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Il tetto del debito

Debito USA

(29 Luglio 2011) Enzo Apicella

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(Capitale e lavoro)

15 OTTOBRE. Che "paghino" o "non paghino" i loro debiti il padronato e tutti i borghesi Stati di Europa muovono all’attacco delle condizioni della classe operaia.

I lavoratori possono difendersi solo con la loro generale mobilitazione, riorganizzandosi in un vero sindacato, per i loro obbiettivi di classe.

(12 Ottobre 2011)

Volantino del PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

Come scientificamente previsto dal comunismo marxista, le contraddizioni interne del regime capitalistico ne stanno determinando la rovina

L’attuale crisi economica internazionale non è solo finanziaria ma di sovrapproduzione. Il dissesto del debito e la speculazione non sono la causa ma le inevitabili conseguenze della recessione e del fallimento storico del capitale – che è industriale e finanziario insieme – come modo di produzione. I mercati sono intasati di merci invendute, molti rami di industria riducono la produzione e intere fabbriche chiudono. I lavoratori in cassa integrazione e i disoccupati aumentano, spesso senza alcuna assistenza sociale. Il Capitale sempre con maggiore difficoltà riesce a mantenere in vita i suoi schiavi salariati.

Gli Stati di tutto il mondo, sia a governo "di destra" sia "di sinistra", sono "intervenuti" per difendere i profitti del capitale nazionale, da un lato riducendo con la forza i salari ed aumentando l’intensità e la durata della vita lavorativa, dall’altro accumulando enormi debiti al fine di rimandare il precipitare di una crisi già in atto da decenni e che infine è esplosa ancor più gigantesca. L’avvolgersi della crisi mondiale ha successivamente dimostrato fallire il regime del profitto sia sotto la forma di capitalismo di Stato sia del cosiddetto liberismo. Per l’incalzare della crisi è sempre più difficile nascondere la ferrea dittatura del capitale sulla classe operaia sotto il turpe mito borghese della democrazia.

Qualunque politica attui lo Stato borghese esso è e sarà sempre contro la classe operaia (prima, con o dopo "Berlusconi"). Il capitale nazionale italiano è indissolubilmente intrecciato al mercato e alla finanza mondiali. Chiedere di tagliare quei legami è indicazione ancora più reazionaria, oltre che utopica. A qualsiasi governo di ogni Stato, di quello italiano ma anche dei massimi imperialismi ed organismi della finanza internazionale, la politica di bilancio, fiscale ecc. è imposta dall’esterno, dal deteriorarsi della sottostruttura economica, né hanno essi alcuna libertà di scelta.

Sia che ad una borghesia nazionale venga concesso di rimandare la dichiarazione di fallimento, sia che essa venga infine costretta ad accettarlo, insomma, che "paghi" o che "non paghi", muteranno comunque in peggio le condizioni dei lavoratori se questi non sapranno opporre alla pressione padronale e statale la loro forza e la loro ordinata e generale mobilitazione di classe.

Il debito, dello Stato borghese verso i borghesi e dello Stato borghese verso altri Stati borghesi, non riguarda la classe dei lavoratori. È indice dello stato agonico e della rovina loro, non della nostra classe. I lavoratori non sono oppressi dalla "schiavitù del debito", ma dalla schiavitù del salario.

Necessità della classe lavoratrice non è consigliare allo Stato borghese quello che dovrebbe fare al fine, impossibile, di "tornare alla crescita", ma contrastare con tutte le sue forze il tentativo padronale di profittare della crisi per aumentare lo sfruttamento dei lavoratori, per dividerli, per incanalarne il movimento verso false strade.

Questo regime non cadrà solo per il suo, pur evidente, fallimento economico, sociale ed ideale. Se la classe borghese riuscirà a mantenere il potere politico negli Stati, se non interverrà la internazionale azione cosciente del proletariato rivoluzionario e del comunismo, l’umanità sarà precipitata in una terza guerra imperialista, unico strumento che permette al Capitale di rigenerarsi attraverso la distruzione catastrofica di masse enormi di merci e di uomini.

La crisi, così generale, profonda, irreversibile, dimostra che il regime capitalistico non può dare speranza ai proletari. Non troveranno salvezza a chiudersi all’interno della singola fabbrica, né della singola nazione. I proletari non hanno patria. Il proletariato può salvare se stesso, e con esso tutti gli oppressi del Mondo, solo ricostituendo la sua unità di classe, prima all’interno delle nazioni poi a livello internazionale.

La crisi del capitalismo lungi dal risolversi si aggraverà in una spirale di cause ed effetti sempre più drammatici. Ad essa non esiste una varietà di soluzioni possibili: esiste una sola soluzione borghese a cui si contrappone la soluzione proletaria. Il suo disciogliersi avverrà necessariamente attraverso l’alternativa: o guerra imperialista fra gli Stati nazionali borghesi o rivoluzione proletaria internazionale.

Tutti i governi borghesi, “di destra” e “di sinistra”, come oggi, spinti dalla crisi, hanno imposto durissimi provvedimenti contro la classe lavoratrice, domani, di fronte al suo ulteriore precipitare, cercheranno di trascinare i lavoratori nella carneficina della guerra, per spartirsi il mercato mondiale, ma soprattutto per impedire con la guerra la rivoluzione.

Questa prospettiva indicata dal comunismo rivoluzionario sarà confermata domani come lo è stata oggi la previsione marxista della grande crisi, perché poggia sulla medesima base scientifica del marxismo, sulla sua lettura della esperienza storica di due secoli di capitalismo, delle sue crisi, di due guerre mondiali e delle sue Rivoluzioni.

La rivendicazione di “non pagare il debito” e la lotta “contro l’Europa delle banche” non difendono la classe operaia. Saranno utili invece al futuro governo borghese, verniciato di rosso o di nero, che avrà il compito di trascinare i lavoratori alla guerra in difesa “del Paese” contro le nazioni nemiche.

La vera lotta proletaria non è contro il debito ma per il salario! I lavoratori devono tornare ad impugnare le rivendicazioni storiche del movimento operaio:
- salario minimo per tutti i lavoratori adeguato al costo della vita;
- lo stesso salario minimo per i lavoratori licenziati;
- riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario;
- uguali condizioni di lavoro al di sopra di razza, nazionalità, sesso;
- diritti di cittadinanza ai lavoratori immigrati e alle loro famiglie.

Queste rivendicazioni accomunano tutti i lavoratori e uniscono le loro lotte al di sopra delle divisioni fra aziende, categorie, razze, religioni. Sono le uniche sulle quali è possibile costruire una mobilitazione generale della classe.

Queste rivendicazioni storiche sono state strappate di mano ai lavoratori, sostituite con altre che li dividono e li rinchiudono nelle galere aziendali, fatte loro dimenticare, da decenni di sindacalismo di regime di CGIL, CISL e UIL. Ma chi oggi propone ai lavoratori al loro posto la “lotta contro il debito” sta solo mettendo una veste nuova a questa vecchia opera anti-operaia dell’opportunismo di sempre!

Ciò che diventa sempre più urgente per i lavoratori è la ricostituzione di un fronte unico sindacale sulla base di queste rivendicazioni, per la loro difesa incondizionata, contro l’interesse dell’economia nazionale borghese e fuori dalle compatibilità capitalistiche, che apra la strada alla ricostituzione di un potente Sindacato di classe, fuori e contro tutti i sindacati di regime!

La classe operaia deve sapersi organizzare separata dalle nemiche classi dominanti e dagli incerti strati intermedi e dai loro "movimenti", perché solo essa porta in sé la forza e il germe del futuro. Solo una classe ben inquadrata e diretta verso i suoi obbiettivi, che impieghi l’arma dello sciopero e non le schede elettorali e referendarie, potrà domani trascinarsi dietro le infinite espressioni del malcontento sociale contro il capitalismo.

Per questo è necessario che si rafforzi e si estenda l’organizzazione politica del proletariato, il Partito Comunista Internazionale, strumento indispensabile per mantenere oggi la prospettiva rivoluzionaria comunista, per guidare domani il proletariato alla lotta per la conquista del potere politico, verso la piena emancipazione comunista dell’uomo.

PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

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