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(2 Gennaio 2012) Enzo Apicella

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(Capitale e lavoro)

la nostra risposta adeguata
FARE IN PROPRIO, FARE SUL SERIO.

(29 Settembre 2011)

“Il rapporto tra i proprietari delle condizioni di lavoro ed i produttori diretti nasconde il segreto e l’arcano del fondamento di tutta l’organizzazione sociale.”
K.Marx


Non si tratta di dare una risposta qualsiasi.
Si tratta di dare una risposta adeguata all’attacco cui siamo sottoposti.
Una risposta che nella resistenza odierna contenga i germi della riscossa futura.

Di fronte alla crisi, tutti, dai padroni ai loro servi, hanno una risposta, una ricetta per uscirne vivi.
Solo i lavoratori non hanno né risposte né ricette; sono soli a sopportare l’intero peso dei sacrifici e dell’incertezza sociale frutto della crisi. Eppure sono loro che producono tutto e sostengono l’intera società.
Basterebbe un loro scossone per farla crollare, liberandosi di tutti i parassiti che la appesantiscono.
Ma sono soli, i lavoratori.
Non hanno rappresentanze politiche, né vere organizzazioni sindacali, né tantomeno una propria organizzazione di classe. Sopravvivono terrorizzati, costretti a “scegliere” tra schiavitu’ salariata o precariato e disoccupazione.
Non hanno alcuna garanzia di un domani dignitoso, né per se né per i propri figli.
Le loro esistenze sono legate e vincolate al ciclo capitalistico, dal quale non riescono ad esprimere alcuna autonomia di lotta.
Sono la maggioranza sfruttata, ma non hanno coscienza di esserlo. Ieri stavano sui tetti, oggi sembrano “scomparsi”, al massimo indignati.
Sarà il caso di riapparire, di fare una proposta, di dare una vera risposta di classe?


la nostra risposta adeguata
FARE IN PROPRIO, FARE SUL SERIO.

Non si puo’ liquidare la questione dell’opposizione alle manovre governative con delle battute, o con il solito esercizio copia-incolla che ripropone ( a chiacchiere! ) discutibili episodi esteri, comunque reali e di massa, trasportandoli in Italia.
Quelle discutibili ma concrete iniziative divengono da noi farsa, contenitori confusi di ogni reducismo e riciclaggio politico. D’altra parte, lunga ed ingloriosa è la storia dei tifosi delle rivoluzioni lontane, di cui si scopiazzavano ( e si scopiazzano! ) slogan e moduli estetici.
L’altro ieri vietcong o feddayn, ieri sandinisti o zapatisti, oggi indignados. L’altro ieri “ Giap Giap Ho Chi Min”, ieri “ hasta la victoria, siempre!”, oggi “cancelliamo il debito ed usciamo dall’euro”.
Cosi’, mentre i proletari pagano sul serio la crisi, ci si esercita in confuse ricette che, anche nella migliore delle ipotesi, finiscono con il tentare la strada, eterodiretta e trasversalmente auspicata, della ricontrattazione del debito italiano in chiave continentale Eurobond e condita in salsa Islandese.
La verità è che nella gabbia capitalista della crisi, i padroni europei, dal loro punto di vista, “hanno ragione” e non hanno altra scelta: ridurre il debito pubblico, snellire la macchina statale, schiacciare il diritto del lavoro, tentare la risposta continentale allo spostamento del baricentro competitivo ad est del mondo.
Quindi, per noi proletari, si tratta di trovare una risposta che fuoriesca, che rompa la gabbia capitalista. Una risposta storicamente attuale, anche se non ancora politicamente, visto lo squilibrio tra le possibilità oggettive di intervento rivoluzionario contro la crisi e in-coscienza di classe.

Le varie, e diverse, “risposte” alla crisi, o sono finte, o non sono adeguate.
Quella sostitutiva dell’opposizione che non c’è piu’, a cura del cartello politico-sindacale Fiom ed affini. Quella etico-moralistica della finta “lotta alla casta” e delle patrimoniali ( dov’è finito il dimezzamento dei parlamentari e la scomparsa delle regioni-province-comuni? ).
Quella della miccia che incendia la prateria, figlia legittima del detonatore di Negriana memoria.
Quella nazionalista della fuoriuscita dall’Euro.
In comune, queste finte o inadeguate risposte alla crisi hanno l’accettazione di questo sistema di sfruttamento e la rinuncia alla lotta per il suo soppiantamento.
In comune, queste finte o inadeguate risposte alla crisi hanno l’oggettiva ( …ma spesso anche soggettiva ) unità d’azione con un centro sinistra in cerca della propria riscossa elettorale e un elefantismo burocratico-locale battente cassa allo stato centrale. E’ chiaro che criticare il mondo, e chi fa finta di volerlo modificare senza averne le forze e spesso neanche la volontà, non basta.
E non basta neanche provare a fare una proposta al livello odierno della contraddizione sociale. Bisogna dargli carne e sangue, farla vivere tra i lavoratori piu’ coscienti, costruirla nella teoria, nell’analisi e nell’intervento quotidiano.

La nostra risposta adeguata, più che a porre un improbabile freno alle atrocità capitaliste, tende a cogliere le convenienze proletarie dentro la crisi, la prima delle quali è quella che accorcia il gap tra potenzialità di fase e soggettività di classe.
Per questo, oggi è possibile ri-porre all’ordine del giorno politico, oltrechè storico,
l’organizzazione autonoma di classe.
Al tentativo dei padroni europei di salvarsi dalla crisi accelerando la propria unitarietà politica, va contrapposto un rinnovato sforzo verso una nostra unitarietà politica, cioè verso la concentrazione politica ed organizzativa delle avanguardie operaie cresciute nelle lotte come nel lungo riflusso di questo ultimo decennio.
Dobbiamo rafforzare questa tendenza già in atto, e non solo dal punto di vista numerico, ma anche, e soprattutto, dal punto di vista della propria influenza politica, dal propria capacità organizzativa di confronto con la materialità dello sfruttamento.
E’ un lavoro ciclopico, passibile di ritardi ed arretramenti, ma è quello che la realtà ci impone. Ai padroni che vogliono far sopravvivere il loro mondo, a quelli che lo vogliono addolcire, rispondiamo che questa società si può solo abbattere, chè a cambiarla ci pensano i potenti a loro uso e consumo.

CONTRO LA CRISI: RIVOLUZIONE!
costruiamo l’organizzazione autonoma di classe.

C O M B A T
Roma

Fonte

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