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Primavera

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(8 Febbraio 2011) Enzo Apicella
4 bambini Rom muoiono nell'incendio della loro roulotte causato forse da una stufetta

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    (18 Settembre 2011)

    Italia, paese delle emergenze dove lo stato di diritto si sospende e subentra lo stato d’eccezione da far gestire alla Protezione (in)civile. È stato così per il terremoto, è così per la cosiddetta “emergenza nord africa”, emergenza nella quale stanno sguazzando squali della peggior specie, lucrando sulla pelle di migliaia di uomini e donne in fuga dalla guerra ed in cerca di un futuro migliore.

    Improbabili centri di accoglienza, assolutamente inadeguati, che sorgono come funghi, specialmente al sud, in ex alberghi piuttosto che in caserme dismesse, dove vengono ammassati centinaia di esseri umani in condizioni che non rispecchiano affatto l’accoglienza ma rimandano a delle vere e proprie polveriere, pronte ad esplodere, dove è già schierato lo Stato in tenuta antisommossa per reprimere e rimpatriare.

    Eppure l’Accoglienza si sarebbe potuta fare realmente adottando modelli già esistenti (Riace, Caulonia, Badaloto o Acquaformosa dove l'accoglienza vuol dire anche riqualificazione dei centri in via di spopolamento) che sono semplici, efficaci e sicuramente meno onerosi per lo Stato, investendo direttamente i comuni ad accogliere i migranti con la dovuta dignità.

    Invece si preferisce la via dell'emergenza perchè da ampi margini di speculazione e la sospensione dei (pochi) diritti di cui i migranti possono godere. E l'aspetto peggiore di questo modello è l'incertezza in cui vengono tenuti. Le domande che riecheggiano tra di loro sono «Dove sono? Perchè? Per quanto tempo starò qua? Cosa ci aspetta dopo?» e nessuno che all'interno delle strutture da risposte adeguate, nessuno sa rispondere, nessuna assistenza legale. La libertà e il destino dei migranti dipende dal giudizio della commissione, o più semplicemente dagli accordi che intercorrono tra l'Italia e il paese di provenienza di ognuno. Quello che si sta verificando sono quattro-cinque-sei mesi di attesa snervante e senza senso all'interno di questi lager per poi essere rimpatriati in massa. Poco importano i loro desideri, sono numeri o, al massimo, braccia e menti pronte da sfruttare nei campi o nelle fabbriche piuttosto che sui cantieri o nei ristoranti, in era di crisi e di cancellazione dello statuto dei lavoratori. Insomma nuovi schiavi. Difatti, nei centri urbani dove insistono Cara o CIE il caporalato è un fenomeno molto diffuso e lo sfruttamento è sistematico. La geografica di questi centri la dice lunga sulla funzionalità dell'emergenza: CIE di Ponte Galeria, Mineo, Castel Volturno, Nardò, Santa Maria Capua Vetere, Palazzo San Gervasio, Manduria, CARA di Bari-Palese, CIE di Restinco, CIE di Bari-San Paolo, Centro di Borgo Mezzanone, CIE di Crotone, CIE di Lametia Terme, CARA di Amantea, Cetraro, Falerna e Rogliano, Rosarno, migranti schiavi del fotovoltaico nel salentino piuttosto che nelle campagne della Piana di Gioia Tauro o del lametino, i quali sono tutti luoghi che costituiscono una geografia dello sfruttamento e della reclusione a cui sono sottoposti i migranti nel Sud Italia e in cui vediamo un’unica matrice: le legge Bossi-Fini che collegando il permesso di soggiorno al contratto di lavoro intrappola la vita dei migranti nel circuito della clandestinità e, nel Meridione in particolare, dai mari alle campagne , dai porti alle città, ai centri di detenzione, declina la disumanità e il ricatto istituzionale che pende costantemente sulla testa dei migranti.

    I CARA sorti nella provincia di Cosenza negli ultimi mesi rispecchiano a pieno il modello emergenziale voluto dal comitato d'affari costituito da governo-protezione civile-imprenditori vari. Avevano assicurato un CARA “diverso” i responsabili della cooperativa “Le rasole”, che attualmente gestisce con affidamento della protezione civile il CARA di Rogliano, nel quale i migranti sarebbero stati ospiti liberi e del quale i cancelli sarebbero rimasti aperti a chi avesse voluto portare la propria solidarietà. Inoltre ,il presidente della cooperativa assicurò che se il governo avesse imposto la chiusura dettata dal “decreto Maroni” loro avrebbero rimesso l’incarico. Queste le dichiarazioni rilasciate nell’assemblea pubblica di presentazione del Cara di Rogliano alla presenza del Sindaco e di decine di associazioni. Ma a meno di un mese di distanza la musica è cambiata: cancelli chiusi e intervento dei carabinieri, su richiesta del custode della struttura, per identificare gli attivisti che stavano semplicemente accompagnando alcuni migranti che si erano recati in paese per “evadere” dal carcere paradisiaco in cui sono stati confinati. Dall’interno della struttura giungono voci allarmanti di sfruttamento e minacce. 1 euro al giorno per lavori di manutenzione o guardiania sottratto al pocket money di 2,50 euro che spetterebbe ad ogni migrante da convenzione e che invece viene rilasciato sotto forma di bonus spendibile solo nello spaccio interno del Cara per acquistare caramelle e cioccolatini. Minacce ed intimidazioni che, di fatto, terrorizzano i migranti al punto da far nascere in loro finanche la paura di recarsi presso la Casa delle Culture, messa a disposizione del Sindaco come punto di incontro e aggregazione oltre che come sportello legale.

    Come Rete Antirazzista chiediamo l'abrogazione immediata della legge Bossi-Fini, il superamento della gestione emergenziale delle migrazioni, un piano di accoglienza reale e dignitosa che garantisca a tutti i migranti libertà di movimento e diritti di cittadinanza, senza innescare meccanismi di differenziazione fra rifugiati, migranti economici o altre fantasiose categorie che altro non fanno se non scatenare ulteriori guerre inter-etniche.

    rete antirazzista cosentina

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