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    Marzotto: tra ristrutturazione e concertazione

    intervista a Fulvio Frigo, RSU Filtea Cgil Marzotto di Schio (Vicenza)

    (28 Febbraio 2004)

    Qual è la situazione attuale alla Marzotto, quanti addetti contava il gruppo prima della ristrutturazione e quanti ne conta oggi?

    Facciamo prima a dirti quanti lavoratori abbiamo perso dal 1998 ad oggi: 2500 in 5 anni nei 6 stabilimenti del gruppo: Piovene che oggi fa filati per maglieria e ieri (nel 1998) filati per tessitura, Schio che nel '98 era una tessitura di 700 persone, la filatura cardata con il copertificio altre 300 persone, Praja a mare che all'epoca erano 500 persone, Manerbio (Brescia) 500 persone, Mortara (Pavia) altre 250-300... oggi tutti ridotti ad un terzo.
    Quello che noi contestavamo all'epoca era la mancanza di progettualità della direzione. Per questo dicevamo che bisognava intervenire in modo unitario, coinvolgendo tutti gli stabilimenti, non lasciando fare all'azienda. Invece è stata avallata una cosa in cui non c'era un progetto di ristrutturazione che potesse essere discusso.
    Stranamente c'è adesso, ma adesso è tardi per un piano industriale, all'epoca c'erano sindacalisti che non capivano un cazzo di quello di cui stiamo parlando e i manager stessi non capivano quello che facevano: il loro unico problema era chiudere le fabbriche.

    Oggi questa ristrutturazione è conclusa?

    No assolutamente, si concluderà quando non ci saranno più strutture industriali, e non solo per il tessile.

    Qual è stato il ruolo del sindacato?

    Assente e in alcune situazioni complice... si poteva gestire meglio, in modo meno traumatico... l'unica fortuna è stata che in quel momento il mercato digeriva ogni figura professionale, non c'era ancora concorrenza, siamo in un territorio dinamico, però adesso la festa è finita.

    La festa è finita nel senso che si comincia a sentire odore di crisi anche in questo territorio?

    Io parlerei già di recessione, crisi mi sembra una parola ormai obsoleta. Questa è recessione bella e buona. C'è un’altra cosa importante da dire: dei posti di lavoro ci sono ancora, ma degradati. Oggi anche figure tecnicamente e professionalmente preparate non trovano più posto di lavoro, anzi per loro è ancora più difficile, perché gli unici posti disponibili sono a tempo determinato: magazziniere o pulizie, oppure pulizie o magazziniere...

    Sono aumentati i ritmi nonostante lo stato di crisi?

    Questa è una vecchia costante: se la produttività aumenta l'occupazione diminuisce, questa è una regola ferrea a maggior ragione oggi, a produzione costante; e per contro l'aumento di produttività non è mai stato adeguatamente retribuito.

    Voi come delegati siete stati coinvolti nei processi di ristrutturazione e riorganizzazione, oppure sono stati calati dall'alto e per voi ha trattato il sindacato?

    Noi abbiamo subito, pur contrari nelle forme e nei metodi, li abbiamo solo e soltanto subiti, il nostro giudizio su questi processi di ristrutturazione è che sono soltanto strame.

    Tu pensi che ci sia una relazione tra tutto quello che abbiamo detto e la contrattazione concertativa sulla base degli accordi del 23 luglio e, una seconda domanda, rispetto agli accordi integrativi aziendali: c'è stato un accordo di gruppo o accordi separati stabilimento per stabilimento?

    Sulla concertazione devo dire che per quanto mi riguarda è la madre di tutte le disgrazie dei lavoratori. Sugli accordi aziendali anche lì è stato un momento di duro scontro tra la base dei lavoratori, e con loro le Rsu, e il sindacato stesso, perché abbiamo chiuso un accordo aziendale ridicolo che coinvolge tutto il gruppo.
    Nei vari stabilimenti poi i passaggi sono stati fatti. Per esempio nel nostro dove le Rsu sono compatte, l'accordo è stato bocciato. In altri stabilimenti dove non c'è, sempre a mio giudizio, una cultura sindacale sviluppata, e, sempre dal mio punto di vista, non ci sono dei delegati preparati e capaci, l'accordo è stato approvato.
    Quando non c'è dibattito e non c'è discussione alla fine la logica che prevale è che piuttosto che niente sono meglio 10 euro.

    Raggiungendo tutti gli obiettivi, centrandoli tutti, in un anno cosa percepireste di premio?

    Il problema di fondo è che si tratta come al solito di uno specchietto per le allodole: si ipotizza una cifra abbastanza elevata, 800 mila lire di premio all'anno, sulla base di un obiettivo che però è irrangiugibile. Infatti non si è mai raggiunto. Anche l'ultima volta la media è stata di 240 mila lire lorde al 3° livello.

    Come avete intenzione di procedere? Come lavoratori e come Rsu avete avviato una discussione, siete intenzionati ad andare oltre il 23 luglio o ad accettare?

    Oramai le fabbriche non esistono più, nel 2003 è stato chiuso Manerbio, Abbiamo ridotto al lumicino Schio, è stato chiuso metà Piovene, a Valdagno c'è un sacco di mobilità e a breve chiude anche Praja a mare.
    Quindi è impensabile che ci sia da parte dei lavoratori una capacità di reagire, anche perché lo sappiamo già che ci sarà qualcuno che dovrebbe stare dalla nostra parte e che invece ci chiederà come facciamo ad avere il coraggio di chiedere soldi mentre altri lavoratori sono fuori.
    Questo è il problema di fondo perché abbiamo un sacco di lavoratori in cassa integrazione.
    Quindi come al solito verrà proposta la solita vecchia minestra devastante, sempre dal mio punto di vista, della concertazione per arrivare a concludere un accordo aziendale probabilmente con meno soldi di quelli che avevamo prima, che già non erano niente.

    Qual è il salario medio mensile di un terzo livello?

    Un milione 600mila lire, 820 euro. In turno, facendo la notte, si può arrivare a 1200 euro.

    Hai sensazione che i lavoratori non ce la facciano con questi tipi di salario?

    Secondo me è impensabile che qualcuno possa farcela con questi salari. Il problema di fondo è che in questo territorio lo straordinario non è un surplus, ma parte integrante del salario. Una parte assolutamente necessaria per avere una vita dignitosa.

    Insomma possiamo dire che il modello veneto tanto osannato in giro per il mondo è fondato su salari bassissimi che obbligano alla contrattazione individuale, allo straordinario, al secondo lavoro.

    Tutte tre le cose che hai detto: sicuramente il secondo lavoro e sicuramente la necessità di fare straordinario.
    Anche perché l'unica cosa che possiamo dire con certezza del modello veneto è che in realtà non esiste: eravamo e siamo comunque il sud del mondo. Il modello veneto è un modello in cui c'è probabilmente il più alto reddito familiare d'Italia, ma anche il più basso reddito individuale.
    Fino a che in una famiglia si lavora in 5 va tutto bene, ma quando cominciano ad essere in mobilità in due o in tre, allora iniziano i problemi.

    Secondo te i lavoratori e le lavoratrici che tipo di fiducia ripongono nel sindacato, come lo vedono?

    Mi fai una domanda su cui devo riflettere profondamente, il mio giudizio sarebbe estremamente negativo... stavo pensando se c'era qualche lavoratore che avrebbe potuto dirmi il contrario, però penso che non ci sia più nessuna fiducia.
    Anche se consideriamo le cose solo dal punto di vista formale, senza dare un giudizio politico, se noi pensiamo a come è stato approvato in provincia di Vicenza l'ultimo contratto nazionale dei tessili è una cosa che fa rabbrividire qualsiasi lavoratore che abbia una cultura sindacale.
    Una volta la prassi era che si presentava la bozza della piattaforma in assemblea, tenendo conto delle proposte dell'assemblea si faceva la trattativa vera e propria, poi si faceva l'intesa che veniva nuovamente presentata ai lavoratori e poi si firmava il contratto.
    L'ultimo contratto dei tessili in provincia di Vicenza è stato approvato dai direttivi provinciali, non dalle assemblee dei lavoratori. Questa è una cosa scandalosa.
    E' vigliacco non tenere in considerazione quello che dicono i lavoratori, non posso accettare pedissequamente le cose che propone la Marzotto perché è in difficolta, non posso accettare e firmare e basta.
    Proprio l'altro giorno abbiamo chiesto nel direttivo unitario di Vicenza di mettere ai voti una mozione che diceva di portare la richiesta economica a 150 euro che riteniamo il minimo indispensabile per coprire la perdita di potere d'acquisto e di riparametrare gli scatti di anzianità che sono fermi da sempre.
    Non abbiamo nemmeno potuto votare la piattaforma!

    Su tutto quello che sta succedendo in Fiom, sui precontratti dei metalmeccanici, sull'attacco alle pensioni e allo stato sociale, i lavoratori alla Marzotto discutono di quello che sta accadendo oppure in fabbrica si discute poco?

    E' una situazione gravissima non c'è coscienza di quello che sta avvenendo, i lavoratori non sono coinvolti.

    Un’ultima domanda: cosa ne pensi della questione della delocalizzaione?

    Io intanto non la chiamo delocalizzazione, la chiamo neo colonialismo del terzo millennio che è una cosa diversa. Gli imprenditori italiani vogliono andare all'estero per guadagnare sulla schiavitù delle persone. E se produrre in Italia costa 10 e all'estero costa 1, perché poi me lo rivendi ad un prezzo uguale?
    E non sto parlando tanto della Marzotto in cui comunque c'è un certo controllo, quanto degli industriali che magari al Rotary o al Lyons parlano contro il lavoro minorile e poi loro stessi utilizzano il lavoro minorile e sottopagato.
    Basti pensare che l'ultima riunione degli industriali del comprensorio di Treviso è stata fata a Timsoara, in Romania dove hanno 900 aziende.

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