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Il mattino ha loro in bocca

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(6 Settembre 2011) Enzo Apicella
Oggi sciopero generale contro la manovra economica

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(Capitale e lavoro)

Contro le manovre del governo e l’accordo del 28 giugno

Per la difesa intransigente della classe lavoratrice. Per la rinascita del Sindacato di classe

(6 Settembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

La manovra economica è un nuovo pesante attacco contro tutta la classe lavoratrice. Distrugge il contratto collettivo nazionale di lavoro attraverso la possibilità nei futuri contratti aziendali di derogare ad esso su quasi ogni materia; consente che i contratti aziendali concedano la piena libertà di licenziamento, in deroga all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori; accelera il processo d’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni delle lavoratrici del settore privato.

Tutti questi provvedimenti nella loro essenza si riducono all’obiettivo di fondo perseguito dalla borghesia, dai suoi Governi di destra o sinistra, dal suo Stato, in ogni paese: la riduzione del salario, sia esso diretto (busta paga), indiretto (servizi sociali), differito (liquidazione, pensione).

Ridurre il salario significa aumentare lo sfruttamento del proletariato. Questa è la sola reale misura che il capitalismo ha a disposizione per mantenere in vita la sua economia, minata dal cancro incurabile del calo del saggio del profitto e dalla sovrapproduzione di ogni tipo di merci: le vere cause della crisi, che non è italiana né europea, ma è mondiale.

La classe lavoratrice – il proletariato – non deve farsi carico della sopravvivenza di questo sistema economico perché esso è destinato inesorabilmente al collasso e comporta sempre più sfruttamento, miseria, oppressione e guerra per i lavoratori di tutto il mondo. L’economia capitalistica continuerà ad affondare, avvitandosi in crisi sempre più estese e catastrofiche, ma la classe lavoratrice non si rassegnerà ad affogare con essa e lotterà per i suoi opposti interessi di classe, contro questo sistema sociale che ha fatto il suo tempo.

Per questo, oggi, la strada che i lavoratori devono intraprendere non è quella di chi propone false ricette alternative volte alla impossibile ripresa della crescita dell’economia capitalistica, sostenendo uno dei due schieramenti parlamentari che si fingono contrapposti, né quella di chi favoleggia un’economia capitalistica diversa, più “umana” e meno distruttiva per il lavoro e le risorse naturali, da realizzare attraverso l’azione di movimenti di tutte le classi e senza mettere in discussione il regime sociale e politico borghese. Il Capitale sarà sempre disumano e distruttivo.

Oggi, per i lavoratori, la questione centrale è quella di organizzare la difesa intransigente delle loro condizioni di vita e lavoro, il che significa lottare senza farsi carico alcuno delle sorti dell’economica nazionale.

La direzione della CGIL è stata costretta a organizzare lo sciopero di oggi per non screditarsi del tutto davanti ai lavoratori. Ed è un fatto positivo che una parte importante del sindacalismo di base vi abbia aderito, superando la pratica annosa degli scioperi separati. Ma è evidente a tutti che scioperi di questo tipo non sono e non saranno sufficienti per fermare l’attacco presente e quelli futuri.

Solo la forza può imporre al Capitale e al suo Governo il ritiro di questi provvedimenti. Questo significa mobilitare i lavoratori in uno sciopero generale a oltranza fino al ritiro della manovra. È evidente che una simile mobilitazione non s’improvvisa. Occorre una organizzazione sindacale estesa e determinata a un lungo lavoro per preparare la classe a un simile scontro. Questo sindacato oggi non esiste.

Di fronte alla manovra di luglio, infatti, che ha colpito pesantemente i servizi sociali e ha prorogato il blocco dei contratti per i dipendenti pubblici, la CGIL non solo non ha mosso un dito, ma il 4 agosto ha presentato al Governo – in comune con gli altri sindacati di regime (CISL, UIL, UGL), con Confindustria e con l’Associazione della Banche – le “Proposte delle Parti Sociali” per unirsi agli industriali e alle istituzioni finanziarie nazionali e internazionali nel richiedere privatizzazioni, modernizzazione dello Stato sociale, della Pubblica Amministrazione e delle relazioni sindacali: tutti i soliti ipocriti eufemismi coi quali la borghesia camuffa gli attacchi contro i lavoratori.

La parte della manovra che distrugge il contratto nazionale di lavoro è figlia legittima dell’Accordo del 28 giugno fra Confindustria e CGIL-CISL-UIL, che già segnava un passo decisivo in questa direzione.

Coerentemente CISL e UIL lo riconoscono e plaudono sia a quell’accordo sia a questa parte della manovra. È la maggioranza CGIL che ora deve fare le capriole, sostenendo che la manovra ribalta quell’Accordo. Il Governo non ha fatto altro che accelerare i tempi. L’Accordo del 28 giugno deve essere respinto al pari della manovra d’agosto.

L’opposizione interna alla CGIL ha fatto pressioni sulla direzione per la proclamazione di questo sciopero, perché teme il totale discredito del suo sindacato fra i lavoratori. Ma non perché vuole ritornare ad un vero sindacato di classe, cosa nella quale altrimenti si sarebbe impegnata da almeno da due decenni, fuori e contro la CGIL. Essa rappresenta solo l’ala meno conseguente e la copertura del sindacalismo concertativo e di regime.

La CGIL non potrà mai diventare un sindacato di classe, non potrà mai arrivare a consentire uno scontro aperto perché la sua politica è fondata sul dogma che debba esistere un sistema di regole, condivise da borghesi e lavoratori, che possa tutelare gli interessi di entrambi e che eviti lo scontro di classe. Questa illusione ha retto fintantoché l’economia capitalistica è cresciuta, dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale. Con l’approfondirsi della crisi si sta dimostrando che non esistono regole o diritti, che sono cancellati quando è in pericolo la sopravvivenza del Capitale. Non esistono regole o leggi che possano difendere i lavoratori al di fuori della loro forza organizzata, che deve essere superiore a quella della classe nemica.

Ai lavoratori spetta dunque di ricostruire il loro Sindacato di classe per organizzare la difesa efficace dai sempre più duri attacchi della borghesia. Un sindacato realmente autonomo dal padronato e dal suo Stato: che rigetti tutte quelle forme di corruzione, mascherate da diritti, quali i distacchi permanenti e temporanei e per contare essenzialmente sull’impegno gratuito dei suoi militanti; che rifiuti il pagamento delle quote per delega per non lasciare il suo finanziamento in mano al padrone e rendergli nota la lista degli iscritti; che sia rappresentativo non perché sottostà alle regole concesse dal padronato o dallo Stato (RSU, RSA) ma solo perché di fatto in grado di organizzare i lavoratori e dirigere scioperi efficaci.

La condizione proletaria non sarà per sempre, come da ogni lato viene martellato, legata alle sorti dell’economia capitalistica, chiamata in ogni paese “economia nazionale”. Il capitalismo stesso ha ovunque nel mondo – e da decenni! – creato le condizioni per il suo superamento: ha sviluppato la forza produttiva del lavoro a tal punto da rendere possibile soddisfare i bisogni dell’umanità con poche ore di lavoro medio quotidiano. Oggi si tratta di liberare il lavoro dalle leggi economiche capitalistiche che impediscono questa necessaria e razionale organizzazione della produzione e della società. Ma, per farlo, bisogna liberare la classe mondiale dei lavoratori dal dominio politico del Capitale, della borghesia.

Coerentemente e a necessario completamento di questa guerriglia per la difesa intransigente delle proprie condizioni, già oggi la classe lavoratrice trova nel suo Partito, il Partito Comunista Internazionale, l’anticipazione della sua definitiva emancipazione sociale e politica rivoluzionaria per giungere domani a combattere e vincere la sua guerra che cancellerà il capitalismo per sempre.


6 settembre 2011

Partito Comunista Internazionale

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