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EAT THE RICH! A voi scegliere da che parte stare…

(28 Settembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.caunapoli.org

EAT THE RICH! A voi scegliere da che parte stare…

foto: www.caunapoli.org

Anni di crisi, di lotte, di botte. Ed ora questa manovra – altre mazzate… Ormai ci siamo tutti dentro, non è possibile restare in disparte, ne va del nostro futuro. E forse c’è un modo per resistere a quest’attacco alla nostra vita, si riassume in questo slogan: “Eat the rich!”, “mangia il ricco” – pagatelo voi il vostro debito, noi abbiamo già dato!

Vi presentiamo le squadre ed il terreno di gioco: a voi scegliere da che parte stare…

Chi sono i ricchi?
Imprenditori, affaristi, piazzisti, borsisti, palazzinari in giacca e cravatta; ventiquattrore di obbligazioni e carte false. Padroni, padroncini, mercanti di auto, high-tech e liquore; compratori di schiavi e manodopera, imbroglioni dell’alta finanza e giocolieri, esperti di scatole cinesi. Professionisti del non pagare, abili sul sottile filo dell’illegalità, specialisti nel chiedere prestazioni gratuite. Amanti della famiglia e dei ruoli, armati di politici, politicanti e manganelli. Il grasso ventre del capitalismo italiano, mafioso e spietato. Ma anche presentabili tecnocrati europei, americani specialisti di rating e speculazioni. Una minoranza, che decide per tutti.

Chi siamo noi?
Operai in tuta blu, bianca e a pallini, senza tuta, con l’elmetto ma, all’occasione, anche senza. Con la divisa e il cartellino e a torso nudo, da contratto armati di sorriso; prolungamento di una macchina, avamposto di cuffie e microfono, con un contratto legale, fraudolento ma anche senza. Ricattabili e ricattati, con il sindacato e senza. Giovani senza un futuro ma anche senza un presente: giovane studente, giovane cameriere, giovane insegnante, giovane muratore, giovane impiegato, giovane cuoco, giovane facchino, giovane barista, giovane che se ne va, giovane e basta, quando giovane assume un nuovo significato: “ringrazia se lavori!”. Dannati senza visto, senza permesso, senza volto nelle periferie delle metropoli e sotto casa, schiavi di un sistema che si veste di modernità ma che sembra sbatterci in faccia la sua vile antichità. La stragrande maggioranza, che però non conta nulla.

Dove?
Penisola Italica, anno della crisi 2011, di un governo che potrebbe essere qualsiasi e che oggi ha il volto della conservazione e dell’impiccio, delle corporazioni, del malaffare ma presto avrà quello della transizione, dell’innovazione, della modernità, a celare il solito vecchio capitalismo che si reinventa ed aggredisce, ma non risolve le sue contraddizioni. Italia, dove la parola compromesso ha incantato tutti, dove la supposta “opposizione” è parte del problema; un paese che sull’orlo del baratro che i suoi potenti hanno scavato, ha ancora qualcosa da chiedere a noi che null’altro abbiamo da dare, se non la nostra rabbia, che supera l’indignazione e prende forma, si trasforma in organizzazione.

Perché?
Perché di crisi, responsabilità, sacrifici, benessere nazionale, fratellanza e amore non ne possiamo più. Chi ci comanda in Parlamento, nei posti di lavoro, dalle televisioni e dai giornali, ci odia: perché non dovremmo odiarlo anche noi? Un odio sano, di classe: i nostri interessi sono inconciliabili. Di fronte alla domanda “da che parte stare” abbiamo scelto la parte schiacciata ma ancora sana di questo paese: quella che, percossa da slogan e tribune elettorali, ha dichiarato per tanto, troppo tempo, la propria disponibilità allo sconforto e alla sconfitta. Ma oggi siamo più svegli e più scaltri, alle menzogne non crediamo più, solidali con tutti quelli che, con mezzo busto nel pantano in cui ci hanno costretti, provano a muoversi, a sollevarsi, in Grecia, in Italia, in Spagna, sull’altra sponda del Mediterraneo.

Come?
Alzando la testa, scorgendo il punto esatto delle contraddizioni: la luna, non il dito che la indica. Capendo qual è il livello dello scontro: il mondo intero. Facendo l’unità con i simili, la guerra ai nemici. Vulnerabili ci vogliono, inerti: e allora dobbiamo corazzarci per resistere e contrattaccare. Il momento è questo, domani sarà sempre più difficile e assomiglieremo sempre di più a chi prova ad urlare in faccia a un sordo. Oggi si corre, si accelera, si cambia: ma come cambiano le tattiche del potere, così dobbiamo cambiare noi. Indifferenza, acquiescenza, sono gli abiti che ci vorrebbero cuciti addosso… Ma per aprire la partita noi scegliamo piuttosto la lotta, la determinazione, la piazza, la rivoluzione: le nostre armaure per l'assalto al cielo!

Collettivo Autorganizzato Universitario – Napoli

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