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(15 Agosto 2012) Enzo Apicella

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Per la Rifondazione Comunista

Manifesto degli autoconvocati del PRC

(6 Aprile 2004)

Il movimento degli autoconvocati è un movimento trasversale dei compagni e delle compagne del PRC che può divenire dirompente se verrà caratterizzato fortemente come una rivolta unitaria della base del Partito contro il tentativo di svolta decomunistizzante, revisionista e liquidazionista avviato dal segretario e dal suo gruppo dirigente.

Noi, compagne e compagni del Partito della Rifondazione Comunista, abbiamo appreso da Repubblica e dal Corriere della Sera che ci dirigiamo speditamente verso un partito sempre meno comunista e sempre più inserito nello stato di cose esistente, che i nostri nuovi riferimenti ideologici sono Gandhi e Capitini, mentre dal Manifesto abbiamo saputo che il nostro segretario vorrebbe vedere in faccia uno che oggi si ispiri a Marx o a Lenin; un partito, dunque, che approda a teorie e obiettivi apertamente moderati.

Ora sappiamo anche di essere iscritti ad un nuovo partito, quello della Sinistra Europea, il cui manifesto fondativo non differisce molto da quello di un blando partito riformista.

Tutto questo è avvenuto dopo mesi di giravolte politiche del segretario nazionale: centrosinistra definito una gabbia da far saltare e poi dichiarato morto; centrosinistra resuscitato e prospettato come partner di governo in una riedizione peggiorativa dell'infausta esperienza antioperaia, guerrafondaia e privatizzatrice del governo Prodi; identificazione di Rifondazione Comunista con un movimento a sua volta identificato riduttivamente nei suoi ceti politici; scontro – strumentalmente in nome della nonviolenza - con aree di movimento prima portate in palmo di mano, come i Disobbedienti, per poi recuperarle nuovamente in chiave elettoralistica, mentre si sdegna ogni rapporto con altre forze della sinistra comunista e antagonista in Italia e in Europa.


Avremmo molte cose da discutere.

Per esempio, non condividiamo l’affermazione che la Resistenza sia stata “angelizzata”, semmai ci sembra che sia stata progressivamente derubricata da lotta di liberazione nazionale a “guerra civile” e che la Costituzione - che di quella Resistenza è figlia – sia stata e sia tuttora obiettivo di profonda revisione proprio nelle parti che tutelano l’uguaglianza, i diritti sociali e la coesione nazionale, producendo ulteriori disuguaglianze.

Per esempio, rifiutiamo la definizione ”spirale guerra/terrorismo” che tutto sussume e di fronte alla quale non vi è altra scelta che quella della “nonviolenza”. La lotta di liberazione del popolo palestinese dal feroce colonialismo israeliano o la resistenza del popolo irakeno all’occupazione anglo-americana-italiana non sono vicende leggibili con la lente di quella definizione, che le forze imperialiste vorrebbero applicare anche al popolo venezuelano che difende il proprio esperimento bolivariano, a Cuba che resiste eroicamente al pluridecennale embargo, alla guerriglia delle FARC colombiane. Una definizionee, che stravolge persino il senso della vittoriosa guerra di liberazione condotta contro gli invasori israeliani dalla resistenza libanese, in cui i comunisti hanno versato un alto tributo di sangue.

Per esempio, infine, non vediamo alcun segno di un presunto cambiamento nel redivivo centrosinistra, che ci sembra ancora quello che ha boicottato il referendum per l’estensione dell’articolo 18, che non vuole il ritiro delle “nostre” truppe dall’Irak occupato e che, dulcis in fundo, si costituisce parte civile contro le vittime delle violenze poliziesche di Genova, cioè anche contro di noi. Un centrosinistra che, in buona sostanza, è sempre quello dell’aggressione alla Jugoslavia, del sostegno all’intervento in Afghanistan, del Pacchetto Treu, della legge Turco-Napolitano e dei lager per gli immigrati, dello stravolgimento federalista della Costituzione imposto a stretta maggioranza in Parlamento e ratificato da un referendum–farsa in cui la nostra voce non si è (colpevolmente) quasi fatta sentire.

Di tutti questi argomenti e di molti altri avremmo voluto e vorremmo ancora poter discutere nelle sedi del nostro partito, ritrovandoci invece di fronte a decisioni già prese anche in nostro nome, in virtù dell'obliterazione della democrazia nel partito e della deriva cesarista che ha fatto piovere dall'alto tutte le prese di posizione del partito, grazie anche all'emarginazione di iscritti e militanti e ad organismi dirigenti ridotti ad un ruolo di mera ratifica.

Per questi motivi è nato e si sta sviluppando un movimento autoconvocato di compagne e compagni del Partito della Rifondazione Comunista.


Per noi non esiste alcun tipo di soffitta dove relegare la nostra storia. Nella realtà materiale esistono la classe operaia, i lavoratori, la lotta di classe. Invece, in nessuna delle ultime mobilitazioni il nostro partito ha avuto una presenza non diciamo decisiva ma quanto meno visibile; la presenza organizzata del nostro partito tra i lavoratori è ai minimi storici.

E’ evidente come la perdita dell’ancoraggio di classe sia il frutto dell’abbandono di una visione di classe degli avvenimenti e della società in generale, visto che al proletariato non si attribuisce più un ruolo centrale e si parla solo di nuovo movimento operaio, estendendo e diluendo il concetto di classe, all’interno della quale vengono messi tutti quelli che genericamente sono più o meno critici della globalizzazione.

Le idee che ci hanno unito sono semplici e chiare. Intendiamo contrastare in tutti i modi la liquidazione del patrimonio politico, storico, ideologico e culturale del movimento operaio e del progetto comunista, respingendo il revisionismo borghese che vede le lotte di emancipazione delle classi e dei popoli solo in termini di orrori da condannare, trascurando i processi di liberazione compiuti da miliardi di uomini e donne.

Non intendiamo negare ai popoli ed ai proletari che non possono esprimersi democraticamente il diritto alla resistenza con ogni mezzo necessario. Non intendiamo confondere strumentalmente la necessaria battaglia per sconfiggere il governo di destra con il nostro coinvolgimento e la nostra partecipazione ad un altro governo egemonizzato da neoliberisti e democristiani riciclati. Non intendiamo rinunciare alla prospettiva non di un generico “altro mondo possibile”, ma di un altro mondo non più fondato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, sul profitto e sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo: un mondo che chiamiamo comunismo.

Non intendiamo nemmeno rinunciare allo strumento necessario per pensare e costruire collettivamente il nuovo mondo: il Partito Comunista.

Nessun gruppo dirigente pervaso da appetiti ministeriali e clientelismi può illudersi di ridurre al silenzio la nostra voce e seppellire definitivamente il percorso della rifondazione comunista.

I prossimi mesi saranno decisivi: dobbiamo utilizzarli per rivitalizzare e rimotivare i nostri circoli, stimolando il libero dibattito sulle questioni più importanti, come la natura stessa del nostro partito, la necessaria solidarietà ai popoli in lotta contro l’imperialismo e la guerra permanente, l’internità al movimento e al conflitto sociale, le battaglie per i diritti sociali e civili. Il congresso che si annuncia anticipato a novembre sarà nei fatti un congresso straordinario nei contenuti e nelle finalità, per cui è assolutamente indispensabile affrontarlo pretendendo modalità realmente democratiche, con una premessa di fondo: noi vogliamo il congresso delle iscritte e degli iscritti al Partito della Rifondazione Comunista, non la convention di un’entità evanescente e non nostra come il partito della “Sinistra Europea”.

Invitiamo tutti i compagni e le compagne iscritti al partito, insieme ai tanti che lo hanno abbandonato in questi anni di trasformismi, ad uscire dal mugugno e dall’impotenza, dando battaglia insieme a noi contro la deriva revisionista e anticomunista di un gruppo dirigente che sta negando le ragioni e gli obiettivi per i quali i comunisti hanno rifiutato la resa della Bolognina e hanno ribadito la volontà e la necessità del comunismo.

LE COMPAGNE E I COMPAGNI AUTOCONVOCATI DEL PRC

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