ma in notevole espansione è quello delle armi da fuoco non da guerra, in questo settore l’Italia risulta al vertice nel mondo. Per il quinto anno consecutivo con quasi 250 milioni di dollari di esportazioni ha preceduto il Brasile, 186 milioni di dollari, la Germania, 127, e gli Stati Uniti, 114.

    Se in Italia le spese militari non conoscono la parola crisi, la stessa ha avuto effetti controversi in Europa, dove molti governi, tra tutti quello francese, tedesco, e soprattutto inglese hanno dovuto mischiare un po’ le carte, modificando e tagliando i bilanci record della difesa raggiunti negli anni precedenti, liquidando interi gloriosi reggimenti, smantellando portaerei e navi datate, chiudendo basi e mandando in pensione vecchi aerei e vetusti carri armati.

    Comprendere l’esatto ammontare delle spese militari nel mondo è un’operazione piuttosto complessa, a renderla intricata contribuiscono i numerosi enti istituzionali che acquistano armi e i mille bacini da cui attingono i fondi. Ed ovviamente i governi truccano le cifre.

    Se in Europa si taglia, si dismette il superfluo, il più grande imperialismo al mondo, quello a stelle strisce, sembra resistere. Circa trenta miliardi di dollari di aumento della spesa militare, questo è stato il biglietto da visita della rivoluzionaria amministrazione di Barack Obama durante il suo primo anno di governo. Per i prossimi 5 anni, grazie anche al ritiro delle truppe dall’Iraq, era prevista una riduzione per la spesa della Difesa, ma oggi il nuovo fronte libico potrebbe annullare questi minimi tagli. Il 14 febbraio scorso, prima dello scoppio della guerra in Libia, il presidente ha avanzato una richiesta al Congresso sul bilancio militare per il 2012 di 670,9 miliardi di dollari. Ma per il momento non è ancora stata approvata dal Congresso la richiesta della Casa Bianca sul bilancio federale 2011, che comprende anche l’ambito militare.

    La Cina, invece, seconda al mondo per le spese militari, continuerà il suo percorso iniziato da anni, ed investirà massicciamente nella modernizzazione del suo esercito. Il nuovo budget per la difesa per il 2011 resterà in linea con quello dello scorso anno, con aumento di circa 7,5 punti percentuali. Il nuovo emergente imperialismo ridurrà da 2,3 a 1,5 milioni il numero dei soldati, in linea con la modernizzazione dell’apparato militare, ancora lontano da poter contrastare la supremazia americana.

    Le armi, scrivevamo, sono la merce perfetta, anche in periodi di crisi come questo riescono ad avere un mercato di sbocco nonostante la sovrapproduzione capitalistica. Merce ideale per il sanguinario capitale, perché la sua natura distruttiva permetterà domani la ricostruzione, e nuovi affari.

    Nell’attuale fase imperialistica tutto il pianeta è un grande mercato, oggi però non esistono più come in passato nuovi aree da colonizzare, nuovi territori da aprire allo sbocco dello merci esuberanti, ostinatamente prodotte nei grandi apparati industriali da questo malato sistema di produzione. Non esistono altre Americhe da scoprire. Tutte le potenze imperialistiche sono costrette a contendersi ciò che c’è. La contesa ha oggi le sembianze di una guerra dove i maggiori imperialismi possono imporre la loro forza sui mercati, sulle rotte commerciali, sul controllo sulle materie prime e sulle loro vie di transito. Ma domani queste tensioni sfoceranno in un conflitto imperialistico mondiale che avrà come fine immediato quello di ridefinire le zone di influenza, come avvenuto alla fine del secondo macello mondiale; ma soprattutto avrà la funzione di distruggere tutto il capitale costante, impianti e merci in sovrapproduzione, e quello variabile, lavoratori rimasti disoccupati a causa della crisi.

    Allora ancora altre armi serviranno, ancora molte altre dovranno essere prodotte e vendute.

    La guerra appare quindi come unico sbocco inevitabile che il capitalismo ha per sopravvivere. Tutti gli Stati lavorano in questa prospettiva. Né noi comunisti né tantomeno i borghesi possono pronosticare la data di inizio delle ostilità in grande. Ma la partita è in atto da anni, come dimostra la guerra in Afghanistan-Pakistan, dove i maggiori predoni imperialisti, USA, Cina, Russia, e i maggiori europei stanno cercando di aggiudicarsi posizioni di vantaggio in attesa della guerra diretta fra di loro.

    Il capitalismo continuerà ad avvelenare la terra con la guerra, perché questa è inevitabile e indispensabile alla sua sopravvivenza.

    Il marxismo rivoluzionario non ha mai implorato la pace al capitale, sa che questo sistema non potrà non precipitare l’umanità in un ennesimo conflitto mondiale. Ma sa anche che l’immensa forza che il proletariato ha in grembo potrà domani fermare la guerra, che verrà trasformata da guerra tra Stati nazionali in mondiale guerra tra le classi, una guerra per una nuova società: il comunismo.

    http://www.international-communist-party.org/ItalianPublications.htm

    Partito Comunista Internazionale

    3712