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'Conflitto e indipendenza'. A Roma si prepara la rivolta contro il governo unico delle banche

(10 Settembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

'Conflitto e indipendenza'. A Roma si prepara la rivolta contro il governo unico delle banche

foto: www.radiocittaperta.it

10-09-2011/14:36 --- “L’autunno” quest’anno, si annuncia davvero caldo. Ed è iniziato presto, in piena estate.
Bastava affacciarsi questa mattina nel deposito dell’Atac occupato nel popolare quartiere romano di San Paolo, per rendersene conto.

Un’assemblea affollatissima, cominciata poco dopo le 10,30 di questa mattina, e che mentre scriviamo sta andando avanti con gli interventi di decine di rappresentanti venuti da tutta Italia: dai sindacati di base ai comitati territoriali contro la devastazione ambientale, dai collettivi di precari ai centri sociali.

A mettere i piedi nel piatto, introducendo il dibattito, è stato Luca Faggiano, a nome della Rete Roma Bene Comune, esperienza organizzatrice dell’incontro nazionale.

Faggiano invita tutti a intervenire interloquendo veramente, sull’onda di un metodo di lavoro che a Roma ha permesso ad esperienze diverse di convergere su un’unica piattaforma rivendicativa e di mettere a dura prova le amministrazioni Alemanno e Polverini. E’ ottimista l’attivista di Roma Bene Comune, tenendo conto che "non solo a livello locale, ma anche a livello globale la governance fa fatica a gestire le contraddizioni che la crisi genera". L'introduzione ha ricordato alcuni degli appuntamenti di un’agenda di lotta già fin troppo ricca, a partire dall’appuntamento di lunedì pomeriggio a Montecitorio e davanti alle prefetture in altre città per manifestare contro la manovra lacrime e sangue del governo. Ma l’attenzione di tutti gli interventi sembra concentrata sulla grande manifestazione – nazionale o locale ancora non si sa – che il 15 ottobre porterà in piazza tutti i soggetti sociali, sindacali, politici e territoriali in contemporanea con le manifestazioni organizzate in tutta Europa dai movimenti contro la gestione autoritaria della crisi sviluppatisi in numerosi paesi. Una giornata che non può che segnare un punto di svolta nella mobilitazione non solo contro il governo Berlusconi, che i più vedono ormai allo sbando, ma soprattutto contro i veri ispiratori di politiche che scaricano i costi della crisi sui lavoratori e le giovani generazioni applicate in Europa indifferentemente da governi di centrodestra, centro e centrosinistra. Alcuni interventi provano a spiegare perché il movimento di lotta, un nuovo spazio politico e sociale da mettere in piedi, deve essere necessariamente indipendente dal quadro politico, oltre che basato sul conflitto sociale (quello praticato, non quello rappresentato). L’intervento più netto e chiaro è sicuramente quello di Giorgio Cremaschi. “Ormai in tanto stanno scendendo dal carro del Governo Berlusconi, compresi alcuni degli strettissimi collaboratori del premier. Sembra di assistere ad una sorta di 25 luglio. Il problema per noi è non parteggiare per il Badoglio o per il Vittorio Emanuele di turno” avverte tra gli applausi il presidente del comitato centrale della Fiom. “Noi abbiamo due nemici: i reazionari del governo Berlusconi, certamente. E contro di loro dobbiamo mettere in campo un livello di scontro e di mobilitazione che finora non siamo riusciti a sviluppare in questo paese. Ma soprattutto – avverte ancora Cremaschi – il pericolo è che prenda il sopravvento un ‘governo unico delle banche’ contro il quale l’opposizione è lieve e spesso ambigua. Parlo del ‘compagno’ Profumo, del ‘compagno’ Montezemolo, dei vari Trichet e Draghi. Che se fossero al governo oggi al posto di Berlusconi sarebbero autori di un massacro sociale anche più grave di quello che Berlusconi ha saputo e voluto realizzare”. E poi una parola d’ordine che l’assemblea, dopo alcuni interventi interlocutori, attendeva: “Non facciamoci prendere in giro di nuovo, non cadiamo nella trappola per la seconda volta. Lo abbiamo fatto già nel 2006. Non lasciamo che a rappresentare, a capitalizzare le nostre lotte siano quelli che all’ultimo minuto si mettono alla testa dei nostri cortei, che vanno in tv ad impossessarsi di risultati referendari contro i quali hanno remato contro. Rappresentiamoci da soli, creiamo uno spazio politico unitario e conflittuale da opporre al governo unico, e politicamente trasversale, delle banche”. Un binomio – quello tra conflittualità e indipendenza – che è stato al centro di numerosi interventi, come quello di Paolo Leornardi dell’USB. Un binomio al quale Paolo di Vetta di Roma Bene Comune invita ad aggiungere ‘sovranità’, in omaggio ad una battaglia contro lo scempio ambientale e alla lotta contro le occupazioni militari interne rappresentata dentro l’assemblea di San Paolo da un appassionato intervento di Fulvio Perino, al quale seguono quelli del Centro Sociale Askatasuna, di Atenei in Rivolta, dei Cobas, di Firenze Bene Comune, del Forum italiano per l’acqua pubblica, del Centro Sociale il Cantiere di Milano e da tantissimi altri. Interventi che in molti casi sono tornati sulla giornata del 15 ottobre: una manifestazione che è già convocata da mesi su una piattaforma europea e che nessuno può pensare di privatizzare o di orientare per proprio tornaconto su percorsi e logiche fuorvianti e strumentali all’affermazione di forze politiche che aspirano a conquistare il governo di questo paese.

Una disoccupata del movimento Banchi Nuovi di Napoli ha rivendicato il sovversivismo delle lotte dei disoccupati e la richiesta di una salario anche quando il governo non è in grado di assicurare il lavoro. Non è mancato un passaggio polemico verso chi nei movimenti ci sta solo per fare il "pompiere" (il riferimento è alla giornata romana del 14 dicembre scorso) e un avvertimento: “per noi il 15 ottobre è tutti i giorni, sono 14 anni che lottiamo per il lavoro e per la nostra dignità”.

Mentre il dibattito continua il morale è alto, c’è la coscienza che non si tratti di un autunno come gli altri. “Abbiamo una opportunità senza precedenti” aveva del resto avvertito Cremaschi in polemica con alcune forze politiche e sindacali che si candidano a gestire il dopo Berlusconi: “Non dobbiamo chiedere ai governi di turno che ci sia maggiore equità nei sacrifici. Non possiamo accontentarci di qualche lacrima di coccodrillo di qualche ricco a fronte di un pianto drammatico da parte di decine di milioni di lavoratori, giovani e pensionati stritolati dalla logica del pagamento del debito. Dobbiamo lottare per imporre il diritto all’insolvenza, dobbiamo dire che non pagheremo un debito che non abbiamo contribuito a generare”.

Eccola, la parola d'ordine di una mobilitazione che già cresce di giorno in giorno: il vostro debito non lo paghiamo!

Marco Santopadre, Radio Città Aperta

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