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Destra e sinistra

(29 Marzo 2004)

E’ riapparso nelle librerie il famoso pamphlet del filosofo, recentemente scomparso, Norberto Bobbio: Destra e sinistra. Come è noto, egli vi sostenne che la distinzione fondamentale risiede tra chi (la sinistra) crede nell’uguaglianza degli uomini e chi (la destra) nell’ineguaglianza. Per il Bobbio, le altre distinzioni (destra autoritaria, sinistra libertaria; destra conservatrice, sinistra riformatrice; reazione e progresso; ecc.) o non sono sempre valide o sono inessenziali. In effetti, Bobbio, anche senza dirlo esplicitamente, aveva intravisto che la distinzione tra destra e sinistra è tutta interna alla borghesia. Infatti, i proletari, gli operai, gli intellettuali a loro legati, o sono comunisti rivoluzionari e anti-capitalisti o si accodano alla borghesia, di destra o di sinistra.

La distinzione tra destra e sinistra, oltre al riferimento logistico della posizione dei parlamentari rispetto allo scranno del presidente, è – o dovrebbe essere – legata all’atteggiamento programmatico, politico-sociale, dei vari partiti e movimenti borghesi. Soprattutto, con riferimento all’atteggiamento, e alle politiche, nei confronti della classe operaia e del proletariato in genere.

In estrema sintesi, e riducendo all’osso la distinzione, la “destra” si caratterizza per la preferenza dei metodi di sfruttamento operaio basati sull’estorsione di plusvalore assoluto (bassi salari; lunghi orari di lavoro; ecc.); di contro, la “sinistra”, per la predilezione verso metodi di estorsione di plusvalore relativo (salari e orari legati alla produttività). v. Capitale, Marx, Libro I. La distinzione ridonda, di conseguenza, verso le politiche economiche di sostegno all’accumulazione capitalistica: la destra, con gli alti profitti, vuole favorire il loro reinvestimento e, quindi, la riproduzione allargata; la sinistra, con gli alti salari intende estendere il mercato interno e, quindi, garantire la più estesa realizzazione dei profitti, sempre ai fini dell’accumulazione. Come si vede, il fine ultimo è lo stesso (il sostegno al capitalismo), mutano i metodi.

Una volta al governo, le diverse tendenze borghesi convergono al centro: le distinzioni sfumano di fronte alle esigenze capitalistiche quotidiane e a quelle tattico-strategiche dell’oligarchia finanziaria (http://capireperagire.blog.tiscali.it/xf1113706/). Infatti negli ultimi anni abbiamo o governi di centro-destra o di centro-sinistra. Dall’avvento del capitalismo parassitario (http://capireperagire.blog.tiscali.it/rk1232920/), cioè all’indomani della crisi del 1974-75 e della riorganizzazione monopolistica a cavallo degli anni '70 e '80, diventa sempre più difficile riconoscere le differenze tra destra e sinistra, in quanto tutte le forze borghesi sono diventate l’espressione politica della putrefazione finanziaria del capitalismo monopolistico dello Stato italiano (http://capireperagire.blog.tiscali.it/ep1125579/). Il massimo della distinzione che può emergere tra i miasmi di questa putrefazione è tra l’azionariato diffuso (alla Prodi) e la corporate governance (alla Berlusconi, Tronchetti Provera, Benetton, Agnelli, ecc.), che si riduce alla differenza tra un controllo manageriale “puro” e un controllo manageriale dei gruppi monopolistici più direttamente legato alle “grandi famiglie” del capitalismo italiano. Cioè, in ultima analisi, ad una maggiore o minore autonomia di nomina e decisionale dei top manager rispetto ai vertici dell’oligarchia finanziaria italiana, nel quadro di una unica e comune matrice italo-imperialistica (http://capireperagire.blog.tiscali.it/fv1304630/). Ecco perché, abbiamo visto, e vedremo, governi di centro-sinistra dare ad es. l’assalto alle pensioni operaie (legge Dini) oppure intervenire militarmente in Kosovo, né più e né meno di quello che sta facendo il governo di centro-destra attuale (ad es. sempre con le pensioni, e in Irak).

Oramai, stanno maturando i tempi (come è stato previsto tanti anni fa) in cui gli operai non diranno più soltanto: “salviamo i posti di lavoro e il salario”; ma grideranno e lotteranno per “abolire il lavoro salariato” e, con esso, il loro sfruttamento. Allora, sparirà la base stessa della distinzione tra destra e sinistra, perché non ci sarà più plusvalore da estorcere e da spartirsi, bensì l’obbligo di lavoro produttivo per tutti. Così come, con la socializzazione dei mezzi di produzione, non ci sarà più il problema di chi avrà la possibilità di papparsi i super-compensi dei top manager, perché i dirigenti godranno degli stessi compensi di tutti i lavoratori della società. La talpa è lenta, ma scava, scava ...

s.b.

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