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(13 Dicembre 2012) Enzo Apicella

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Brevi elementi di riflessione sul 15 OTTOBRE e sulle lotte del prossimo autunno!

(13 Ottobre 2011)

La crisi strutturale e sistemica in cui versa il capitalismo internazionale (in particolare statunitense ed europeo), inesorabilmente aggravatasi dalla scorsa estate con le dirette conseguenze sui debiti sovrani dei paesi periferici dell'area euro (tra cui ovviamente l'Italia), è un'occasione straordinaria e irripetibile per scardinare il potere dei lavoratori nei luoghi di lavoro e ridurre drasticamente i diritti conquistati in anni di lotte. Il carattere smaccatamente classista che caratterizza l'attuale offensiva padronale è tutto teso a scaricare sui lavoratori e sulle classi subalterne la crisi al fine di salvaguardare (se non salvare) profitti sempre più risicati.

La ricerca del profitto a breve termine e la speculazione finanziaria, la delocalizzazione verso paesi a bassi salari e scarsa conflittualità operaia, l'implementazione di contratti precari, l'esclusione sociale provocata per avere la garanzia di un bacino di riserva tenuto ai margini della produzione, costringono il capitale, da un lato, a intensificare lo sfruttamento della forza-lavoro non ancora espulsa per cercare di frenare la caduta di una massa di profitto sempre più risicata.

Dall'altro lato, i ripetuti salvataggi pubblici di un capitalismo in crisi, che hanno sempre più caricato i bilanci statali, devono essere compensati da politiche di austerity di cui la BCE si fa interprete e prima fautrice. Non accantonando l'opzione militare e imperialista che trova nuova linfa nelle contraddizioni poste, ad esempio, dalle cosiddette primavere arabe da usare per eliminare regimi dittatoriali non più funzionali agli interessi di controllo delle risorse del capitalismo occidentale.

Obiettivo primario, su un piano nazionale sempre più subordinato alle istanze sovranazionali, diventa quindi la riduzione di un deficit che, nonostante i sacrifici già imposti ai lavoratori e ai settori popolari del nostro paese per entrare nei parametri necessari alla costituzione della moneta unica, è comunque in progressivo aumento.

Le misure devastanti attuate e il continuo trasferimento di ingenti risorse pubbliche e ricchezza dal lavoro alla rendita finanziaria non sono ritenute sufficienti dai nostri “controllori” comunitari: nuovi tagli, privatizzazioni e rinunce a diritti sociali e sindacali acquisiti sono imposte quale unica soluzione possibile. Ciò si traduce anche nella ridefinizione del comando statuale che, in via progressiva, abbandona il ruolo di mediazione sociale dei conflitti in favore di una repressione sempre più violenta.

E' in pratica in atto una forma di commissariamento che, dal piano economico-finanziario-istituzionale, tracima nel controllo autoritario di ogni forma di opposizione e conflitto. Opposizione che, di converso (secondo il vecchio paradigma marxiano che il capitalismo crea il proprio nemico di classe), trova nuova linfa dalla stessa crisi strutturale del sistema capitalistico che amplia e radicalizza, anche nelle forme e nelle pratiche, fortemente i conflitti, creando le condizioni oggettive per processi ricompositivi da un punto di vista di classe e costringe militanti e realtà a cimentarsi su prospettive più complessive.

Assume quindi fondamentale importanza lavorare affinché all'interno tanto degli ambiti di massa, quanto delle singole lotte che si diffondono nei territori, si possano costruire proposte politiche, o quantomeno pratiche comuni, che riescano a generalizzare il conflitto evidenziando l'inconciliabilità degli interessi di classe.

In tal senso, tenendo ben presenti i limiti che purtroppo sconta in termini di genericità della proposta politica, è di fondamentale importanza il lavoro territoriale che, in tutta Italia, sta preparando la giornata di mobilitazione nazionale e internazionale del 15 ottobre che si sta configurando come un grande appuntamento di lotta a livello europeo.

Diversi sono i segnali positivi che giungono dalla preparazione di questa giornata di mobilitazione di massa che si vuole declinare quale forte e determinato momento di discontinuità rispetto ai classici cortei-sfilata o alla rappresentazione (più che pratica e reale) del conflitto che troppo spesso hanno segnato in negativo gli anni passati. Giornata che deve essere intesa quale passaggio importante di verifica delle pratiche e dei percorsi comuni costruiti anche territorialmente per la creazione di un fronte di massa che sappia ragionare e praticare in termini prospettici una reale alternativa di sistema.

Siamo di fronte a una tappa, sicuramente di forte valenza politica e dalle possibili “ricadute” positive per l'autunno che ci aspetta, ma che tale rimane e deve rimanere rifuggendo dalla logica perdente della costruzione dell'evento: l'accumulo di forze e la ricomposizione delle vertenze e dei percorsi oggettivamente antagonisti che si sviluppano è il reale terreno su cui misurarsi nella quotidianità del lavoro politico.

Non deve essere altresì dimenticato che il corteo di Roma sarà un'enorme vetrina per tutte quelle forze riformiste che cercano sponde e interazioni istituzionali per una possibile rimonta elettorale, per tutte quelle “cordate” nazionali che si candidano a piccole poltrone o appoggiano le velleitarie “narrazioni” delle prossime primarie di centro-sinistra.

Ma è la natura stessa della crisi a chiudere gli spazi per la riproposizione di queste ipotesi riformiste e “socialdemocratiche”: i margini di manovra, (se mai vi sono stati) soprattutto sul terreno della redistribuzione del reddito, sono risibili, non più concretamente impraticabili e dunque non più spendibili sul piano della pacificazione sociale, l'attuale prospettiva del capitale nazionale è quindi la “macelleria” sociale di ogni garanzia e diritto.

Non vi sono alternative: o ci si pone, accettandoli, in una posizione di assoluta compatibilità con i dettami degli organismi politici ed economici borghesi oppure ci si attrezza in termini politici per affrontarli. Non vi sono scorciatoie, non esiste un capitalismo dal volto umano con possibili ipotesi di redistribuzione di profitti impedita da distorsioni o agguerriti speculatori: la crisi in cui versa mostra la reale natura dell'attuale organizzazione economica.

Riteniamo quindi assolutamente necessari momenti di confronto che, superata la giornata di mobilitazione di Roma, permettano di individuare percorsi e pratiche condivise e comuni di lotta e di iniziativa politica per superare le specificità ed essere finalizzate a rafforzare un fronte di contrapposizione sociale alle politiche neoliberiste per creare e organizzare percorsi di lotta generalizzati per migliori condizioni di vita dei lavoratori e delle lavoratrici.

Trasformare l'indignazione in odio di classe !
Rendiamo precaria la vita ai padroni!
Per una società senza classi né padroni!

CSA VITTORIA-Milano

Fonte

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