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(30 Ottobre 2010) Enzo Apicella
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(Il nuovo ordine mondiale è guerra)

2° parte delle riflessioni di Fidel Castro sull'assemblea dell'onu

Chàvez, Evo e Obama

(28 Settembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in ciptagarelli.jimdo.com

Fidel Castro e Hugo Chàvez

Fidel Castro e Hugo Chàvez - foto: ciptagarelli.jimdo.com

2° parte

Se il nostro Premio Nobel si auto-inganna, cosa tutta da provare, forse questo spiega le incredibili contraddizioni dei suoi ragionamenti e la confusione sparsa tra i suoi ascoltatori.

Non c’è un millimetro di etica, e neppure di politica, nel tentativo di giustificare la sua annunciata decisione di porre il veto a qualsiasi risoluzione a favore del riconoscimento della Palestina come Stato indipendente e membro delle Nazioni Unite. Persino politici che non condividono per nulla il pensiero socialista, e guidano partiti che sono stati stretti alleati di Augusto Pinochet, proclamano il diritto della Palestina ad essere membro dell’ONU.

Le parole di Barak Obama sul problema principale che oggi si discute nell’Assemblea Generale di quella organizzazione possono essere applaudite solo dai cannoni, dai missili e dai bombardieri della NATO.

Il resto del suo discorso sono parole vuote, che mancano di autorità morale e di senso.

Guardiamo ad esempio quanto orfane di idee siano quando, nel mondo affamato e saccheggiato dalle multinazionali e dal consumismo dei paesi capitalisti sviluppati, Obama proclama:

Per superare le malattie bisogna migliorare i sistemi di salute. Continueremo a lotta contro l’AIDS, la tubercolosi e il paludismo; metteremo al centro la salute degli adulti e dei bambini, e bisogna scoprire e lottare contro qualsiasi pericolo biologico come l’H1N1, o una minaccia terroristica o una malattia”.

“Le azioni in materia di cambio climatico: dobbiamo utilizzare le scarse risorse e continuare il lavoro per costruire, in base a quanto stabilito a Copenhagen e Cancùn, perchè le grandi economie continuino nel loro impegno. Insieme dobbiamo lavorare per trasformare l’energia, che è il motore delle economi,e e appoggiare coloro che avanzano nelle loro economie. Questo è l’impegno per le prossime generazioni, e per garantire che le società realizzino le loro potenzialità dobbiamo permettere che anche i cittadini raggiungano le loro potenzialità.”.

Tutto il mondo sa che gli Stati Uniti non hanno firmato il Protocollo di Kyoto e che hanno sabotato tutti gli sforzi per preservare l’umanità dalle terribili conseguenze del cambio climatico, nonostante siano il paese che consuma una parte considerevole e sproporzionata del combustibile e delle risorse mondiali.

Diamo atto delle parole idilliache con cui ha preteso di abbindolare gli uomini di Stato riuniti là: “Non esiste una linea retta, né una sola strada verso il successo, veniamo da culture diverse e abbiamo storie diverse; ma non possiamo dimenticare che quando ci riuniamo qui come capi dei diversi governi, rappresentiamo cittadini che condividono aspirazioni di base, le stesse: vivere con dignità e in libertà; avere un’educazione e raggiungere le opportunità; amare le proprie famiglie e amare e venerare i propri dei; vivere in una pace che renda la vita degna di essere vissuta; la natura di un mondo imperfetto fa sì che abbiamo appreso questa lezione ogni giorno”.

“... perchè quelli che sono venuti prima di noi credevano che la pace fosse migliore della guerra - e la pace è migliore della repressione - e che la prosperità fosse meglio della povertà. Questo è il messaggio che proviene non dai capitali ma dai popoli, dalla gente, e quando fu fondato il pilastro di questa istituzione Truman venne e disse: ‘Le Nazioni Unite sono basicamente l’espressione della natura morale delle aspirazioni dell’essere umano’. Viviamo in un mondo che cambia a grande velocità, questa è una lezione che non dobbiamo mai dimenticare. La pace è difficile, ma sappiamo che è possibile, per questo insieme dobbiamo decidere che ciò sia definito dalle speranze, non dalle paure. Insieme dobbiamo ottenere la pace, una pace che sia duratura. Molte grazie.”

Ascoltarle fino alla fine merita qualcosa di più che gratitudine, merita un premio.

Come ho già detto, nelle prime ore del pomeriggio è toccata la parola ad Evo Morales Ayma, presidente dello Stato Plurinazionale di Bolivia, che ha affrontato rapidamente i temi essenziali.

“... c’è una chiara differenza tra la cultura della vita e la cultura della morte; c’è una chiara differenza tra la verità e la menzogna, una profonda differenza tra la pace e la guerra.”

“ … mi pare che sarà difficile capirci con politiche economiche che concentrano il capitale in poche mani. I dati dimostrano che l’1% della popolazione nel mondo concentra il 50% della ricchezza. Se ci sono queste profonde differenze, come potrebbe risolversi la povertà? E se non la facciamo finita con la povertà, come si può garantire una pace duratura?”

“Da bambino, mi ricordo benissimo, quando c’era una ribellioni dei popoli contro un sistema capitalista, contro i modelli economici di saccheggio permanente delle nostre risorse naturali, i dirigenti sindacali, i leaders politici di sinistra venivano accusati di essere comunisti, per fermarli; contro le forze sociali si interveniva militarmente: confinamenti, esilio, uccisioni, persecuzioni, incarcerazioni, accuse di essere comunisti, socialisti, maoisti, marxisti-leninisti. Mi pare che oggi questo sia finito, ora non ci accusano più di essere marxisti-leninisti, ora hanno altri strumenti come il narcotraffico e il terrorismo…”

“… preparano interventi quando i loro presidenti, i loro governi, i popoli non sono pro-capitalisti né pro-imperialisti.”

“… si parla di una pace duratura. Come può esserci una pace duratura con le basi militari nordamericane? Come può esserci una pace duratura con interventi militari?”

“A cosa servono queste Nazioni Unite, se qui un gruppo di paesi decide interventi, decide uccisioni?”

“Se vogliamo che questa organizzazione, le Nazioni Unite, abbiano l’autorità per far rispettare le risoluzioni, allora dobbiamo cominciare a pensare di rifondare le Nazioni Unite…”

“Ogni anno alle Nazioni Unite si decide – quasi con il cento per cento delle nazioni, eccetto gli Stati Uniti e Israele – di sbloccare, di finirla con il blocco economico a Cuba, e chi fa rispettare questo? Naturalmente il Consiglio di Sicurezza non farà mai rispettare questa risoluzione delle Nazioni Unite (….). Non riesco a capire come, in un’organizzazione composta da tutti i paesi del mondo, le sue risoluzioni non vengano rispettate. Che cosa sono le Nazioni Unite?”

“Voglio dirvi che la Bolivia non volta le spalle al riconoscimento della Palestina alle Nazioni Unite. La nostra posizione è che la Bolivia dà il benvenuto alla Palestina alle Nazioni Unite.

“Voi sapete, gentili ascoltatori, che io vengo dal Movimento Contadino Indigeno, e le nostre famiglie, quando parlano di imprese, pensano che le imprese abbiano molti soldi, maneggino molti soldi, siano milionari, e non riescono a capire perché una impresa debba chiedere allo Stato che questo le presti il denaro per l’investimento corrispondente. Per questo dico che queste entità finanziarie internazionali sono quelle che fanno affari tramite le imprese private; ma chi sono quelli che devono pagare per questo? Sono proprio i popoli. Gli Stati.”

“… la Bolivia e il Cile, abbiamo una richiesta storica per tornare al mare con sovranità sul Pacifico, con sovranità. Per questo la Bolivia ha preso la decisione di rivolgersi ai tribunali internazionali, per chiedere un accesso utile sovrano all’Oceano Pacifico. La Risoluzione 37/10 dell’Assemblea Generale dell’ONU, 15 novembre 1982, stabilisce che ‘rivolgersi ad un Tribunale Internazionale di Giustizia per risolvere le controversie tra gli Stati non costituisce un atto di inimicizia’. La Bolivia fa uso del diritto e della ragione per rivolgersi ad un Tribunale Internazionale, perchè la sua chiusura è il prodotto di una guerra ingiusta, di un’invasione. Chiedere una soluzione in ambito internazionale rappresenta per la Bolivia la riparazione di un’ingiustizia storica.

“La Bolivia è uno stato pacifista che privilegia il dialogo con i paesi vicini e per questo mantiene aperti i canali di negoziazione bilaterali con il Cile, senza che questo significhi la rinuncia al suo diritto a ricorrere ad un Tribunale Internazionale..

“I popoli non sono responsabili della chiusura marittima della Bolivia, i responsabili sono le oligarchie, le multinazionali che, come sempre, si appropriano delle sue risorse naturali. Il Trattato del 1904 non portò né la pace né l’amicizia, fu responsabile del fatto che da più di un secolo la Bolivia non abbia acceso ad un porto sovrano.

“… nella regione America si sta generando un altro movimento dei paesi della America Latina e dei Caraibi; io lo chiamerei una nuova OEA senza gli Stati Uniti, per liberarci da certe imposizioni, felicemente, vista la piccola esperienza che abbiamo nell’UNASUR. (…) non abbiamo più bisogno, se c’è qualche conflitto tra paesi (…) che vengano da sopra e da fuori a mettere ordine.”

“Voglio anche approfittare di questa opportunità per un tema centrale: la lotta contro il narcotraffico. La lotta contro il narcotraffico viene usata dall’imperialismo nordamericano a fini chiaramente politici. La DEA degli Stati Uniti in Bolivia non lottava contro il narcotraffico, controllava il narcotraffico a fini politici. Se c’era qualche dirigente sindacale, o qualche dirigente politico antimperialista, per questo c’era la DEA: per implicarlo. In molti dirigenti, in molti politici ci siamo salvati da questo lavoro sporco dell’impero per implicarci nel narcotraffico. Anche ora continuano a provarci”.

“Nelle settimane scorse alcuni mezzi di informazione degli Stati Uniti dicevano che il (nostro) aereo presidenziale era trattenuto a New York perché vi erano tracce di cocaina. Che bugiardi! Cercano di ingannare la popolazione, di fare una campagna sporca contro il governo, persino contro lo Stato.

Ma che fanno gli Stati Uniti? Dequalificano la Bolivia e il Venezuela. Quale autorità morale hanno gli Stati Uniti per qualificare o dequalificare i paesi del Sudamerica o dell’America Latina?, quando gli Stati Uniti sono i primi consumatori di droga del mondo, quando gli Stati Uniti sono uno dei produttori di marihuana del mondo, il primo produttore di marihuana del mondo (…) Con quale autorità possono qualificare o dequalificare? E’ un’altra forma per spaventare o intimidire i paesi, cercare di castigare i paesi.
Ma la Bolivia, con molta responsabilità, continua a lottare contro il narcotraffico
.

“In uno stesso resoconto degli Stati Uniti, cioè del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, si riconosce una diminuzione netta della coltivazione di coca, che ha migliorato la squalifica. Ma dov’è il mercato? Il mercato è l’origine del narcotraffico e il mercato è qui. E chi squalificherà gli Stati Uniti perché non hanno colpito il mercato?

“Questa mattina il presidente del Messico Calderòn parlava del mercato della droga che continua a crescere e del perché non c’è una responsabilità per sradicare il mercato. (…) Lottiamo con una corresponsabilità condivisa. (…) In Bolivia non abbiano paura e bisogna finirla col segreto bancario se vogliamo fare una lotta frontale al narcotraffico.”

“… Una delle crisi, al margine della crisi del capitalismo, è la crisi alimentare. (…) abbiamo una piccola esperienza in Bolivia: si danno crediti ai produttori di riso, mais, grano e soia, all’interesse dello 0% e essi possono pagare il debito anche con i loro prodotti, si tratta di alimenti; e crediti leggeri per sviluppare la produzione. Ma le banche internazionali non prendono mai in considerazione il piccolo produttore, non prendono mai in considerazione le associazioni, le cooperative, che possono essere utilizzate se gli si dà l’opportunità. (…) Dobbiamo finirla col commercio detto ‘di competitività’.

Nella competizione chi vince? Il più potente, quello che ha più vantaggi. Sempre le multinazionali; e che ne è del piccolo produttore? che ne è di quella piccola famiglia che vuole emergere col suo sforzo? Con una politica di competitività sicuramente non risolveremo mai il problema della povertà.

“Per finire, voglio dirvi che la crisi del capitalismo è ormai impagabile. (…) La crisi economica del capitalismo non solo è congiunturale, ma è strutturale, e che cosa fanno i paesi capitalisti o i paesi imperialisti? Cercano qualsiasi pretesto per intervenire in un paese e per accaparrarsi le sue risorse naturali.

“Questa mattina il presidente degli Stati Uniti diceva che l’Iraq si è già liberato, che si governeranno da soli. Gli iracheni potranno governarsi, ma il petrolio degli iracheni in mano di chi è ora?

“Hanno salutato, hanno detto che l’autocrazia in Libia è finita, ora c’è la democrazia; può esserci la democrazia, ma in che mani finirà ora il petrolio della Libia? (…) i bombardamenti non erano per colpa di Gheddafi, per colpa di alcuni ribelli, ma perché cercavano il petrolio della Libia”.

“… quindi la loro crisi, la crisi del capitalismo, vogliono superarla, la vogliono correggere recuperando le nostre risorse naturali, con il nostro petrolio, con il nostro gas, con le nostre risorse naturali. ….

“Abbiamo una enorme responsabilità: difendere i diritti della Madre Terra.

“… il miglior modo di difendere i diritti umani è oggi difendere i diritti della Madre Terra (…) abbiamo qui una enorme responsabilità di approvare i diritti della Madre Terra. Appena 60 anni fa fu approvata la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Appena 60 anni fa ci si è resi conto, alle Nazioni Unite, che l’essere umano ha i suoi diritti. Dopo i diritti politici, i diritti economici, i diritti dei popoli indigeni, ora abbiamo l’enorme responsabilità di come difendere i diritti della Madre Terra.

“Siamo anche convinti che la crescita infinita in un pianeta finito è insostenibile e impossibile, il limite della crescita è la capacità degenerativa degli ecosistemi della Terra. (…) chiamiamo ad (…) un nuovo decalogo di rivendicazioni sociali: sui sistemi finanziari, sulle risorse naturali, sui servizi basici, sulla produzione, sulla dignità e la sovranità, e su questa base cominciare a rifondare le Nazioni Unite perché le Nazioni Unite siano la più alta istanza per la soluzione in tema di pace, in tema di povertà, in tema di dignità e sovranità dei popoli del mondo.”

“Speriamo che questa esperienza vissuta come Presidente possao servire a qualcosa per tutti noi, come io vengo ad imparare da molti di voi per continuare a lavorare per l’eguaglianza e la dignità del popolo boliviano. Molte molte grazie.”.

Dopo questi concetti fondamentali di Evo Morales, il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, a cui è stata concessa la parola due giorni dopo, ha esposto le drammatiche sofferenze degli abitanti della Palestina: “ … la crassa ingiustizia storica perpetrata con il nostro popolo: per questo fu convenuto di stabilire lo Stato Palestinese solo nel 22% del territorio della Palestina e, soprattutto, del territorio palestinese occupato da Israele nel 1967. Fare questo passo storico, che gli Stati del mondo applaudirono, permise di accondiscendere all’estremo per ottenere un accordo storico, che avrebbe permesso di raggiungere la pace nella terra della pace. (…) Il nostro popolo continuerà con la resistenza pacifica popolare all’occupazione di Israele, ai suoi insediamenti e alla sua politica di apartheid, come la costruzione del muro di annessione razzista (…) armato di sogni, coraggio, speranza e parole davanti ai carri armati, ai gas lacrimogeni, ai bulldozer e alle pallottole.”

“Vogliamo tendere una mano al governo e al popolo israeliano per il raggiungimento della pace e io dico loro: costruiamo insieme, in fretta, un futuro per i nostri figli in cui possano godere della libertà, della sicurezza e della prosperità. (…) Costruiamo relazioni di cooperazione basate sulla parità, l’equità e l’amicizia tra due Stati vicini, Palestina e Israele, invece che della politica di occupazione, insediamenti, guerra ed eliminazione dell’altro.”

E’ trascorso quasi mezzo secolo da quella brutale occupazione promossa e appoggiata dagli Stati Uniti. E ancora non passa giorno senza che il muro si alzi, che mostruosi macchinari meccanici distruggano case palestinesi e che giovani, e anche adolescenti palestinesi, cadano feriti o morti.

Che verità profonde contenevano le parole di Evo!

26 settembre 2011, ore 22.30

da: cubadebate.cu; 26.9.2011
(traduzione di Daniela Trollio del Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88 – Sesto S.Giovanni (MI))

Fidel Castro Ruz

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