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Una piattaforma generale del mondo del lavoro

da contrapporre alla piattaforma dei padroni

(1 Giugno 2002)

Serve una una mobilitazione, non solo per dimostrare l'indisponibilità a cedere su articolo 18 e arbitrato, ma per chiedere e rivendicare l'estensione dei diritti ed una nuova politica salariale e per il lavoro

Se Cisl e Uil hanno accettato (in queste condizioni) di procedere al confronto col Governo è perchè hanno già deciso di accettare un accordo. Rimane loro solo il problema formale di un accordo che non li porti a firmare nulla sull'articolo 18,(cercheranno cioè di salvare la faccia ...magari accettando mestamente di subire una prossima iniziativa parlamentare che smonterà lo statuto dei lavoratori grazie ad una maggioranza parlamentare che già basta a garantire ed a tener buona Confindustria), ma che porterà ai lavoratori un disastroso cedimento su tutto il fronte dei diritti, della prestazione, delle flessibilità, del salario.
Una "resa" che si spiega solo con un gruppo dirigente che ha infine accettato la fine della stessa concertazione e che manifesta ormai con estrema chiarezza tutta la sua propensione e disponibilità neocorporativa.

Rimane solo la Cgil, che a questo punto ha una grande responsabilità. Quella cioè di rappresentare non solo gli iscritti ma tutti i lavoratori. Una Cgil che (e sarà il caso di cominciarne a discutere) deve aprirsi e cercare convergenze anche di iniziativa con quei pezzi di sindacalismo di base non settari che rappresentano un'altra risposta in campo contro l'offensiva liberista di Governo e Confindustria.

La Cgil deve saper rappresentare la necessità di contrastare complessivamente l'offensiva di Governo e Padronato contro il lavoro ed il salario.
Per questo, oltre alle positive coerenze che la Cgil sostiene in materia di articolo 18 e arbitrato deve corrispondere una coerenza sul carattere complessivo della risposta che andrebbe data.

Preoccupa infatti che, senza mandato alcuno e senza una piattaforma e degli obiettivi discussi e condivisi dai lavoratori, la Cgil si dichiari intanto disponibile a sedersi a tavoli che non riguardano il mercato del lavoro (fisco, previdenza). Preoccupa inoltre l'assenza di risposte e di elaborazione sulle politiche della difesa del salario e della contrattazione, sopratutto perchè (in contraddizione con la conclusione congressuale) la Cgil e le sue categorie sono tutt'ora ancorate ad una defaticante quanto perdente coerenza con i principi dell'accordo concertativo del 23 luglio che stanno producendo accordi contrattuali a perdere.

Tutto ciò preoccupa perchè smaschera dei limiti nella stessa risposta della Cgil, che seppur ancorata in difesa di diritti fondamentali, mantiene ordinata tutta la sua pratica e politica rivendicativa all'interno di una illusione "concertativa" che smobilita gran parte della necessità di saper dare risposte al carattere complessivo dell'offensiva padronale.

Il direttivo della Cgil, convocato il prossimo 11 giugno, è quindi una scadenza che assume una importanza particolare.

* Per la Cgil, che dovrà dimostrarsi capace di rivolgersi a questo punto a tutto il mondo del lavoro (non solo quindi a se stessa ed ai suoi iscritti)
* Per la sinistra sindacale della Cgil, che non deve accontentarsi della "tenuta di Cofferati" ma che deve rilanciare i contenuti della propria piattaforma congressuale, per portare il direttivo della Cgil a "cambiare rotta"

Va bene la proposta della Cgil di arrivare anche ad un nuovo sciopero generale contro il Governo. Ma bisogna andarci con una piattaforma generale (non solo articolo 18 ed arbitrato quindi).

Bisogna andare da subito nei luoghi di lavoro per dare anche ai lavoratori la parola e la possibilità di contribuire concretamente alla preparazione di una piattaforma e di una vertenza generale che deve essere alla base delle prossime mobilitazioni.

All'offensiva dei padroni non si può rispondere solo con una mobilitazione dimostrativa della indisponibilità dei lavoratori a cedere parti consistenti dei loro diritti.

Bisogna costruire una piattaforma, lanciare una vertenza generale, fare mobilitazioni locali, territoriali, fino allo sciopero generale, per chiedere, per rivendicare (non solo dimostrare) il raggiungimento di obiettivi capaci di rappresentare i bisogni che il mondo del lavoro esprime, sulle condizioni della prestazione, sui diritti, sul salario. Bisogna cioè uscire dalla logica concertativa, rimettendo al centro dell'iniziativa sindacale i bisogni dei lavoratori e delle loro famiglie; assumendo come strumento per fare ciò un modello sindacale democratico e partecipativo.

Solo così si può vincere il carattere ideologico (e non solo economico quindi) dell'offensiva padronale e la propensione di Cisl ed Uil ad aderire ad un progetto e modello sindacale di tipo neocorporativo.

1 giugno 2002

Il coordinamento Rsu

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